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Negli ultimi decenni, eventi naturali estremi come alluvioni, frane, siccità e ondate di calore sono diventati sempre più frequenti e intensi, sia in Italia che nel resto del mondo. L’impatto di queste catastrofi naturali, oltretutto, è amplificato a causa del modo in cui abbiamo costruito e gestito il territorio: urbanizzazione incontrollata, consumo di suolo, scarsa manutenzione delle infrastrutture… e i danni, purtroppo, sono sotto i nostri occhi. Per proteggere il nostro ambiente e le comunità che lo abitano, quindi è fondamentale adottare un approccio proattivo, preventivo e fondato su solide evidenze scientifiche. In quest’ottica si inserisce il progetto RETURN – Multi-Risk Science for Resilient Communities under a Changing Climate, un’iniziativa strategica a livello nazionale ed europeo, nata proprio per affrontare in modo coordinato e innovativo i rischi ambientali.
Cos’è il progetto RETURN
Il progetto RETURN è un partenariato esteso finanziato con i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) nell’ambito di NextGenerationEU. Il progetto, guidato dall’Università degli Studi di Napoli Federico II, coinvolge 26 partner (tra cui 12 università, 5 enti di ricerca, 6 aziende private, 2 enti territoriali e il Dipartimento della Protezione Civile) e ha come obiettivo il rafforzamento della capacità di monitoraggio, previsione e gestione integrata dei rischi su scala sia locale che nazionale.
Come funziona l'approccio multirischio per la prevenzione
Uno degli aspetti più innovativi del progetto RETURN è l’adozione dell’approccio “multirischio”: un metodo che considera non solo singoli eventi come un terremoto o un’alluvione, ma la gestione congiunta, ovvero la possibile combinazione e interazione tra diversi tipi di rischi, siano essi naturali (sismi, frane, incendi, eventi meteorologici estremi) o antropici (incidenti industriali, inquinamento, stress infrastrutturali). Questo aspetto è essenziale per pianificare interventi più mirati ed efficaci e ridurre le conseguenze di eventi calamitosi. A volte, infatti, gli eventi possono essere indipendenti (ad esempio un’alluvione durante una pandemia), mentre altre volte possono avvenire a cascata (quando un evento calamitoso ne innesca altri, ad esempio una frana o uno tsunami innescati da un terremoto).
Inoltre, l'approccio adottato da questo progetto promuove l’integrazione di competenze scientifiche multidisciplinari: ed è così che geologi, ingegneri, climatologi, sociologi ed esperti di comunicazione del rischio lavorano fianco a fianco, condividendo dati, modelli e conoscenze. Infatti, l’integrazione tra modelli previsionali meteorologici e ambientali può migliorare in particolar modo la gestione delle acque in contesti urbani, industriali, o nelle aree di transizione tra ambiente marino e fluviale.
Oltretutto, grazie a tecnologie avanzate come il monitoraggio satellitare, i modelli predittivi, le mappe dinamiche del rischio e le piattaforme digitali, il progetto sta sviluppando strumenti operativi utili a cittadini, enti locali e protezione civile: dai piani di evacuazione mirati ai materiali educativi per le scuole, fino a strumenti di supporto alle decisioni in tempo reale.
Quali sono i benefici del progetto RETURN per territori e comunità
La gestione del rischio non può limitarsi unicamente all’intervento durante l’emergenza, ma deve fondarsi su una solida pianificazione basata sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili. In quest’ottica, l’analisi multirischio del progetto RETURN e dei dati climatici in tempo reale ci permettono di organizzare una serie di strategie preventive, che proteggono le persone prima ancora che il disastro avvenga. Il progetto, inoltre, è ancora più efficace una volta integrato nella pianificazione del territorio, nella progettazione urbana e nelle strategie di adattamento climatico, per rendere le città e le infrastrutture più sicure e comunità più consapevoli.
In definitiva, la scienza non serve solo a capire il mondo, ma anche a cambiarlo: la ricerca è prevenzione, e la prevenzione è protezione.