
Per la prima volta la NASA avrebbe attivato un protocollo di difesa planetaria in risposta al passaggio nel Sistema Solare di un oggetto interstellare, nella fattispecie la cometa 3I/ATLAS: ecco, se in questi giorni avete letto qualcosa del genere sappiate che si tratta di una bufala bella e buona. Bufala che però è stata ripresa con troppa leggerezza talvolta nell'intento di cavalcare il can can mediatico che batte sin dalla scoperta della cometa interstellare, a luglio di quest'anno.
Quello che è successo è che la collaborazione International Asteroid Warning Network (IAWN), coordinata dall'agenzia spaziale americana, ha avviato da novembre 2025 a gennaio 2026 una campagna osservativa per questo oggetto interstellare che riveste un grande interesse scientifico per la comunità astronomica. Si tratta, come suggerisce il nome stesso, di una campagna finalizzata all'osservazione di questo corpo celeste per determinarne con precisione la traiettoria. La nota dichiara anzi esplicitamente che «la campagna avrà come obiettivo la cometa 3I/ATLAS […] per esercitare la capacità della comunità osservativa di estrarne l'astrometria accurata». Quindi se da un lato è vero che lo IAWN opera come supporto alla NASA per la difesa planetaria, dall'altro non c'è alcun motivo di confondere una campagna osservativa come quella di 3I/ATLAS con un protocollo di difesa, soprattutto se in nessun punto della circolare emessa dall'ente – che è pubblica, facilmente accessibile e molto breve – si nomina anche solo indirettamente un qualunque tipo di rischio posto da parte della cometa. In sostanza, 3I/ATLAS non minaccia la Terra in alcun modo.
Ma allora perché si leggono così tanti titoli così vistosamente ed evitabilmente fuorvianti? Il motivo è tanto semplice quanto triste: la cometa 3I/ATLAS è da mesi al centro di una campagna di gossip pruriginoso sulla sua presunta natura artificiale di origine aliena. Gossip che di fatto molti media stanno portato avanti e che vede il suo promotore nell'astrofisico statunitense di origine israeliana Avi Loeb, uno scienziato di altissima caratura che nel corso degli anni ha dimostrato un'attrazione molto spiccata per tutto ciò che ha a che fare con astronavi aliene, come ha dimostrato ampiamente gli scorsi anni nei confronti del primo oggetto interstellare, 1I/'Oumuamua. L'astrofisico da mesi continua solitariamente a insinuare dubbi sulla natura artificiale anche di questa cometa, nonostante l'assenza di prove convincenti – di cui abbiamo già parlato più volte anche noi di Geopop – e l'opinione compatta e contraria dell'intera comunità scientifica. Sebbene non abbia mai affermato che 3I/ATLAS sia un'astronave, o che probabilmente lo sia, il suo approccio mantiene aperto il dubbio soprattutto tra il pubblico generico.
L'ultimo esempio in questo senso, che sta girando in questi giorni, riprende un'intervista rilasciata da Loeb il mese scorso. Riferendosi al fatto che la cometa raggiungerà il perielio (il punto di massima vicinanza al Sole) il 29 ottobre 2025 in una posizione per cui sarà invisibile dalla Terra, e al fatto che se 3I/ATLAS fosse un'astronave madre il 29 ottobre sarebbe la data ideale per rilasciare navicelle che andrebbero a sfruttare l'effetto di fionda gravitazionale prodotto dalla nostra stella per accelerare e raggiungere il nostro pianeta, Loeb ha suggerito con leggerezza che «se volete prendervi una vacanza, fatelo prima del 29 ottobre, perché poi cosa succederà?». Peccato che la scienza non si fa con i “se” ma con le prove, e al momento non c'è alcuna prova del fatto che la 3I/ATLAS non sia una cometa del tutto naturale.
Questa è una questione emblematica su come procede la conoscenza scientifica: non si investiga un'ipotesi perché non si può escludere, si investiga perché ci sono prove concrete che puntano in quella direzione. Qui non abbiamo prove, ma solo motivi per la non-esclusione dell'ipotesi. Questo è il motivo principale per cui la figura di Loeb sta diventando sempre più controversa nella comunità scientifica. Sebbene il suo invito a prendersi una vacanza avesse un evidente tono scherzoso, queste sono parole che comportano una responsabilità deontologica nei confronti del pubblico generico, soprattutto se pronunciate da un astrofisico di grande e comprovata levatura come Loeb e se “frecciatine” di questo tipo sì ripetono settimana dopo settimana da diversi mesi ormai.
La cometa 3I/ATLAS è il terzo oggetto interstellare che abbiamo osservato transitare nel nostro Sistema Solare, e già questo basta per metterla al centro dell'attenzione. Si tratta inoltre di una cometa anomala rispetto a quelle “nostrane”, quindi molto interessante da studiare dal punto di vista scientifico, ancor più dei suoi predecessori interstellari 1I/'Oumuamua e 2I/Borisov. Nella scienza, infatti, le anomalie sono di estremo interesse, perché aprono le porte alla comprensione di qualcosa di cui si conosce ancora poco. In questo caso, le anomalie di 3I/ATLAS possono dirci molto sui meccanismi di formazione ed evoluzione dei sistemi planetari nel disco della Via Lattea, che evidentemente possono differire da quelli avvenuti nel Sistema Solare. È per questo motivo che, dichiaratamente, lo IAWN ha indetto una campagna di osservazione per 3I/ATLAS, non certo perché esista qualche dubbio sulla sua possibile origine aliena – anche se Avi Loeb qualche giorno fa lascia intendere in un editoriale su Medium che la decisione dello IAWN sia dovuto proprio a questo.
È un peccato vedere che il discorso pubblico su un corpo celeste di estremo interesse astrofisico come la cometa 3I/ATLAS si sia gradualmente trasformato in un chiacchiericcio fantascientifico su astronavi extraterrestri e presunte tecnologie aliene. Sarebbe il caso che i media facessero più attenzione nel cavalcare certi trend, non solo per evitare di diffondere disinformazione – anche solo indirettamente – ma soprattutto per onorare la responsabilità che ha la sfera informativa di dirigere e guidare il dibattito pubblico sui temi scientifici, da cui oggi più che mai dipende la salute della nostra società.