
Sicuramente vi sarà capitato, se vi siete mai trovati a passeggiare lungo la banchina di un porto, di notare riflessi iridescenti sulla superficie dell’acqua, simili a chiazze di olio.
Queste iridescenze potrebbero arrivare da sversamenti di oli e idrocarburi provenienti dalle imbarcazioni. Si tratta anche di perdite accidentali, che si verificano durante le operazioni, come il rifornimento, la manutenzione dei motori e la pulizia della cosiddetta acqua di sentina, dove i liquidi misti a oli e carburanti si accumulano sul fondo dello scafo.
Per affrontare questo problema ambientale, è stata sviluppata una spugna, da utilizzare nei porti e a bordo delle imbarcazioni per assorbire una parte significativa di questi liquidi contaminanti, senza trattenere l’acqua.
In questo articolo, vediamo la tecnologia che c’è dietro questa spugna e vediamo dove è già stata utilizzata.
Il poliuterano espanso a celle aperte: cos'è e com'è fatto
Partiamo subito con il dire che 1 Kg di questa spugna è in grado di assorbire fino a 6000 kg di oli nel corso del suo ciclo di vita e può essere utilizzata fino ad un totale di 200 volte.
Questa spugna, il cui nome tecnico è Foam Flex, è stata brevettata nel 2014 dall’azienda italiana T1 Solutions.
Ma quali sono le caratteristiche principali di questo materiale? Si tratta di poliuretano espanso, un polimero che presenta una struttura a celle aperte.

Come potete vedere in foto, il poliuretano espanso è caratterizzato da una struttura spugnosa, con piccole “celle” interconnesse tra loro. Chiaramente, questa struttura conferisce alla spugna una consistenza morbida e flessibile.
Ma a questo punto uno potrebbe chiedersi: ma com’è possibile che la spugna assorba oli e idrocarburi in grandi quantità, senza però trattenere l’acqua?
La differenza sta nella formulazione chimica del poliuretano, sviluppata appositamente per questo scopo, che costituisce il brevetto.
In cosa consiste questa particolare formulazione? Come abbiamo visto, il poliuretano è un polimero, una lunga catena di molecole che si ripetono (poly-meros: tante unità). All’interno di questa struttura, sono stati selezionati specifici copolimeri, ovvero le unità ripetitive che costituiscono le catene polimeriche.
Questi specifici copolimeri conferiscono al materiale la caratteristica di avere una forte affinità con gli oli, pur mantenendo una notevole repulsione all’acqua.
Cosa succede agli oli una volta che sono stati assorbiti dalla spugna?
Queste spugne possono avere un impatto ambientale positivo, perché, raccolti gli oli, possono essere strizzate per recuperare il liquido, che può poi essere conferito nella raccolta dedicata.
C’è inoltre da aggiungere che queste non rilasciano sostanze nocive nell’ambiente, poiché il materiale brevettato a celle aperte è resistente e non si rompe in acqua, infatti hanno ricevuto l’approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente per il loro utilizzo in mare.
Ma queste spugne sono già utilizzate nelle strutture portuali?
Un esempio significativo arriva da Fuerteventura, dove nel 2018 si verificò uno sversamento di circa 150 tonnellate di oli misti. In questa situazione, l’utilizzo di 70 kg di FoamFlex e 2 strizzatori manuali ha consentito una pulizia rapida ed efficace in pochi giorni, recuperando tra il 50 e il 70% dello sversato.
In diversi porti italiani è prevista un’iniziativa dedicata a questo problema, la Q8 Sailing for Change. Infatti Q8, con la collaborazione scientifica di LifeGate, ha già raggiunto 20 porti italiani – e altri 20 saranno raggiunti entro il 2025 – consegnando kit specifici con le spugne FoamFlex per assorbire gli sversamenti accidentali di idrocarburi in mare.