
Nel cuore dell’Italia del Seicento circolava un nome che ancora oggi suscita fascino e inquietudine: Giulia Tofana. Orfana e poverissima, proveniva dai bassifondi palermitani e fu Cortigiana della corte di Filippo IV di Spagna, ma era conosciuta da molte donne come fattucchiera. La sua fama nacque grazie alla sua invenzione mortale, l’Acqua Tofana, un veleno trasparente quasi insapore in grado di uccidere lentamente senza lasciare traccia. Tra il 1630 e il 1655, con questo intruglio sarebbero morti oltre seicento uomini, probabilmente tutti mariti violenti.
Le cronache la descrivono con due volti opposti: da un lato la “Vergine Nera”, spietata assassina che seminò morte nell’Europa barocca; dall’altro una sorta di alleata delle donne, capace di offrire un’arma invisibile contro un sistema patriarcale che non lasciava loro scampo. La verità, come spesso accade, si muove probabilmente tra i due estremi.
L’Acqua Tofana, il veleno che si mascherava da cosmetico
Il veleno veniva presentato come cosmetico o acqua santa, ma conteneva una miscela letale di arsenico, antimonio, belladonna e piombo. Bastavano poche gocce al giorno, versate nel vino o nella minestra, per uccidere senza destare sospetti: i sintomi imitavano malattie naturali (vomito e febbre) e lasciavano roseo il colorito del morto. Grazie alla sua intelligenza pratica e alla propensione per gli esperimenti, Giulia perfezionò la formula fino a renderla perfetta per la somministrazione discreta. Molte delle sue acquirenti erano donne intrappolate in matrimoni imposti o violenti, prive di protezione dalla legge o dalla Chiesa, e l’Acqua Tofana rappresentava per loro l’unica via di fuga.
Giulia, pur agendo in modo spregiudicato, non perseguiva un diretto guadagno personale, ma creava un mezzo per consentire a queste donne di liberarsi di mariti crudeli. Non agiva mai da sola: attorno a lei ruotava una rete di farmaciste, levatrici e complici che distribuivano il veleno con discrezione. Con il tempo, anche la sua figliastra, Girolama Spana, avrebbe iniziato ad agire al suo fianco nella produzione e nella distribuzione del veleno. I flaconi erano decorati con l’immagine di San Nicola (l'immagine di un santo famoso e venerato, infatti, gli conferiva l'aria di una reliquia o di un'acqua miracolosa) circolarono per oltre vent’anni, trasformando l’attività in una vera e propria industria clandestina.

I clienti aumentavano rapidamente, consentendole di lasciare il malfamato quartiere del Papireto (inizialmente abitava infatti a Palermo) insieme alla sorella di latte Girolama. Successivamente, grazie a un frate amante, Giulia si trasferì a Roma, dove visse nel rione Trastevere, imparò a scrivere e si vestì come una dama d’alto rango.
La caduta e la condanna
Il destino di Giulia cambiò quando una cliente, la contessa di Ceri, contrariamente alle istruzioni, versò l’intera boccetta nella minestra del marito, uccidendolo subito e attirando i sospetti della famiglia. La polizia indagò, scoprendo la rete di Giulia. Durante il processo, che coinvolse anche centinaia delle sue clienti, molte spose furono condannate a morte e murate vive nel palazzo dell’Inquisizione a Porta Cavalleggeri (Roma). Tra le vittime di questa storia ci fu anche la figliastra Girolama, che finì impiccata a Campo dei Fiori il 5 luglio 1659 assieme ad altre quattro donne che la aiutavano a produrre e distribuire la pozione letale. Giulia, invece, sottoposta a tortura, sembra che sia fuggita dalla sua cella grazie all’intervento del suo amante frate, e di lei non si è più saputo nulla. La sua difesa in tribunale? Quei preparati erano cosmetici, e non era affare suo se le clienti li usavano diversamente.
L’Acqua Tofana continuò a circolare anche dopo la sua scomparsa. Pochi mesi prima di morire, nel 1791, Mozart confidò a sua moglie di sospettare di essere stato avvelenato proprio con questo veleno, testimonianza della fama e del timore che la miscela aveva suscitato quasi due secoli dopo la sua creazione. Oggi Giulia Tofana resta sospesa tra due figure: prima serial killer d’Europa o eroina silenziosa in un mondo che negava giustizia alle donne.