;)
Il sottovuoto è una tecnica di conservazione di generi alimentari molto diffusa: esso infatti garantisce che gli alimenti durino più a lungo perché, in assenza di aria, si possono realizzare le condizioni adatte per il rallentamento della naturale proliferazione batterica, che invece si avrebbe – in condizioni normali – con maggiore rapidità. Allo stesso modo il sottovuoto è utilizzato molto anche per ottimizzare l'ingombro di oggetti e materiali deformabili. Ma dal punto di vista meccanico cosa avviene? L'interazione tra ciò che agisce esternamente al contenitore e ciò che rimane dentro, a valle del sottovuoto, è responsabile di un processo meccanico di deformazione che induce alla variazione di forma visivamente identificata dal classico effetto di schiacciamento: tutta colpa della differenza di pressione!
Come funziona il sottovuoto
Ottenere il sottovuoto significa ridurre il regime di pressione che si instaura internamente al contenitore, portandolo da una condizione iniziale – pari alla pressione atmosferica esterna – ad una condizione finale, con valore inferiore a quello iniziale, quanto più vicino possibile allo zero. In condizioni normali, l’aria presente all’interno del contenitore esercita una pressione su tutte le superfici con cui è a contatto, alimenti inclusi. Questo valore di pressione dipende anche dalla densità dell’aria, che a sua volta è legata a quanto essa è compressa nello spazio disponibile.
Rimuovendo parte o tutta l'aria presente, stiamo progressivamente diminuendo contestualmente anche la densità e quindi la pressione. Appare anche chiaro che, per mantenere questo stato meccanico, la parte interna del recipiente non deve comunicare con quella esterna, altrimenti questa condizione non si potrà mai realizzare. A questo punto, la pressione atmosferica esterna – che è invece rimasta invariata – agisce ora sul contenitore senza una forza uguale e contraria che la bilancia (del tutto o in parte). Qual è il risultato di questo sbilancio di forze? Si genera un effetto di schiacciamento che ben si vede sui classici – e spesso utilizzati – sacchetti per il sottovuoto, i quali si adattano strettamente alla forma del contenuto per effetto dell'azione di questo squilibrio di pressione agente sulle superfici dell'involucro.
;Resize,width=578;)
Quanto sono efficaci gli edifici in vetro dal punto di vista energetico

Il caso del caffè: perché la confezione è rigida
Anche il caffè macinato è confezionato mediante una procedura di sottovuoto. Caffè ed involucro si presentano come una struttura sufficientemente rigida da apparire un unico blocco solido. Nella realtà, questo effetto è causato indirettamente dalla presenza di sottovuoto: l'assenza di aria internamente alla busta di caffè fa si che i granuli si possano compattare ed organizzare in maniera tale da minimizzare i vuoti presenti, proprio per effetto della pressione esterna atmosferica che ora agisce indisturbata e priva di una controparte interna che la potrebbe bilanciare. Questo effetto di compattazione altro non è che il risultato della deformazione che subisce lo scheletro solido costituito da questi granuli di caffè. Conseguentemente, la matrice solida granulare ha una più forte interazione tra i vari grani, proprio per effetto di questa azione esterna, ed ha quindi indirettamente una resistenza ed una rigidezza maggiore. Il risultato? La confezione di caffè ci appare solida ed indeformabile.
Appena però realizziamo un piccolo forellino sul contenitore, il regime di pressioni interno-esterno si riequilibra e l'effetto passivo sulla resistenza e la rigidezza, causato dal precedente sbilancio di forze, viene meno: i grani perdono parte del legame attritivo e, macroscopicamente, perdono resistenza e rigidezza. Risultato? La confezione non ci appare più rigida come prima, ma anzi può subire ora grandi deformazioni. In realtà, questo processo di variazione del comportamento strutturale della scatola di caffè non è immediato ma dipende da quanto grande è il foro che pratichiamo. Infatti, la migrazione di aria dall'esterno verso l'interno necessita di un tempo per avvenire che è tanto maggiore quanto piccolo è il foro. Ecco perché, in questa fase transitoria, il comportamento meccanico del sistema cambia progressivamente, peggiorando mano a mano che passa il tempo.
Le macchine usate per realizzare il sottovuoto
Lo strumento utilizzato per rimuovere l'aria dai contenitori su cui produrre questo abbattimento di pressione viene tecnicamente chiamato pompa per vuoto. Ne esistono di diverse tipologie, a seconda del campo di applicazione e del livello di vuoto che si intende raggiungere. Infatti, una pressione pari a zero è tecnicamente impossibile da raggiungere, ma un valore molto piccolo, comunque non nullo, è sufficiente a soddisfare le esigenze a seconda dei casi applicativi. Una pompa per vuoto si compone di un motore elettrico, che serve a gestire il meccanismo che innesca una depressione finalizzata all'aspirazione dell'aria nella zona di interesse. Questa depressione può essere creata ad esempio tramite una membrana flessibile, ovvero tramite palette in rotazione, che creano spazi di accumulo dell'aria mediante dilatazione, per poi allontanarla in momenti specifici del ciclo tramite successiva compressione.