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In Italia quello delle concessioni balneari è un tema molto spinoso, oggetto di polemiche da parte di associazioni ambientaliste e di categoria e al centro di una procedura di infrazione da parte dell'Unione Europea che ha cercato di regolamentare in modo unitario in Europa la legge in materia. In Italia, il governo cerca di tutelare i gestori storici. Ma come funziona davvero il sistema italiano e cosa potrebbe cambiare nei prossimi anni? Proprio pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha annunciato la firma di un decreto per ridurre i canoni demaniali marittimi degli stabilimenti balneari fino al 50%. A partire dal 2027, entrerà in vigore la fine dei rinnovi automatici, sostituita dall'obbligo per i Comuni di indire gare pubbliche entro il 30 giugno di quell'anno. Le nuove concessioni così assegnate avranno una durata variabile tra 5 e 20 anni e, al termine, sarà previsto un indennizzo per il gestore uscente.
Cosa sono le concessioni balneari
Le concessioni balneari sono delle autorizzazioni, rilasciate da enti pubblici quali Comuni, Province o Regioni, per utilizzare aree demaniali marittime per finalità ricreative-turistiche, incluse attività commerciali. Le aree del demanio marittimo includono spiagge, ma anche porti, litorali e altre zone costiere. Nello specifico, quindi, le concessioni per stabilimenti balneari autorizzano all’uso della spiaggia per gestire stabilimenti balneari e attività commerciali. Mentre le spiagge libere sono a uso e accesso pubblico senza pagamento di un canone, rispondendo a regole stabilite dal Comune o dall’ente preposto, le spiagge in concessione sono gestite da un privato, offrono servizi a pagamento quali ristorazione, docce, affitto di ombrelloni, lettini e vedono un uso esclusivo del tratto di spiaggia da parte del concessionario. In alcuni Comuni esistono poi le cosiddette spiagge libere attrezzate, ossia una categoria intermedia, che prevede l’accesso libero alla spiaggia, con possibilità di usufruire di alcuni servizi ma senza obbligo di pagamento di un canone.

Come si ottiene una concessione balneare
La procedura per ottenere una concessione balneare consiste nel presentare una richiesta all’ente territoriale competente (in genere il Comune o Provincia). Secondo la normativa europea, la procedura di affidamento della concessione dovrebbe essere svolta tramite avviso pubblico, quindi tramite gara, dopo la quale viene fatta una valutazione sia ambientale che tecnica e amministrativa, al cui termine viene poi rilasciata la concessione. In genere la durata delle concessioni dovrebbe essere dai 6 ai 10 anni di utilizzo, ma in Italia viene prorogata automaticamente anche in modo consecutivo. I controlli vengono effettuati dalla Guardia Costiera e Capitaneria di Porto (per quanto riguarda la sicurezza e le regole afferenti l’ambito marittimo), dal Comune (per controllare che vengano rispettate le norme ambientali e il rispetto del piano spiaggia) e dall'Agenzia del Demanio (per le verifiche sul canone e sui vincoli demaniali).
Alcuni dati sulle concessioni balneari in Italia
In Italia, le concessioni marittime a uso turistico ammontano a circa 12.166 per stabilimenti balneari e 1838 per circoli sportivi, campeggi e complessi turistici. Secondo Legambiente, il 42,8% della costa sabbiosa italiana è occupata da concessioni balneari, ossia circa 1433 km su un totale di 3346 km di costa sabbiosa. Questo dato contesta quello del Ministero, che dichiarava che solo il 33% delle coste italiane era oggetto di concessioni; questo perché, secondo Legambiente, l'indagine del Ministero terrebbe in considerazione l’intera costa italiana, includendo anche tratti di costa non accessibili, come costa rocciosa o con infrastrutture già presenti. In Italia in alcune regioni (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) il litorale risulta già occupato da concessioni per il 70%, un dato che mette in evidenza anche i forti squilibri tra regioni all’interno del Paese.
Per quanto riguarda il fatturato medio annuo di uno stabilimento balneare, si può dire che di norma vada dai 100.000 ai 300.000 € per strutture di medie dimensioni, superando in alcuni casi i 500.000 € annui, in zone turistiche di lusso. La misura minima del canone per le concessioni demaniali marittime, a decorrere dal 1° gennaio 2024, è stata fissata a 3.225,50 €.
Aspetti critici e polemiche sulle concessioni
In Italia sono numerose le polemiche e le critiche da parte di cittadini e istituzioni in merito alle concessioni balneari: in primis viene criticato il rinnovo automatico e le proroghe che vengono concesse agli stabilimenti balneari sulle concessioni. Il Consiglio di Stato con tre sentenze ha ritenuto illegittime le proroghe alle concessioni, perché in contrasto con il principio di libera concorrenza. L’Italia infatti è sotto procedura d’infrazione europea in quanto non applica la Direttiva Bolkestein 2006/123/CE secondo la quale il governo dovrebbe adeguarsi alle regole dell’UE: gli Stati devono bandire delle procedure di gara pubbliche e imparziali per assegnare le concessioni balneari e vietare i rinnovi automatici. L’Italia dal 2010 ha prorogato le concessioni balneari esistenti, non applicando la normativa, ricevendo una misura d’infrazione da parte della Commissione europea a novembre 2023. Tutte le concessioni attualmente in essere sono prorogate fino al 30 settembre 2027.
Un altro motivo di critica sono i canoni troppo bassi, stabiliti per legge a tariffa fissa, con un minimo di circa 3 € al metro quadrato e un canone annuo minimo di circa 3.000 €. Secondo la Corte dei Conti, lo Stato ricava poco più di 100 milioni l’anno da oltre 16.000 concessioni, una somma considerata disproporzionata rispetto ai fatturati degli stabilimenti.
Cosa potrebbe cambiare a riguardo
Fino a ora, il governo italiano ha mostrato resistenza alla Direttiva Bolkestein, posticipando la sua ricezione, anche per tutelare gli operatori del settore e le imprese familiari che gestiscono gli stabilimenti balneari. Le associazioni di categoria temono ripercussioni economiche e chiedono maggiori garanzie per i gestori storici degli stabilimenti. Alcune di queste si sono mosse avanzando proposte concrete, per esempio la SIB (Sindacato Italiano Balneari – Confcommercio) che ha chiesto maggiore tutela delle imprese familiari, proponendo anche una riforma per valorizzare gli investimenti degli attuali concessionari, e la FIBA (Federazione Imprese Balneari – Confesercenti) che ha chiesto al governo italiano regole chiare e criteri che premino gli operatori che hanno investito nel tempo sulle strutture.
Particolare attenzione è rivolta a temi come la tutela del paesaggio e l’accesso libero alla costa. Legambiente, da anni, denuncia la privatizzazione delle spiagge italiane, pubblicando report sul litorale occupato dagli stabilimenti e chiedendo più tutela ambientale e trasparenza nelle gare pubbliche.
Le concessioni balneari nel resto d’Europa
Grecia, Croazia e Francia seguono la Direttiva Bolkestein con gare pubbliche per affidare la gestione degli stabilimenti balneari; in Portogallo si indicono le gare tenendo in considerazione lo storico di chi già gestisce gli stabilimenti balneari, con una concessione che può arrivare fino a una durata di 75 anni (e per questo punto anche il Portogallo ha ricevuto la procedura d'infrazione da parte dell’Unione Europea); per quanto riguarda la Spagna, le spiagge sono beni demaniali pubblici e appartengono allo Stato, proprio come in Italia, ma gli stabilimenti balneari e le attività commerciali possono operare solo tramite autorizzazioni temporanee, denominate "concesiones", che vengono rilasciate dopo una procedura di gara pubblica. Le concessioni hanno un tempo determinato e con la Legge sulle Coste (Ley de Costas) del 1988, riformata nel 2013, il Governo spagnolo stabilisce che la fruizione e l’accesso pubblico alle spiagge è prioritario, limitando la privatizzazione del litorale.
Ulteriori modifiche a partire dal 2027
Il sistema delle concessioni balneari sarà modificato a partire dal 2027: i Comuni dovranno avviare bandi di gara entro il 30 giugno 2027. Oltre allo stop ai rinnovi automatici delle concessioni e all’obbligo di avviare gare pubbliche, le nuove concessioni avranno una durata tra i 5 e i 20 anni, con un indennizzo previsto per il concessionario uscente. Inoltre sono stati stabiliti nuovi criteri per l’ assegnazione, in base all’accessibilità degli stabilimenti, al rispetto ambientale e alla qualità dei servizi offerti. Questi criteri premiano anche la tutela delle tradizioni locali e la capacità di garantire continuità occupazionale ai lavoratori del precedente gestore.