
Gli acceleratori di particelle sono tra le macchine più affascinanti e complesse mai costruite dall’uomo. Servono a studiare la materia nelle sue componenti più fondamentali, usando campi elettrici e magnetici, accelerano le particelle facendole collidere. Ma non sono solo strumenti per la ricerca: hanno applicazioni concrete anche in medicina, in industria e nell’arte. Il Large Hadron Collider (LHC), presente al CERN di Ginevra, è il più grande e potente anello di stoccaggio di particelle ad oggi funzionante. È situato sotto terra, in un tunnel di 27 km di circonferenza. Qui, i protoni vengono accelerati fino al 99,999% della velocità della luce e poi fatti collidere. Grazie a LHC sì è scoperto il bosone di Higgs, la particella che dà massa a tutte le altre. Tale scoperta ha portato Peter Higgs e François Englert a ricevere il Premio Nobel per la Fisica nel 2013.
Cos’è un acceleratore di particelle e a cosa serve
Gli acceleratori di particelle sono dispositivi che usano campi elettrici e magnetici per dare una “spinta” alle particelle, accelerandole fino a velocità vicinissime a quella della luce. Una volta raggiunta l’energia desiderata, le particelle vengono fatte collidere tra loro o contro un bersaglio. Da queste collisioni si generano nuove particelle, che ci raccontano com’è fatto l’universo a livello microscopico.
Come funzionano gli acceleratori di particelle
Gli acceleratori possono essere lineari se le particelle viaggiano in linea retta, o, come spesso accade, sono circolari. In quest’ultimo caso le particelle girano all'interno di un anello. Qui entrano in gioco dei magneti con potenti campi magnetici, che curvano la traiettoria delle particelle e le tengono in ‘’pista’’. Per far funzionare un acceleratore di particelle servono diversi elementi e tecnologie:
- delle particelle cariche elettricamente, come ioni, elettroni o protoni
- dei campi elettrici per accelerare inizialmente le particelle
- dei magneti per curvare la traiettoria delle particelle e per controllare la forma e la posizione del fascio
- un vuoto spinto per evitare che le particelle si scontrino con molecole indesiderate
- dei sistemi di radiofrequenza che danno la “spinta” alle particelle ad ogni giro, per reintegrare l’energia persa durante in tragitto precedente.
- dei rivelatori per “fotografare” le collisioni fra particelle fra loro, su di un campione o contro un target.
Tutto questo è gestito da un sistema di computer e da competenze trasversali condivise da team di scienziati, fisici e ingegneri. Esiste poi una tipologia di acceleratori di particelle, chiamata sincrotrone, che dall’accelerazione di elettroni genera dei fotoni ad alta energia, che vanno dall’infrarosso, passando per lo spettro visibile fino ai raggi X.

Applicazioni di acceleratori e sincrotroni
Questi strumenti hanno tantissime applicazioni concrete. Gli acceleratori sono utili per la ricerca in fisica, per capire cosa avviene dall’interazione tra particelle, per capire la nascita dell’universo, per cercare materia oscura e nuove dimensioni.
Acceleratori e sincrotroni vengono usati in medicina, ad esempio, per la radioterapia e per la produzione di radiofarmaci. Nell’industria vengono utilizzati per analizzare materiali e per la sterilizzazione di strumenti medici e di alimenti. Nell’arte e in archeologia sono utili per studiare pigmenti, reperti antichi, dipinti senza rovinarli.
I sincrotroni permettono di analizzare con estrema precisione la struttura di materiali elettronici come semiconduttori e batterie, contribuendo allo sviluppo di dispositivi più efficienti e duraturi. Nel campo alimentare, la luce di sincrotrone viene utilizzata per studiare la composizione molecolare degli alimenti, migliorare la conservazione e garantire la qualità e la sicurezza alimentare dei prodotti.
