
La perdita di memoria e il deterioramento cognitivo non seguono un’unica traiettoria: la solidità dei ricordi dipende dal tipo di memoria e dai circuiti cerebrali che vengono intaccati dalla patologia. Quando parliamo di perdita di memoria, tendiamo a immaginarla come un processo ordinato, in cui i ricordi più recenti svaniscono mentre quelli lontani restano intatti. Questa intuizione descrive bene alcune patologie del cervello, come la malattia di Alzheimer, in cui vengono persi per primi i circuiti neuronali grazie che ci permettono di immagazzinare nuove informazioni. In alcune condizioni, al contrario, il passato remoto si dissolve prima del presente: in patologie come la demenza semantica, per esempio, vengono intaccate le aree cerebrali in cui sono custoditi i nostri ricordi più antichi, rendendo più facile ricordarsi cosa abbiamo mangiato ieri, rispetto al nome del nostro primo amico a quattro zampe.
L'Alzheimer: un modello classico di deterioramento cognitivo
Quando parliamo di deterioramento cognitivo, l'esempio più noto è la malattia di Alzheimer, una patologia che sembra seguire fedelmente la "Legge di Ribot": i ricordi più recenti sono i primi a sgretolarsi, mentre quelli remoti restano accessibili più a lungo. Questo accade perché l'Alzheimer colpisce precocemente l'ippocampo e le regioni del lobo temporale mediale, strutture essenziali per immagazzinare nuove informazioni e recuperare ricordi episodici recenti. Di conseguenza, il paziente perde la capacità di registrare cosa è accaduto poche ore prima, ma conserva i ricordi di decenni passati. Tuttavia, la solidità di questi ricordi antichi non è immutabile: con il tempo, la vividezza dei dettagli e le sensazioni corporee associate al ricordo si trasformano in una conoscenza generale e schematica di quel fatto.

È interessante notare che sembra esserci un "picco di reminiscenza": i pazienti tendono a ricordare con maggiore nitidezza gli eventi accaduti tra i 10 e i 30 anni, un periodo cruciale per la formazione dell'identità, che sembra ancorarsi più profondamente nella mente rispetto ad altre fasi della vita. Anche quando i dettagli specifici svaniscono, la coloritura emotiva di questi ricordi tende a persistere, suggerendo che l'emozione funga da collante capace di preservare tracce del passato anche quando la struttura cognitiva crolla.
Le varie forme di demenza
Tuttavia, questa relazione tra tempo e solidità del ricordo non è una regola universale, ma dipende specificamente da quali circuiti cerebrali vengono colpiti: condizioni, come la demenza semantica, presentano un profilo di memoria diametralmente opposto. In questi pazienti, i ricordi recenti sono sorprendentemente intatti, mentre la conoscenza del passato remoto e il significato delle parole si dissolvono. Questo accade perché il deterioramento lascia relativamente intatto l'ippocampo, almeno nelle fasi iniziali, e colpisce invece i lobi temporali anteriori, cioè le aree della nostra memoria semantica e concettuale, che potremmo immaginare come l'enciclopedia della nostra vita, dove sono contenute le "spiegazioni" delle parole, delle cose che ci circondano o di concetti astratti. Di conseguenza, un paziente potrebbe ricordare perfettamente di aver fatto una passeggiata ieri, ma aver dimenticato eventi fondamentali della sua infanzia o il significato di oggetti comuni, come "cos'è una penna".
Altre forme di demenza, come in alcune espressioni della demenza frontotemporale, mostrano invece un profilo "piatto": non c'è differenza tra ricordi recenti e remoti, perché il danno ai lobi frontali impedisce le strategie di ricerca e recupero delle informazioni, rendendo inaccessibile l'intero arco di vita in modo indiscriminato. I ricordi ci sono, ma non sappiamo più dove siano o come arrivarci: come se non riuscissimo più a raggiungere lo scaffale più alto della libreria, perché si è rotta la scaletta che usavamo per arrivarci. Anche nel disturbo neuorocognitivo lieve, una fase che spesso precede l'Alzheimer, si nota già una difficoltà nella memoria episodica: diventa più faticoso ricordare eventi recenti con precisione. Sulla memoria semantica (cioè i fatti e le conoscenze generali) i risultati, invece, non sono sempre concordi: in alcune persone sembra reggere bene, e talvolta i fatti più recenti appaiono persino più accessibili di quelli lontani.
Oltre la distinzione tra recente e passato
In linea generale possiamo dire che quando sono coinvolte le strutture dell’ippocampo, è più facile osservare il quadro a noi più familiare, con la memoria recente più compromessa rispetto a quella antica e consolidata. In altri casi, invece, il problema non è che i ricordi siano spariti, ma che il cervello fa fatica a ritrovarli: come avere un archivio ancora pieno, ma perdere le chiavi per aprire i cassetti giusti.
Inoltre, la solidità del ricordo dipende dalla sua natura: i ricordi che diventano "fatti" della nostra vita, come il nome della scuola elementare che abbiamo frequentato, si comportano diversamente dai ricordi di eventi unici, come il primo giorno di scuola. Nell'Alzheimer, mentre la capacità di viaggiare mentalmente nel tempo si deteriora, la capacità di accedere a fatti generali su sé stessi può rimanere preservata più a lungo, specialmente se supportata da stimoli esterni come la musica o gli odori, che possono riattivare ricordi silenti. Ci ricordiamo il nome della nostra scuola, ma non quando ci siamo entrati la prima volta.