
Ci sono persone con capacità cognitive straordinarie, poi ci sono persone la cui vita è resa straordinaria da deficit cognitivi che sono difficili pure da immaginare. Ricordate Memento? Nel film di Nolan il protagonista si scriveva sulla pelle informazioni importanti, dato che non era in grado di ricordare niente che non appartenesse già ad un lontano passato. Quella di Nolan è una storia di fantasia, scritta dal fratello Jonathan, ma quella che stiamo per raccontarvi è la storia vera di un ragazzo con lo stesso tipo di deficit: l’amnesia anterograda. Henry Molaison, conosciuto in letteratura scientifica come H.M., è stato uno dei pazienti più studiati nella storia delle neuroscienze. A seguito di un'operazione chirurgica volta ad alleviare le sue crisi epilettiche, Henry soffrì di una severa amnesia anterograda perdendo la capacità di formare nuovi ricordi.
L’operazione di H.M. e gli effetti sulla memoria
Henry Molaison soffriva di una aggressiva forma di epilessia che si era molto aggravata con il tempo, e che si manifestava con crisi che compromettevano pesantemente la sua qualità di vita. A 20 anni le sue crisi erano ingestibili, e si manifestavano nell’ordine di una decina al giorno. Nel 1953, all'età di 27 anni, devastato dalla sua condizione di vita, H.M. decide di sottoporsi a un intervento chirurgico sperimentale condotto dal neurochirurgo William Beecher Scoville. L'operazione consisteva nella rimozione di ampie porzioni dei lobi temporali mediali, comprese strutture chiave come l'ippocampo, che oggi sappiamo essere essenziale per la formazione di nuovi ricordi, ma anche l’amigdala e la corteccia entorinale (o entorinica).

Sebbene l'intervento abbia ridotto le crisi epilettiche, ha avuto un effetto collaterale devastante: Henry non era più in grado di formare nuovi ricordi, sviluppando una condizione nota come amnesia anterograda. Si ritrovava perfettamente in grado di ricordare eventi della sua vita passata, ma non riusciva a memorizzare nuove esperienze dai due anni precedenti al giorno dell’intervento in poi. Ogni giorno per lui era una scoperta continua, poiché non conservava ricordi di ciò che aveva fatto il giorno precedente, o persino pochi minuti prima.
La scoperta della complessità della memoria
Il caso di Henry ha avuto un impatto enorme sulla ricerca neuroscientifica. Prima di allora, si sapeva poco sulla specificità delle funzioni cerebrali relative alla memoria. Gli studi su Henry hanno rivelato che l'ippocampo non è il luogo in cui i ricordi sono conservati, ma svolge un ruolo cruciale nel passaggio dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine. La sua rimozione non impediva a Henry di richiamare vecchi ricordi, ma gli precludeva la capacità di trasformare nuove esperienze in memorie a lungo termine.
La memoria è un meccanismo più complesso di quello che può sembrarci intuitivamente, e si divide in molte sottosezioni. La principale divisione (semplificando molto) è quella che distingue la memoria a lungo termine da quella a breve termine. La memoria a breve termine conserva in sé eventi accaduti dai pochi secondi a qualche minuto, e spedisce nella memoria a lungo termine solo gli eventi particolarmente intensi, che si ripetono spesso o che abbiano una qualche importanza.
Questo ci porta a suddividere in diverse fasi il processo di memorizzazione: acquisizione, consolidamento e recupero. L’ippocampo è essenziale nelle prime due, facilitando la transizione di nuove informazioni nella memoria a lungo termine che si deposita in maniera diffusa nella corteccia, in particolar modo nella corteccia prefrontale, proprio dietro alla nostra fronte. Un processo che in Henry era stato interrotto proprio per la rimozione dell'ippocampo e della corteccia entorinale.

Ricordare come andare in bicicletta è diverso da ricordare le vacanze estive
Il caso di Henry ha portato alla comprensione che esistono diversi tipi di memoria, ognuno dei quali coinvolge differenti aree del cervello. Rassegnato a non poter creare nuovi ricordi episodici (i ricordi di eventi specifici che ci accadono personalmente), la sua capacità di apprendere nuove abilità motorie rimase intatta, seppur non cosciente. Ad esempio, pur non ricordando di aver mai eseguito un determinato esercizio, poteva migliorare in compiti come tracciare una stella guardando la propria mano solo attraverso uno specchio.
Questa distinzione tra memoria dichiarativa e memoria non dichiarativa è un’altra suddivisione fondamentale. La memoria dichiarativa riguarda fatti ed eventi che possiamo richiamare consciamente, mentre la memoria non dichiarativa si riferisce a competenze e abitudini apprese che non richiedono un richiamo consapevole. In Harry non era stata distrutta la memoria a breve termine, ma era stata interrotta la possibilità di far diventare i contenuti episodici dichiarativi della memora a breve termine in ricordi a lungo termine.

Il contributo scientifico di Henry Molaison
Henry Molaison è stato un paziente eccezionale non solo per la sua rara condizione, ma anche per la sua disponibilità a partecipare a innumerevoli studi fino alla sua morte, avvenuta nel 2008, all’età di 82 anni. Il suo cervello è stato conservato e sezionato postumo per ulteriori ricerche, continuando a offrire preziose informazioni alla comunità scientifica. Gli studi su H.M. hanno decisamente rivoluzionato le neuroscienze, contribuendo a delineare una mappa più precisa delle funzioni cerebrali legate alla memoria.
La sua tragedia personale è stata resa inestimabile da neuroscienziati come Scoville, Penfield e Brenda Milner, che hanno ridisegnato la mappa della memoria, cioè come vengono creati, conservati e richiamati i ricordi. Grazie a H.M., oggi sappiamo molto di più su come queste funzioni cerebrali possano essere separate e alterate, aprendo la strada a nuove scoperte e terapie, e soprattutto rispetto alla maggior cautela che oggi viene messa in atto negli interventi chirurgici cerebrali.