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Intuitivamente tendiamo a pensare alla memoria come ad un archivio nel quale sono immagazzinati i nastri con le registrazioni sensoriali degli eventi passati vissuti in prima persona. La letteratura scientifica psicologica e neuroscientifica odierna ha però messo in luce una descrizione della memoria più simile ad un processo di ricostruzione di ciò che abbiamo vissuto in passato o delle informazioni che abbiamo ricevuto. Questo processo di ricostruzione, che si attiva ogni volta che tentiamo di far riemergere un ricordo, è fortemente influenzato da fattori presenti interni ed esterni. Vediamo come funzionano i ricordi e come nascono i falsi ricordi.
Come funzionano i ricordi
Quando viviamo le nostre vite, il cervello si mette in azione per identificare e ricordare i fatti importanti che ci succedono. Ciò succede per mezzo di un passaggio di codifica delle esperienze nei circuiti neurali: attraverso l’attivazione della corteccia prefrontale, coinvolta nella selezione e nell’organizzazione delle informazioni; dell’ippocampo, stazione centrale della memoria, in particolare quella dichiarativa (la memoria che possiamo richiamare in maniera consapevole, come il giorno di compleanno di un nostro amico o gli eventi dell’ultima festa passata insieme); e della corteccia peririnale, fondamentale per il riconoscimento degli oggetti, e in generale per quel tipo di memoria che chiamiamo “associativa”, ovvero quella che tiene traccia delle relazioni tra elementi ed eventi.
A questo primo tentativo di mappare nel cervello alcune informazioni importanti che riceviamo dal mondo esterno o dal nostro corpo, si aggiunge un successivo processo di consolidamento attraverso il quale alcune tracce mnestiche diventano stabili nel tempo. Si assiste quindi ad un consolidamento sinaptico, che avviene nel breve tempo (minuti o ore dopo l’esposizione all’informazione che si sta trasferendo in memoria) e ad un consolidamento sistemico, che riguarda il trasferimento delle informazioni dalla zona dell’ippocampo alle zone più periferiche della corteccia cerebrale, processo che dura giorni, settimane o più.
Le informazioni, trasferitesi nella memoria a lungo termine, tanto più si consolidano quanto più vengono riportate a galla da processi di ricordo, o di riutilizzo delle informazioni: pensiamo a quanto tentiamo di imparare una lingua, e a quanto l'uso delle nuove parole apprese determini la facilità di ricordarle in interazioni successive. Più applichiamo costanza nel far riemergere i ricordi, più quei ricordi si consolidano.

Qui, però, succedono varie cose. Possiamo infatti avere un recupero di memoria esplicito, ovvero quando cerchiamo attivamente di ricordare qualcosa “scavando” nella nostra mente, oppure subire un recupero implicito, quando le informazioni influenzano il nostro comportamento in maniera inconscia. Ci sono poi molte altre questioni che influenzano i ricordi, e ciò li rende estremamente esposti a questioni di contesto e influenze sia sensoriali che emozionali.
La memoria è affidabile? Fattori che influenzano la memoria
Sono tantissimi gli elementi che possono incidere e deviare il processo sopra descritto di consolidamento del ricordo. Ad esempio, in situazioni di elevato stress o trauma, come quando veniamo coinvolti in un incidente o quando assistiamo o subiamo un crimine, il corpo subisce una serie di reazioni fisiologiche e ormonali che impattano sui processi neurali mnemonici.
L'adrenalina ha un ruolo decisivo in questa dinamica, andando ad incidere direttamente sulle funzioni dell’ippocampo. Nel contesto di un interrogatorio o alla presenza di testimoni oculari, la loro testimonianza subisce forti pressioni legate a influenze esterne: le domande degli investigatori, il modo in cui sono poste, o le informazioni ricevute tra l’evento e la testimonianza possono creare falsi collegamenti nel nostro cervello, che è notoriamente avido di spiegazioni, a tal punto da cambiare i propri ricordi in favore di altri che rendano apparente più coerente la narrazione dei fatti che stiamo generando nella nostra mente.

Alla base di questo fenomeno c’è quella che Festinger battezzò con il nome di “dissonanza cognitiva”: quando ho due informazioni in conflitto tra loro, il mio cervello fa di tutto per risolvere questo conflitto. Se, quindi, mi capitasse di vedere una persona a me cara compiere un delitto, subirei una forte dissonanza cognitiva che potrebbe finire per crearmi un falso ricordo dei tratti somatici di quella persona, per convincermi infine che la persona vista non è la persona a me cara.
Oltre a queste problematiche legate al ricordo, noi esseri umani siamo costantemente spinti ad uniformarci gli uni con gli altri. Uniformarsi significa consolidare l'appartenenza al gruppo, che si traduce in maggiori chance evolutive di sopravvivenza. Ecco che, come evidenziavano i celebri esperimenti di Solomon Asch, tendiamo a fornire risposte in linee con quelle del gruppo del quale facciamo parte, anche quando quella stessa risposta ci pare evidentemente sbagliata.
Come si creano i falsi ricordi: il ruolo delle emozioni
Intuitivamente pensiamo che gli eventi di vita passata più carichi di emozioni siano anche quelli che ricordiamo meglio. Se, in generale, è sicuramente vero che una forte emozione incida pesantemente nel processo di consolidamento in memoria di un evento associato, è altrettanto vero che, proprio in virtù della loro forza, le emozioni rendono fragile l’obiettività del ricordo arrivando talvolta a generare persino falsi ricordi. Inoltre, le emozioni si espandono a macchia d’olio nella nostra cognizione e tendono a collegarsi alle esperienze sensoriali.

Ecco che un attacco d’ansia subito durante la passeggiata al parco, magari dovuto all’esame del giorno dopo, può facilmente distorcere alcuni elementi del ricordo di quella passeggiata, rendendo possibile ricordare un cielo nuvoloso, invece del sole che effettivamente splendeva in cielo durante il nostro giro al parco. In ultimo, ricordare significa riattivare parzialmente i processi sensoriali attivati nella situazione che stiamo ricordando. Tale processo va inevitabilmente in parte a mischiarsi con le sensazioni presenti e, a lungo andare, qualche sensazione o informazione recepita durante un processo di ricordo può finire per deviare il ricordo originario, modificandolo e restituendoci, le volte successive, un ricordo “contaminato”.
Ricordare, quindi, è un processo davvero complesso e multisfaccettato, che ha poco a che fare con la proiezione di un nastro registrato. Tantissimi sono i fattori che possono distorcere i ricordi, o addirittura crearne di immaginari. Le emozioni, così come lo stress, possono tanto incidere nella permanenza del ricordo quanto nella sua opacizzazione. A livello neurale, i network della memoria sono vasti e largamente differenti a seconda del tipo di informazioni che stiamo facendo riaffiorare alla mente. Questi sono i principali motivi per cui un testimone oculare non può mai essere l’unica prova per l’incriminazione di un sospettato!