
Il telescopio spaziale James Webb continua a fornirci nuove informazioni per ampliare le conoscenze e risolvere i problemi aperti dell'astronomia moderna. Un recente studio pubblicato sulla rivista Nature cerca di far luce sulla composizione dell'atmosfera dell'esopianeta TRAPPIST-1 c, tra i più vicini alla Terra, mostrando come essa sia ben diversa da quello che i ricercatori si aspettavano. Vediamo insieme i dettagli dello studio e la sua importanza.
Lo studio di TRAPPIST-1 c
Ricercatori del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg, Germania, hanno utilizzato i dati del telescopio spaziale James Webb per cercare nuovi indizi sulla composizione dell'atmosfera dell'esopianeta TRAPPIST-1 c. Esso è il secondo di sette pianeti noti, orbitanti la stella TRAPPIST-1, una nana rossa distante da noi 40 anni-luce, avente circa il 9% della massa del nostro Sole e con una temperatura superficiale di circa 2350 gradi centigradi.

Il pianeta TRAPPIST-1 c era considerato prima di questo studio come una sorte di gemello del pianeta Venere. Esso ha una massa simile a quella di Venere e riceve anche un quantità simile di radiazione dalla sua stella madre, seppur orbitando a soli 2 milioni di chilometri da essa, circa 1/50esimo della distanza Venere-Sole. Queste sue similarità con Venere hanno portato gli scienziati ad ipotizzare che anche TRAPPIST-1 c potesse essere dotato di una spessa atmosfera ricca in anidride carbonica.

L'analisi dei dati del James Webb ha permesso invece di scartare questa ipotesi. Lo studio mostra come vi siano due scenari, entrambi possibili, che sono consistenti con i dati: TRAPPIST 1-c può essere un pianeta roccioso senza atmosfera oppure, se vi è atmosfera, essa è molto sottile, priva del tutto di nubi e costituita da anidride carbonica.
L'importanza della scoperta
Le nane rosse sono le stelle più numerose nell'Universo. Recenti ricerche suggeriscono che quasi ogni stella nella Via Lattea possiede un sistema planetario. Unendo queste due informazioni, possiamo capire che risulta essere di primaria importanza indagare se i pianeti orbitanti attorno alle nane rosse possiedano le caratteristiche per ospitare la vita, dal momento che essi costituiscono la maggior parte dei pianeti esistenti.
Seppur siano stati trovati diversi esopianeti attorno alle nane rosse nella fascia di abitabilità in cui vi sono le condizioni di temperatura per ospitare l'acqua allo stato liquido, purtroppo non è detto che essi siano dotati di atmosfera. Ciò è dovuto alla natura della superficie stellare delle nane rosse, che, soprattutto nel primo miliardo di anni di vita, emette intensi raggi X e radiazioni ultraviolette che sono in grado di distruggere le atmosfere planetarie.

Gli strumenti che i ricercatori avevano a disposizione prima del lancio di James Webb non permettevano di indagare la natura dell'atmosfera che ci si attendeva avesse TRAPPIST-1 c, ovvero simile a quella di Venere, ma solo atmosfere ricche principalmente di idrogeno. Le capacità del James Webb di analizzare la luce nelle lunghezze d'onda del vicino e del medio infrarosso permettono invece di condurre questa analisi.
I dettagli delle osservazioni del James Webb
Gli scienziati hanno usato gli strumenti del James Webb operanti nelle lunghezze d'onda dei micrometri. A queste lunghezze d'onda è possibile osservare l'emissione di radiazione termica degli esopianeti che è direttamente legata alle loro temperature. Lo studio mostra infatti come TRAPPIST 1-c abbia una temperatura di circa 100 gradi centigradi, rendendolo l'esopianeta roccioso più freddo mai caratterizzato attraverso l'emissione termica.

Data la distanza dalla Terra e la risoluzione degli strumenti del James Webb, non è possibile distinguere dalle immagini infrarosse l'emissione del pianeta e quella della stella separatamente. Gli scienziati hanno quindi utilizzato il fenomeno dell'eclissi secondaria, che si verifica allorquando, dal nostro punto di osservazione, il pianeta si eclissa dietro la sua stella madre. Confrontando la radiazione infrarossa ricevuta quando il pianeta si trova dietro la stella e quando il pianeta si trova ai lati della stella, gli scienziati sono riusciti a calcolare l'ammontare di luce infrarossa che emette il lato diurno del pianeta.

Con loro sorpresa, simulando i segnali attesi da diversi tipi di atmosfere, i dati non risultano essere compatibili con una atmosfera simile a quella di Venere, ma piuttosto con una sottile o addirittura assente. Il dubbio tra questi due scenari sorge dal fatto che nelle lunghezze d'onda dei micrometri vi è un effetto combinato dell'anidride carbonica che tende ad assorbire la radiazione infrarossa e le nubi che invece ne mascherano l'effetto, portando il segnale infrarosso a essere indistinguibile dal caso di assenza di atmosfera. Solo successive, più precise misurazioni potranno distinguere ulteriormente tra questi due scenari.