
C’è qualcosa di divertente e allo stesso tempo pungente nel dire a qualcuno: “sei proprio una zucca vuota!”. Ma da dove nasce davvero questa osservazione, a volte usata con leggerezza, nei confronti di qualcuno che non brilla particolarmente di arguzia? Pare che l’idea venga da molto lontano nel tempo, frutto di saggezza popolare, linguistica e anche botanica. In passato si facevano essiccare le zucche, per poi svuotarle e ricavarne un recipiente per conservare il sale che in passato era considerato un bene molto prezioso e quindi sinonimo di ricchezza. Riuscire a conservare il sale in zucca indicava quindi intelligenza e buon senso.
Già duemila anni fa il sale era uno dei minerali più ricercati che si potevano commerciare nell’Impero Romano, tanto da venire soprannominato “oro bianco”. Il termine salario, infatti, deriva proprio dal pagamento dei prestatori d’opera attraverso dosi di sale, elemento preziosissimo non solo per la nutrizione o per insaporire le pietanze, ma per la conservazione di alimenti pregiati e particolari (si pensi, per esempio, al garum romano).
A quei tempi esistevano, tra l’altro, non poche difficoltà legate al trasporto delle merci e alla conservazione degli alimenti, specie se si trattava di un minerale difficile da raccogliere in caso venisse erroneamente dispersa; questo rischio rappresentava non solo una tragedia economica bensì anche un segno di sfortuna che tutt’oggi rimane. Complice quindi la necessità di proteggere tale bene pregiato, nacque la particolare idea di utilizzare una zucca, la cui coltivazione all’epoca era molto diffusa e perciò era facilmente reperibile: svuotata della polpa e con un esterno resistente all’umidità, si rivelava il forziere domestico perfetto dove destinare il pregiatissimo sale.
Inizialmente, quindi, chi aveva sale in zucca era considerato benestante e, in un certo senso, dotato di buon senso e di giudizio per riuscire a preservare questa ricchezza. Questa espressione riferita a una usanza concreta con il tempo si è trasformata in metafora rafforzando il senso negativo: se la zucca è vuota, significa che si è poveri e manca il contenuto, vale a dire la testa, l’intelligenza, arrivando a riferirsi perciò a persone sprovvedute e con mancanza di buonsenso.
Questo collegamento è anche più facile da capire se si considera che il termine latino "cocutia", secondo il dizionario Zanichelli, si riferiva alla "zucca" come frutto, ma la sua etimologia significava anche "testa". Questo termine si è evoluto successivamente attraverso forme intermedie come "cocutia" e "cocuzza", fino a diventare la parola "zucca" che usiamo oggi. Del resto con l’aggettivo “insipida” si definisce una persona che non sa di nulla, mentre sapido, dal latino tardo sapĭdus, derivato di sàpere ‘aver sapore; essere saggio’, significa arguto, dotato di arguzia. Inoltre, la lingua italiana usa da secoli questo termine come sinonimo scherzoso di testa: fra modi di dire come “fuori di zucca”, “zuccone”, “essere una zucca dura”, riaffiora in superficie la figura della zucca come contenitore.
Oggi l’espressione “zucca vuota” sopravvive nel linguaggio colloquiale, usata per lo più in tono ironico o bonario che, a seconda del contesto, può suonare come un leggero insulto. È una di quelle innumerevoli frasi che sono nate nel nostro passato contadino e pratico e che resistono ancora nell’epoca dei contenuti digitali facendo da promemoria su come sia meglio riempire la propria testa di contenuti veri, che di parole vuote.