0 risultati
video suggerito
video suggerito
11 Giugno 2024
18:30

Persone sane inserite in ospedali psichiatrici si riconoscono? L’esperimento di Rosenhan

L'esperimento di Rosenhan del 1973 dimostra che la distinzione tra una persona sana e una con una diagnosi psichiatrica non è così semplice da individuare e che il contesto e i pregiudizi giocano un ruolo fondamentale nel riconoscimento dell'una e dell'altra.

68 condivisioni
Persone sane inserite in ospedali psichiatrici si riconoscono? L’esperimento di Rosenhan
esperimento di Rosenhan

Se la sanità mentale e la follia esistono, come si possono riconoscere? La domanda non è provocatoria, ma è ciò che ha guidato lo psicologo David Rosenhan in un suo celebre esperimento. Nel 1973 il professore condusse uno studio, pubblicato sulla rivista Science con il titolo On being sane in insane places (in italiano “Sull'essere sani in luoghi pazzi”), che ampliò lo studio sulle diagnosi psichiatriche: intendeva verificare se in un ospedale psichiatrico i medici fossero in grado di distinguere una persona “sana” da una "con disturbi psichiatrici”. A questo scopo Rosenhan fece ricoverare otto persone sane in differenti ospedali psichiatrici, nascondendo la loro vera identità e dicendo loro di lamentare sintomi vaghi. Nonostante il loro vissuto personale e i loro comportamenti non indicassero veri problemi psichiatrici, non furono scoperti come falsi pazienti.

Come si è svolto l'esperimento degli pseudopazienti

Nel corso del suo esperimento Rosenhan fece sì che 8 persone senza disturbi mentali venissero ricoverate in ospedali differenti, fingendosi malati: se gli psichiatri avessero tenuto fede a diagnosi scientificamente fondate, avrebbero dovuto smascherare queste persone dichiarandole sane.

Le otto persone che si sono sottoposte all’esperimento erano molto differenti tra loro: studenti, anziani, psicologi, casalinghe. Anche gli ospedali erano diversi l’uno dall’altro: c’erano strutture vecchie, nuove, con spazi di ricerca, con staff numericamente adeguato, altri no e così via.

Le persone venivano presentate all’appuntamento conoscitivo come soggetti che lamentavano vaghi sintomi, lamentandosi di sentire delle voci. Veniva poi presentata la storia personale di ciascuno: il rapporto con la famiglia, i parenti e altre informazioni che apparentemente non dovevano dare segni di malattia mentale, ma di una vita tutto sommato tranquilla e “in regola”.

Rosenhan esperimento

Una volta iniziata la permanenza nella struttura, lo pseudo paziente iniziava a comportarsi come si sarebbe comportato se non fosse stato in quel posto, quindi da persona “sana”. Quando il personale conduceva con loro colloqui per capirne lo stato psichico, gli pseudo pazienti non nascondevano il fatto di sentirsi bene e che non avvertivano più i sintomi iniziali.

Nonostante il loro comportamento da soggetti “sani”, non vennero mai scoperti dai medici, ma in qualche caso furono smascherati dagli altri pazienti della struttura, che gli rinfacciavano di essere nel posto sbagliato perché sani.

Perché i finti pazienti non furono scoperti?

Secondo Rosenhan il mancato riconoscimento della sanità mentale dei finti pazienti durante il corso del ricovero può essere dovuto dal fatto che:

  • a volte i medici sono influenzati da un forte pregiudizio verso quello che in statistica è chiamato “errore di tipo 2”, cioè sono più propensi a definire malata una persona sana, che sana una persona malata;
  • è socialmente ritenuto più pericoloso fare una diagnosi errata di malattia mentale che di salute.
Rosenhan esperimento ospedale psichiatrico

L'impatto dell’esperimento di Rosenhan sulla comunità scientifica

La domanda di ricerca di Rosenhan era tanto semplice quanto complessa: se è possibile distinguere tra sani di mente e folli, i tratti salienti che portano alla diagnosi risiedono nei pazienti stessi o negli ambienti e contesti in cui gli osservatori li incontrano? Lo studio di Rosenhan ha suscitato non poche discussioni e dibattiti, con alcuni scienziati che lo hanno rifiutato. Nel complesso, il lavoro di Rosenhan ha rappresentato un punto di svolta nell'ambito degli studi psichiatrici, dimostrando come le etichette diagnostiche possano influenzare notevolmente la percezione e la cura dei pazienti in ambienti clinici.

Dichiarare “folle" e "schizofrenica" una persona è estremamente potente e una volta che un soggetto è dichiarato e considerato anormale, ogni suo comportamento viene interpretato attraverso questa lente. Questa influenza, o addirittura pregiudizio, può incidere significamente il modo di curare un paziente e la percezione che si ha di lui e andrebbe quindi evitata, per quanto possibile.

Bibliografia
Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views