
Un gigantesco buco coronale grande oltre 1 milione di km sta in questo momento dominando la porzione meridionale del Sole. Si tratta del buco coronale più grande mai formatosi negli ultimi anni e, puntando verso la Terra, potrebbe causare tempeste geomagnetiche di media entità, con aurore anche a latitudini più basse del solito, tra martedì 20 maggio e giovedì 22 maggio. I buchi coronali sono regioni dello strato più esterno dell'atmosfera solare, la corona per l'appunto, in cui i campi magnetici si "aprono" lasciando libero il passaggio al vento solare. Sono quindi condizioni temporanee dell'atmosfera solare in cui viene espulso dal Sole un flusso maggiore di particelle energetiche che, interagendo con il campo magnetico e gli atomi della nostra atmosfera, può generare sia spettacolari aurore, che disturbi alle griglie elettriche o ai satelliti in orbita. Nonostante il flusso maggiorato di particelle non c'è da preoccuparsi, poiché di solito i buchi coronali sono fenomeni meno violenti e meno energetici delle espulsioni di massa coronale, che invece possono causare gravi danni alle infrastrutture terrestri… ma anche grande spettacolo come l'aurora che ha dominato i cieli italiani nel maggio e nell'ottobre 2024.
Cos’è un buco coronale e come si forma sul Sole
I buchi coronali sono regioni dell'atmosfera solare esterna (la corona) in cui il campo magnetico è "disturbato". Invece delle classiche linee chiuse di campo magnetico che si chiudono sulla superficie solare, in un buco coronale le linee di campo magnetico si "aprono". Dal momento che le particelle cariche dell'atmosfera solare seguono il campo magnetico, quest'ultimo aprendosi fa si che il vento solare possa sfuggire liberamente nello spazio, generando getti di particelle di intensità maggiore del normale che si propagano nel Sistema Solare. Se il buco coronale punta verso la Terra, allora il getto di particelle che si sprigiona da esso può generare tempeste geomagnetiche.

L'immagine in copertina all'articolo è stata ottenuta dal Solar Dynamics Observatory, un telescopio spaziale della NASA completamente dedicato al monitoraggio del Sole. In particolare, l'immagine è stata ottenuta nelle lunghezze d'onda dell'estremo ultravioletto, invisibili all'occhio umano. Minore è la lunghezza d'onda, maggiore è l'energia trasportata dalla luce. L'estremo ultravioletto ci permette di osservare la regione della corona solare, dove le temperature sono elevatissime, dell'ordine del milione di gradi. Il buco coronale appare più scuro poiché la sua densità e la sua temperatura sono inferiori a quella delle regioni circostanti, sebbene comunque la temperatura continui ad essere spaventosamente elevata. Il buco attualmente presente sul Sole è una vecchia conoscenza. È stato avvistato per la prima volta a inizio febbraio ed è riapparso ciclicamente ad ogni rotazione della superficie solare, sopravvivendo ed allargandosi fino ad ora.
Le consegue per la Terra: perché non c’è da preoccuparsi
Il sito spaceweather.com, specializzato nelle previsioni dell'attività solare, riporta pericolo di tempeste geomagnetiche di classe G1 (G5 sono quelle più estreme) per i giorni tra il 20 e il 22 maggio. Tali possibili tempeste saranno generate dall'interazione delle particelle del vento solare con il campo magnetico terrestre che re-indirizza le particelle verso i poli dove poi interagiscono con gli atomi e le molecole dell'alta atmosfera, generando spettacolari fenomeni come le aurore. Il buco coronale visibile attualmente sul Sole non si è formato adesso, ma a febbraio, ritornando periodicamente in vista ad ogni rotazione della nostra stella.

Nonostante questo colosso occupi tutta la porzione meridionale del Sole, la sua presenza non deve destare particolare preoccupazione. Il flusso di vento solare generato dai buchi coronali è infatti di intensità minore rispetto a quello generato da eventi più energetici come le espulsioni di massa coronale. La previsione di tempesta di classe G1 probabilmente comporterà deboli fluttuazioni nelle griglie energetiche, un impatto di grado minore nell'operatività dei satelliti ed aurore visibili a latitudini più basse del solito, ma non così basse da poter essere avvistate anche in Italia.