0 risultati
video suggerito
video suggerito
5 Luglio 2025
6:00

Una struttura metallica può collassare a temperature più basse del punto di fusione: ecco perché

Il crollo dell'insegna Generali a Milano ha sollevato alcuni dubbi: come può il caldo causare una crisi strutturale se le temperature sono lontane da quelle di fusione dell'acciaio? Sebbene la causa non sia confermata, la rottura potrebbe non dipendere dalla fusione, ma da altri effetti che le alte temperature hanno sulle proprietà del metallo.

2 condivisioni
Una struttura metallica può collassare a temperature più basse del punto di fusione: ecco perché
Immagine

Il recente collasso dell'insegna pubblicitaria sulla Torre Generali di CityLife a Milano progettata da Zaha Hadid ha portato alla luce le possibili problematiche delle strutture metalliche rispetto alle azioni prodotte dalle elevate temperature. Sebbene non sia ancora confermato (o smentito) che questa sia la causa dell'effettivo crollo della struttura reticolare che sorregge l'insegna pubblicitaria, la notizia così raccontata ha destato dubbi tra i non addetti ai lavori, straniti dal fatto che pur avendo temperature in esercizio di gran lunga lontane dal punto di fusione dell'acciaio, queste abbiano potuto generare addirittura una crisi strutturale. Ebbene, quanto detto è verosimilmente possibile e i motivi hanno poco a che vedere con le temperature di fusione del metallo. Cerchiamo di fare chiarezza in maniera semplice.

La differenza tra materiale e struttura

Per capire a fondo la differenza concettuale che sussiste nel problema che stiamo affrontando, occorre fare una differenza tra quello che accade a livello di materiale e quello che accade a livello di struttura.

A livello di materiale

Ciò che accade a livello di materiale è quanto possiamo rappresentare fisicamente indipendentemente da come questo viene poi impiegato nella realtà. Il materiale acciaio, nella fattispecie, può essere rappresentato dal cosiddetto legame costitutivo. Che significa? Significa che al variare della temperatura, il legame costitutivo del metallo cambia, ma per avere apprezzabili riduzioni di resistenza o rigidezza del metallo bisogna superare temperature che vanno oltre i 200-300°C. Nel ragionamento che stiamo portando avanti, possiamo tranquillamente dire che 0, 50 o 150°C sono – a livello di materiale – la stessa temperatura.

A livello di struttura

Ma cosa accade a livello di struttura? Non dobbiamo dimenticarci che, qualsiasi elemento realizzato con qualsiasi materiale, se soggetto ad una variazione di temperatura rispetto al suo stato iniziale, si deforma esibendo spostamenti che dipendono dal suo coefficiente di dilatazione termica. Per circoscrivere gli esempi che tratteremo in questo articolo, parleremo di elementi a prevalente sviluppo lineare e, di riflesso, ci riferiremo al cosiddetto coefficiente di dilatazione termica lineare.

Per esempio, una barra di acciaio lunga 5 metri, se soggetta ad una escursione termica di 25 °C (chiamata distorsione termica), subisce una dilatazione termica lineare che la porta a raggiungere una lunghezza di 5,0015 metri: si allunga cioè di 1,5 mm anche se non ci sono forze esterne applicate.

Le strutture quindi si allungano e accorciano se soggette ad escursioni termiche anche relativamente modeste (20-25 °C)! Ma cosa succede se questi allungamenti sono per qualche ragione impediti? Se la barra non può allungarsi liberamente, di riflesso la struttura reagisce con una forza di opposizione all'allungamento, che è tanto più grande quanto più è rigida la barra.  Pensiamo ad esempio ad una barra di acciaio costretta tra due pareti di vincolo: all'aumentare della temperatura la barra vorrebbe allungarsi ma le pareti impediscono questo allungamento ed esercitano di riflesso sulla barra una azione che "frena" l'allungamento. Queste forze che nascono devono ovviamente rispettare la resistenza del materiale e – quando questo non accade – la struttura, o parte di essa, può collassare per mancanza di resistenza.

Quando può accadere questo fenomeno

Dobbiamo quindi capire se e quando abbiamo a che fare con una struttura che, per qualche ragione, non è in grado di deformarsi liberamente assecondando l'effetto delle distorsioni termiche. Per capirlo, va introdotto il concetto di  iperstaticità: una struttura si definisce iperstatica se il suo grado di vincolo supera quello strettamente necessario a garantirne l'equilibrio. Per queste strutture, che sono praticamente il 99% di quelle che ci circondano, gli effetti delle distorsioni termiche si traducono sempre in un regime di sollecitazioni interne che può assumere, a seconda del grado di iperstaticità, anche valori che raggiungono in qualche punto la resistenza del materiale.

Ma quindi perché non osserviamo crisi di tutte le strutture iperstatiche? Nella realtà, le strutture si deformano e con esse si deformano anche i vincoli che le supportano. Infatti non esiste mai una parete in grado di bloccare totalmente l'allungamento della barra. All'aumentare della temperatura, sarà anche un po' la parete a cedere e a consentire, di riflesso, parte della dilatazione termica. Questa mutua interazione tra vincoli ed elementi smussa in maniera significativa la nascita delle forze reattive. Per tale ragione, l'effetto di queste distorsioni termiche diventa nella maggior parte dei casi poco dominante rispetto alle altre azioni esterne che governano il progetto. Ciononostante, le normative di settore prescrivono opportuni valori di differenze di temperatura da tenere in conto, nel progetto, per stimare gli effetti strutturali di eventuali distorsioni termiche applicate ( 25 °C è un valore di calcolo molto utilizzato).

Il problema può  diventare importante quando le lunghezze in gioco sono elevate: nel caso dei ponti, ad esempio, i sistemi di vincolo sono spesso progettati per assecondare completamente questi spostamenti.

Riferimenti
Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views