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13 Giugno 2025
14:16

Uomo affetto da SLA torna a “parlare” grazie all’AI che traduce pensieri in parole: il nuovo studio

Uno studio su Nature presenta una neuroprotesi rivoluzionaria che, grazie all'AI elle neuroscienze computazionali, consente a persone con difficoltà motorie di parlare con intonazione espressiva e persino cantare.

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Uomo affetto da SLA torna a “parlare” grazie all’AI che traduce pensieri in parole: il nuovo studio
cervello interfaccia dispositivo parole pensieri

Un nuovo studio coordinato da Sergey Stavisky e pubblicato su Nature racconta come un uomo di 45 anni affetto da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia che affligge il controllo del movimento) sia tornato a parlare grazie a un’interfaccia cervello-computer super avanzata chiamata BrainGate2. Sono stati impiantati 256 elettrodi nel suo cervello per leggere i segnali legati ai movimenti della bocca. L’intelligenza artificiale, allenata con registrazioni vocali dell’uomo antecedenti alla sua malattia, è riuscita a ricostruirla in modo sorprendentemente naturale, con tono, ritmo e persino esitazioni. Non più voce robotica, ma comunicazione vera, ricca di emozioni. Un enorme passo avanti per ridare espressività a chi non può più parlare.

Leggere le intenzioni di movimento dai segnali cerebrali della bocca

Per permettere all’intelligenza artificiale di elaborare i segnali cerebrali, il paziente si è sottoposto ad un intervento di inserimento di 256 elettrodi siliconici in una specifica zona motoria della corteccia cerebrale: il giro ventrale precentrale, vicinissimo e strettamente connesso alla più famosa area di produzione verbale per eccellenza, l’area di Broca.

Immagine
L’area interessata dall’intervento con i 256 elletrodi è l’area 6, in particolare quella nello zoom a destra nell’immagine. L’are di Broca, immediatamente vicino, è individuabile dai numeri 44 e 45. Credit: Brodmann (1909) and Amunts K, Lenzen M, Friederici AD, Schleicher A, Morosan P, et al. (2010), CC BY 2.5, via Wikimedia Commons.

Stiamo parlando quindi di un’area chiave per la programmazione e la produzione di tutti quei movimenti orofacciali (che riguardano bocca e viso) che si attivano quando muoviamo la bocca per parlare. Applicando degli algoritmi di deep learning appositamente addestrati sui segnali che arrivano da questa precisa area cerebrale, Wairagkar e i suoi colleghi dell’Università della California sono riusciti ad avere come risultato un flusso di suoni a partire dai processi neurali che l’uomo produce nel suo cervello, che riguardano la decodifica di fonemi, toni, velocità e, in generale, tutte quelle componenti paralinguistiche presenti nel discorso parlato.

La novità rispetto al passato

Interfacce uomo macchina simili sono già state testate più o meno efficacemente in passato. Un meno recente articolo, sempre su Nature, datato aprile 2022, ci informava di come, già tre anni fa, esistessero almeno 35 persone con un impianto simile posizionato sulla corteccia cerebrale a lungo termine, per le problematiche più disparate: connessione con protesi robotiche, comunicazione con voce sintetica o comunicazione scritta su schermi attraverso l’immaginazione in persone affette da paralisi.

Il passo in avanti che è stato fatto in questi giorni riguarda un nuovo livello di naturalezza sbloccato grazie all’utilizzo della più sofisticata intelligenza artificiale. Pensate che, nel caso in questione, l’IA è stata allenata sulle tracce vocali dell’uomo antecedenti alla sua malattia, in modo tale da poter riprodurre anche le esatte frequenze della sua voce. Una voce non più piatta e robotica, ma ricca di sfumature, incertezze, neologismi, toni mutevoli, enfasi e sospensioni. Tutto ciò che rende una voce "umana" e che ci permette di capire le intenzioni di chi parla, le emozioni che stanno sotto, e quindi entrare maggiormente in empatia. Con questo traguardo queste qualità potranno essere restituite a persone con malattie motorie che ne ostacolano l'espressività.

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