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26 Marzo 2025
8:00

Perché i pappagalli parlano e come ripetono le nostre parole? Il nuovo studio con la possibile spiegazione

I parrocchetti sanno modulare la loro "voce" per interagire tra simili e con gli umani. Secondo un nuovo studio, questo sarebbe possibile grazie alla precisa organizzazione del loro cervello, molto simile a quella umana. Questa scoperta apre nuove possibilità terapeutiche e tecnologiche.

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Perché i pappagalli parlano e come ripetono le nostre parole? Il nuovo studio con la possibile spiegazione
Pappagalli linguaggio cervello

L'espressione dei nostri pensieri, emozioni e in fin dei conti della nostra identità avviene spesso e soprattutto attraverso la voce. Ma non siamo gli unici! I pappagalli sono ampiamente noti per la loro particolare abilità di parlare, ripetendo quello che sentono dire da noi umani, con lo scopo di interagire e rafforzare i legami sociali con noi. Dal punto di vista fisiologico ci riescono grazie a un organo chiamato siringe che si trova nella biforcazione della trachea e vibra svolgendo un ruolo analogo a quello delle nostre corde vocali. Ma dal punto di vista neurologico? Un recente studio condotto dai ricercatori Zetian Yang e Michael Long della New York University spiegherebbe come ci riescono, svelando una straordinaria similitudine tra il cervello umano e quello dei parrocchetti ondulati (Melopsittacus undulatus), piccoli pappagalli verdi e gialli, particolarmente famosi per la loro capacità di imitare la voce umana. Riescono addirittura a imitare diverse tonalità e sfumature che, nel cervello umano sono regolate da sofisticati sistemi neurali. Lo studio ha infatti evidenziato come anche nel cervello di questi piccoli pennuti esistono regioni specifiche che organizzano e modulano le vocalizzazioni, dimostrando una capacità di flessibilità e precisione nella comunicazione molto simile a quella che caratterizza gli esseri umani.

L'organizzazione cerebrale del linguaggio dei parrocchetti è simile a quella umana

Grazie all'integrazione di aree specializzate della corteccia cerebrale tra input sensoriali, comandi motori per regolare con precisione i movimenti della laringe e degli altri muscoli coinvolti nel linguaggio, siamo in grado di dare forma alle nostre parole. A quanto pare, condividiamo questa complessità cerebrale anche con un insospettabile maestro di imitazioni, il Melopsittacus undulatus, conosciuto anche come parrocchetto ondulato o "budgie".

Nello studio pubblicato qualche giorno fa sulla rivista Nature, grazie ad apposite sonde neurali di silicio ad alta intensità i ricercatori hanno registrato e analizzato l'attività di una specifica area cerebrale dei parrocchetti, il nucleo centrale dell'arcopallio anteriore (AAC), responsabile del controllo vocale. Ne è emerso che i neuroni di questo nucleo sono coinvolti direttamente nella produzione di suoni, e, cosa ancora più interessante, formano una vera e propria mappa motoria, molto simile a quella presente nella corteccia motoria umana deputata al linguaggio.

I ricercatori hanno registrato l'attività neuronale nel cervello dei parrocchetti mentre questi producevano diversi tipi di vocalizzazioni: dai canti melodici, denominati "warble", a richiami più semplici e strutturati. L'informazione più innovativa osservata in questo studio è che i pattern di attività neurale erano estremamente coerenti e organizzati: vocalizzazioni simili acusticamente corrispondevano a configurazioni neurali analoghe, indicando che il cervello del parrocchetto utilizza un sistema ordinato e flessibile, simile a quello umano, per gestire una vasta gamma di suoni complessi. In pratica, a ogni suono che emettono corrisponde l'attivazione di specifici neuroni.

pappagalli parlanti

I ricercatori hanno anche scoperto che, a differenza degli uccelli canori come il diamante mandarino (Lonchura guttata), che producono canti strutturati e stereotipati tramite una sorta di "codice a barre" neurale unico per ogni suono, il cervello dei parrocchetti utilizza uno schema molto più flessibile. I neuroni dell'AAC, infatti, sono attivati sulla base di proprietà acustiche specifiche, come il tono o la struttura armonica dei suoni, utilizzando gli stessi pattern neurali per produrre vocalizzazioni diverse, ma acusticamente simili. Questo sistema consente ai parrocchetti di avere un repertorio vocale ampio e sopratutto adattabile, il che spiega la loro sorprendente capacità di imitazione.

I pappagalli sono in grado di modulare tono e altezza del suono

Successivamente, attraverso sofisticate analisi computazionali, hanno dimostrato che i neuroni dell’AAC aumentavano significativamente la loro attività sia prima che durante la produzione del suono, confermando un ruolo diretto nella preparazione e nella modulazione della voce.

Per verificare che tale attività fosse specificamente motoria e non semplicemente uditiva, hanno condotto esperimenti di playback, riproducendo registrazioni dei suoni prodotti dagli stessi parrocchetti: durante l'ascolto passivo questa area si attivava significativamente meno rispetto alla produzione attiva, confermando che è legata anche all'attivazione motoria.

Un altro aspetto di questo studio è la scoperta di neuroni specificamente sensibili al "pitch" (altezza del suono). I ricercatori hanno anche decodificato il pitch delle vocalizzazioni dei parrocchetti utilizzando semplici modelli lineari basati sull'attività neurale registrata.

Implicazioni e prospettive future

Queste scoperte non solo avvicinano il mondo animale al nostro, rivelando strategie neurali comuni alla base della comunicazione vocale, ma aprono anche nuove prospettive per comprendere e trattare disturbi del linguaggio e della comunicazione nell'essere umano. La similitudine nella strategia neurale utilizzata da parrocchetti e umani potrebbe infatti ispirare nuove tecniche terapeutiche o avanzati sistemi di interfaccia cervello-computer.

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