
L’italiano è una lingua ricchissima, capace di mescolare sapientemente radici classiche, regionalismi e prestiti stranieri. Eppure, nella vita di tutti i giorni, molte parole preziose finiscono dimenticate, schiacciate dalla velocità del digitale, da emoji o abbreviazioni. Termini come scilinguagnolo, rutilante o eristico non sono solo curiosità: racchiudono sfumature e immagini che rendono il nostro parlare più vivido, sfaccettato e divertente.
Riscoprire questi vocaboli significa non solo arricchire il linguaggio, ma anche concedersi un piccolo piacere: fermarsi, osservare il mondo con attenzione e trovare il termine più calzante per descrivere una sensazione, una persona o un avvenimento. Ecco dieci parole italiane meravigliose, oggi poco usate, che meritano di essere riscoperte, termini dalle connotazioni particolari che possono arricchire in modo creativo il nostro modo di esprimerci.
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Scilinguagnolo
Una parola che per come suona sembra uscita da un cartone animato. Anticamente si usava per indicare il frenulo della lingua, quindi la sua parte inferiore. Oggi viene usata in senso metaforico come sinonimo di "parlantina", quindi indica la capacità di avere conversazioni con scioltezza, la tendenza ad attaccare bottone e sommergere l'interlocutore con un mare di parole. Deriva dal sostantivo latino sublinguaneum (letterlamente "sotto la lingua"). È un termine perfetto per descrivere l'attitudine di chi chiacchiera senza freni, con strabordante simpatia ed eccessivo entusiasmo. “Luca ha un vero scilinguagnolo: una volta che parte non lo fermi più”.
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Tracotanza
Un poco medievaleggiante, è un sostantivo che indica l’arroganza spinta dalla presunzione, che arriva alla superbia. Dal nome deriva l'aggettivo "tracotante", che ha il medesimo significato. Viene dal greco thrakōtēs, che significa letteralmente“temerarietà”. Il termine viene usato per definire, in senso dispregiativo, persone che non riescono in alcun modo ad evitare di ostentare la loro presunta superiorità. “La sua tracotanza durante la riunione era insopportabile”.
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Sollazzo
Questo termine, invece, non è troppo desueto ma sicuramente merita un utilizzo più diffuso e maggiore popolarità. Si tratta di un sostantivo che significa leggero appagamento, svago piacevole. L’etimologia rimanda al latino solacium, che vuol dire “conforto, consolazione”. “Dopo una giornata infernale, concedetemi un po’ di sollazzo sul divano!”.
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Guazzabuglio
Anche questo non troppo in disuso, termine perfetto per descrivere in maniera colorita il disordine o il miscuglio confuso di elementi diversi. L’etimologia del termine non è certa, potrebbe essere un'onomatopea derivante dai verbi "guazzare" (letteralmente "agitarsi" riferito a sostanze liquide) e "bollire", ad indicare un movimento caotico e senza criterio. “Il mio cervello stamattina è un guazzabuglio di idee e caffeina”.
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Melenso
Aggettivo estremamente pungente che descrive una persona che manca di acutezza o intelletto, lenta nell’intendere o addirittura insulsa. Non ha un'etimologia certa, però da esso deriva l'avverbio "melensamente" e il sostantivo "melensaggine". “Quel film poteva piacere solo a una persona melensa”.
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Nefando
Aggettivo d’impatto che può trovarsi benissimo in un’opera letteraria classica, una parola teatrale al punto giusto: è un sinonimo di “scellerato, orribile, inenarrabile” se non addirittura in senso estremo “degno di abominio”. Viene dall'aggettivo latino nefandus, “che non deve essere detto”. “È nefanda la cucina di quel ristorante”.
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Rutilante
È un aggettivo che sicuramente si fa notare se usato con criterio: indica qualcosa che brilla di un rosso dorato, come una spada al sole o un tramonto carico di metallo fuso, o anche per descrivere il volto radioso e splendente di una persona. Deriva dal verbo latino rutilare, “risplendere di rosso”. “La città al tramonto era rutilante, sembrava dipinta”.
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Lapalissiano
Molto noto ma spesso sottovalutato, è un aggettivo che indica qualcosa di talmente evidente da essere quasi superfluo e ridicolo da specificare. Deriva dal titolo del celebre Jacques de Chabanne, signore di La Palice, in riferimento ai versi ingenui e un po' scontati che i soldati cantarono per celebrarlo dopo che egli era caduto nella battaglia di Pavia. “Dire che piove quando siamo zuppi è decisamente lapalissiano”.
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Glauco
Se vediamo un colore affascinante, brillante e vario, tra il grigio-blu e il grigio-argento, oppure un giallo tendente al verdastro, possiamo dire che si tratta del glauco. Anche nome proprio maschile poco diffuso, il nome comune glauco deriva dal greco glaukós, “brillante, ceruleo”. “Il mare stamattina aveva un colore glauco da cartolina”.
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Eristico
È un termine preso dal lessico tecnico e specialistico, usato come aggettivo in ambito artistico e filosofico. Ma, a pensarci, può benissimo essere usato nel quotidiano. Indica l’arte della lite fine a sé stessa, quella in cui si discute non per arrivare a una verità ma per il gusto (o il vizio) di contraddire. Deriva, infatti, al greco eris, che vuol dire “contesa”. “Parlare con lui è sempre uno scontro eristico: anche un semplice ‘buongiorno’ può trasformarsi in motivo di discussione.”
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Sesquipedalofobia
E infine, se questa lunga lista di parole ha provocato un po’ di logofobia, allora è interessante anche sesquipedalofobia. Dal latino sesquipedalis “di un piede e mezzo” e phobos “paura”, indica la paura delle parole lunghe, e ovviamente non poteva che essere ironicamente lunga (ma mai quanto l’iconica supercalifragilistichespiralidoso). “Ironico che chi ha la sesquipedalofobia, per dirlo, debba affrontare la sua peggiore paura.”
In fondo, rispolverare parole dimenticate non è un vezzo da linguisti, ma un modo per ricordarci quante possibilità inutilizzate abbiamo già in casa. La lingua cambia, certo, e continuerà a farlo, ma questo non significa rinunciare al suo lato più creativo.