
Se ci troviamo all’aperto, stiamo camminando senza ombrello e improvvisamente inizia a piovere, cosa ci conviene fare? Correre o camminare? Sembra una domanda banale, ma da decenni è al centro di studi scientifici, dibattiti tra fisici e persino test televisivi. Correndo fortissimo riduciamo il tempo trascorso sotto la pioggia, ma rischiamo di bagnarci di più sul davanti e magari anche di finire in una pozzanghera. Camminando, invece, restiamo più a lungo sotto la pioggia, ma l’acqua ci arriverà addosso con minore intensità.
Numerosi studi hanno affrontato il problema, cercando anche di stabilire quale sia la velocità migliore a cui muoversi. L’unico caso in cui la risposta è condivisa quasi da tutti è con il vento alle spalle: se corriamo circa alla stessa velocità del vento, le gocce dietro di noi “non ci raggiungono” e ci bagniamo meno. Negli altri casi, la regola generale è: correre fa bagnare meno, perché si passa meno tempo sotto la pioggia. Ma non serve essere dei centometristi: correre più forte dei 12 km/h non cambia molto quanto ci bagneremo e arriveremo solo più stanchi. Vediamo perché questo problema non è semplice da studiare, cosa ci dice la teoria e cosa hanno osservato quando hanno testato la teoria per davvero.
Perché questo problema è così difficile da studiare
A prima vista, decidere se correre o camminare sotto la pioggia sembra semplice, ma rispondere con precisione è tutt’altro che facile: ci sono molte variabili in gioco ed è proprio per questo che sono decenni che fisici e meteorologi si sfidano a colpi di simulazioni sempre più precise.
Innanzitutto, bisogna considerare che pioggia e vento non sono costanti: durante un acquazzone, l’intensità e la direzione possono cambiare più volte. Poi c’è il rischio di bagnarsi dal basso, finendo in pozzanghere o sollevando schizzi se si corre troppo forte. E più si va veloci, maggiore è anche il rischio di scivolare e inzupparsi i pantaloni.
Un’altra variabile è la forma del corpo: una persona alta e robusta viene colpita da più gocce di una bassa e minuta, ma può fare passi più lunghi e arrivare prima al riparo.
Tutti questi fattori rendono il problema estremamente complesso da simulare. Proprio per questo, dagli anni ’70 la comunità scientifica cerca di individuare una “velocità ideale” per bagnarsi il meno possibile, ma una risposta definitiva, valida in ogni situazione, ancora non c’è. Vediamo gli studi più famosi.
Perché correndo ci si bagna meno: gli studi
Nel 1995, l’Università di Reading studiò un caso molto semplificato, senza vento e con pioggia uniforme, e scoprì che fare uno sprint ai 20 km/h invece di corricchiare a 10,8 km/h riduceva la quantità d’acqua assorbita solo del 10%. Gli autori conclusero che uno sprint può essere utile se la pioggia sta per intensificarsi, ma che in generale conviene correre a velocità moderata, sperando che smetta presto.
Nel 1997 questi risultati vennero migliorati da Peterson e Wallis, due ricercatori del National Climatic Data Center, che introdussero variabili più realistiche come la direzione del vento e l’intensità della pioggia. Dai loro calcoli, la corsa offriva vantaggi maggiori: con pioggia leggera e senza vento, riduceva l’acqua assorbita del 16%, mentre con pioggia battente e vento frontale la riduzione arrivava fino al 44%.
Nel 2012, Franco Bocci, dell’Università di Brescia, sviluppò un modello ancora più preciso, considerando forma del corpo, inclinazione del corridore e velocità del vento. I suoi risultati mostrarono che, in generale, non esiste una velocità ottimale valida per tutti, ma, in assenza di vento o con pioggia controvento, conviene correre più velocemente possibile, mentre con vento alle spalle la velocità ideale dipende dal tipo di corporatura e dall’intensità della pioggia.
Infine, nel 2023, un gruppo di ricerca dell’École des Ponts ParisTech utilizzò dati reali di pioggia e vento, simulando condizioni variabili per venti minuti consecutivi. Anche qui la conclusione fu simile: correre a circa 12 km/h riduce la quantità d’acqua ricevuta nella maggior parte dei casi, con una diminuzione superiore al 50% in più di metà dei casi considerati. Tuttavia, accelerare al massimo e passare a 18 km/h non è necessariamente utile: in molti scenari ci si bagna quasi ugualmente (anzi, a volte addirittura di più), ma si fatica molto di più.
È stato testato realmente: correre è meglio
Il problema non è rimasto confinato alle simulazioni teoriche. È stato testato realmente sia da Peterson e Wallis nello studio del 1997, sia dai conduttori di MythBusters – Miti da sfatare, un programma di divulgazione scientifica trasmesso da Discovery Channel.
Nel loro esperimento, Peterson e Wallis tracciarono un percorso ad anello di 100 metri e, per misurare con precisione quanta acqua venisse assorbita, indossarono abiti identici con due grandi sacchetti di plastica sotto i vestiti. Attesero un giorno di pioggia intensa (15-20 mm/h), pesarono i vestiti asciutti e poi percorsero il tracciato a velocità diverse: 14,4 km/h per il corridore e 5 km/h per il camminatore. Alla fine, pesarono di nuovo i vestiti bagnati: il camminatore aveva raccolto 217 grammi d’acqua, il corridore solo 130 grammi. Una riduzione di circa il 40%, perfettamente in linea con le loro simulazioni.
Un test analogo fu condotto anni dopo dai MythBusters, che indossarono tute identiche sotto una pioggia artificiale molto intensa per confrontare quanto si bagnassero camminando o correndo. Il primo test che fecero sembrò mostrare l’esatto contrario: chi correva risultava più bagnato! Questo risultato, però, fu molto contestato, soprattutto perché la pioggia artificiale non rappresentava condizioni realistiche. Per questo, in un successivo episodio di MythBusters Revisited, gli autori decisero di ripetere il test sotto una pioggia vera. Questa volta il risultato confermò la teoria: correre fa davvero bagnare meno.