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30 Settembre 2025
12:13

Flotilla prosegue verso Gaza, quando potrebbe arrivare nella zona di blocco navale di Israele e cosa rischia

Il tracker che segue la spedizione umanitaria mostra dove si trova la Global Sumud Flotilla nel suo viaggio verso le acque di Gaza per forzare il blocco navale imposto da Israele sulla Striscia nel 2009. Ma cosa prevede il diritto marittimo internazionale a riguardo?

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Flotilla prosegue verso Gaza, quando potrebbe arrivare nella zona di blocco navale di Israele e cosa rischia
navi caio duilio
Credit: Marina Militare

La Global Sumud Flotilla prosegue la sua navigazione attraverso il Mediterraneo con l'obiettivo di forzare il blocco navale imposto da Israele sulle acque antistanti la Striscia di Gaza e portare aiuti umanitari ai gazawi. Mentre la spedizione si avvicina a destinazione, cresce la preoccupazione nei confronti della reazione dello Stato di Israele. Al di là delle considerazioni sulla legittimità del blocco navale, che molte organizzazioni umanitarie e governi hanno denunciato come pretestuoso e ingiustificato, cosa dice il diritto internazionale riguardo a questo strumento?

Quando la Global Sumud Flotilla arriverà nella zona a rischio al largo di Gaza

Le 43 imbarcazioni umanitarie che costituiscono la Flotilla si trovano al momento in acque internazionali, al largo della città di Alessandria d'Egitto. La posizione della flotta è aggiornata in tempo reale grazie a un tracker presente nel sito della Global Sumud Flotilla.

global sumud flotilla tracker
Percorso delle imbarcazioni che costituiscono la Global Sumud Flotilla. In basso a destra è evidenziata in rosso la Striscia di Gaza. Credit: Global Sumud Flotilla

Il possibile arrivo nelle acque sottoposte al blocco navale stabilito da Israele è previsto per giovedì 2 ottobre. Sono molte però le variabili in gioco, sia diplomatiche che legate a eventuali attacchi alle imbarcazioni da parte dello Stato di Israele.

Quando un blocco navale è considerato legittimo: le norme del diritto del mare

La Convenzione ONU sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982 stabilisce i principi fondamentali che valgono in tempo di pace e, con alcune specificità, anche durante i conflitti armati. Secondo la normativa, ogni Stato costiero ha sovranità sulle proprie acque territoriali, che si estendono fino a 12 miglia nautiche dalla linea di base della costa. All’interno di questa fascia, lo Stato può regolare accesso, navigazione e sfruttamento delle risorse. Le navi straniere possono però esercitare il cosiddetto passaggio inoffensivo, cioè attraversare le acque territoriali senza arrecare danni alla sicurezza o all’ordine pubblico dello Stato in questione. Questo diritto però non è illimitato: lo Stato ha la facoltà di sospenderlo se ritiene che vi sia una minaccia alla propria sicurezza, in particolare in tempo di conflitto.

In caso di guerra o conflitto armato si applicano norme specifiche, codificate nel Manuale di Sanremo sul diritto internazionale applicabile ai conflitti armati in mare del 1994. Questo documento, pur non essendo un trattato vincolante, raccoglie e interpreta il diritto consuetudinario e i trattati esistenti. Stando al documento, un blocco navale può essere dichiarato legittimo se rispetta tre condizioni principali. Il primo è la dichiarazione e notifica, ossia deve essere reso pubblico e comunicato a Stati belligeranti e neutrali. Va poi tenuto conto dell'effettività, per cui deve essere concretamente applicato e non solo proclamato (per questo i cosiddetti “paper blockades” non hanno valore legale). Ultimo punto è l'imparzialità, che non prevede discriminazioni tra navi di Paesi diversi. Se queste condizioni sono rispettate, il blocco è considerato vincolante anche per navi civili o di Paesi neutrali.

territori palestina
Il confronto tra i territori palestinesi nel 1947 e nel 1949. Credit:ISPI

Navi civili e ONG: cosa possono e non possono fare

Le navi civili che tentano di violare un blocco navale dichiarato rischiano conseguenze precise. Il Manuale di Sanremo stabilisce infatti che una nave sospettata di violare il blocco può essere fermata, ispezionata e catturata. Se questa rifiuta di fermarsi, può essere attaccata, ma solo dopo avvertimenti chiari e in caso di resistenza attiva. Una volta catturata, la nave è sottoposta a giurisdizione di preda: in pratica, un tribunale speciale dello Stato che ha effettuato il sequestro deciderà se la nave e il suo carico vanno confiscati. Tornando alla situazione specifica della Global Sumud Flotilla, gli organizzatori sanno che entrando nelle acque territoriali israeliane o in quelle gazawi sottoposte al blocco da parte della marina militare di Tel Aviv, possono incorrere nella cattura delle nave, nella confisca del carico e nell’arresto temporaneo degli equipaggi.

I limiti imposti dal diritto internazionale

Il diritto internazionale umanitario prevede però limiti importanti per lo strumento del blocco navale (e terrestre). Le Convenzioni di Ginevra e i loro protocolli aggiuntivi vietano infatti l’uso del blocco come strumento di starvation warfare (la fame come metodo di guerra). È inoltre vietata ogni forma di punizione collettiva della popolazione civile. Questo significa che, anche in presenza di un blocco, deve essere garantito il passaggio di aiuti umanitari essenziali – cibo, medicinali, acqua – purché coordinato con le autorità competenti e sotto supervisione internazionale. Tutti questi limiti sono stati ripetutamente violati quasi ogni giorno da parte delle autorità militari e civili israeliane da quando è iniziata la loro campagna militare a Gaza.

Neutralità e responsabilità degli Stati terzi

Un aspetto poco noto è la posizione degli Stati di bandiera delle navi. Se una flottiglia parte sotto bandiera di un Paese terzo, quel Paese ha la responsabilità di informare i propri cittadini dei rischi legali e di coordinarsi con lo Stato che applica il blocco. Gli Stati neutrali non possono ignorare l’esistenza di un blocco dichiarato: se permettono a proprie navi di violarlo deliberatamente, rischiano quindi di compromettere la propria neutralità e di esporre i propri cittadini a procedimenti giudiziari o a incidenti diplomatici.

Cosa rischia in concreto la Flotilla

Per riassumere, gli equipaggi a bordo delle imbarcazioni che in questi giorni si stanno avvicinando alle acque antistanti la Striscia di Gaza rischiano prima di tutto di essere fermati, interrogati e sottoposti a procedimenti legali da parte delle autorità israeliane. Inoltre, anche se Tel Aviv ha garantito che non accadrà, non è escluso che durante eventuali operazioni di fermo venga impiegata la forza letale da parte della marina israeliana. Nel 2010 le forze speciali israeliane assalirono in acque internazionali la Mavi Marmara e altre cinque imbarcazioni della Freedom Flotilla dirette a Gaza, uccidendo 10 attivisti a bordo. Oltre al rischio per l'incolumità degli equipaggi, è molto probabile che il carico di aiuti umanitari verrà confiscato. Sempre secondo il diritto internazionale, gli eventuali attivisti della Flotilla fermati potranno contestare la legittimità del loro fermo davanti a tribunali internazionali o con strumenti diplomatici.

L'aspettativa di vita a Gaza è crollata nell'ultimo anno
Da mesi Israele impedisce l’accesso dei beni di prima necessità nella Striscia di Gaza. Credit: Jaber Jehad Badwan
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