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Negli ultimi giorni si è osservata una significativa escalation del conflitto armato tra Iran e Israele, con quest’ultima che ha effettuato numerosi raid aerei su obiettivi nucleari strategici iraniani. Tuttavia, tali operazioni non hanno ancora compromesso l’impianto di Fordow, considerato il gioello tecnologico del programma nucleare iraniano. Le caratteristiche tecniche avanzate e la posizione fortificata conferisco a questa struttura un’importanza geopolitica cruciale: secondo numerosi analisti, proprio da questo sito potrebbe essere sviluppato il primo ordigno atomico iraniano. Fordow è stato progettato per garantire una robusta resistenza sia agli eventi sismici, frequenti nella regione, sia a bombardamenti e attacchi missilistici. I laboratori, che ospitano circa 2700 centrifughe a gas impiegate nel processo di arricchimento dell’uranio, sono collocati a novanta metri di profondità all’interno di una montagna, a 160 km dalla capitale Teheran. Attualmente questa struttura è considerata inespugnabile da Israele, e si ritiene che solo gli Stati Uniti dispongano di ordigni con potenza sufficiente a comprometterne l’integrità.
Fordow, una fortezza sotterranea
Fordow rappresenta uno dei siti più strategici e riservati dell’intero programma nucleare iraniano, configurandosi come una fortezza sotterranea protetta. L’impianto è situato a circa 20 km a nord-est di Qom, una delle città più sacre dell’Islam sciita e importante centro di studio religiosi a livello mondiale, nota per ospitare il santuario di Fatima Masumeh. La scelta della localizzazione è stata determinata dalle caratteristiche orografiche della zona montuosa, che la rendono particolarmente adatta a fungere da rifugio protettivo contro attacchi esterni. Il sito è ricavato nella roccia compatta di una montagna alta 960 metri, con tunnel di accesso controllati che conducono alle sale operative, collocate ad una profondità stimata tra gli 80 e i 90 metri sotto la sommità, secondo il Royal United Services Institute (RUSI). In queste aree sono installate e mantenute operative circa 2700 centrifughe a gas utilizzate per l’arricchimento dell’uranio, inclusi i modelli avanzati come le IR-1 e IR-6.

Fordow beneficia di una protezione avanzata grazie all’impiego di un "calcestruzzo speciale" appositamente sviluppato dagli ingeneri iraniani: questo materiale composito, rinforzato con polvere di quarzo e fibre ad alte prestazioni, raggiunge una resistenza alla compressione di circa 30 mila psi (pounds per square inch), nettamente superiore ai 4000 psi del cemento tradizionale. Tale calcestruzzo garantisce non solo un’efficacia protezione sismica in una regione caratterizzata da frequenti eventi tellurici, ma offre una solida resistenza agli attacchi aerei eseguiti con bombe bunker-buster convenzionali. La sicurezza complessiva di Fordow è ulteriormente potenziata dalla combinazione di sistemi di difesa passiva e attiva: alle gallerie blindate si aggiungono barriere fisiche di sicurezza, sorvegliate dalle forze dei Pasdaran, e integrate da misure anti-infiltrazione finalizzare a prevenire accessi non autorizzati.
Storia del sito e dubbi sulle sue reali finalità
L’Iran ha avviato la costruzione segreta dell’impianto di Fordow tra il 2006 e il 2007, successivamente all’annuncio ufficiale della sospensione del proprio programma nucleare militare. La Repubblica Islamica rese pubblica l’esistenza del sito solo nel settembre 2009, a seguito della divulgazione di informazioni di intelligence da parte dei servizi segreti di Stati Uniti, Regno Unito e Francia, che avevano rivelato la realizzazione clandestina di una struttura sotterranea. Situato all’interno di un ex-base militare del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC), l’impianto è entrato in operatività alla fine del 2011. Teheran giustificò la sua funzione come sito dedicato all’arricchimento dell’uranio al 20% per scopi medici, in particolare per la produzione di isotopi. Tuttavia, la comunità internazionale iniziò a sollevare sospetti riguardo a un possibile utilizzo militare, ritenendo che le dimensioni relativamente contenute potessero indicare un potenziale sviluppo di armi nucleari, mettendo in discussione le dichiarazioni ufficiali delle sue reali finalità.
Il 14 luglio 2015 l’Iran sottoscrisse con l’Unione Europea e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Francia, Russia, Regno Unito, Cina e Stati Uniti) il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), un accordo formale riguardante lo sviluppo del suo programma nucleare. Tra le disposizioni previste, il governo iraniano si impegnò a sospendere le attività presso l’impianto di Fordow per un periodo di 15 anni, limitando il livello di arricchimento dell’uranio al 3.67%. Tuttavia, a seguito del ritiro unilatera degli Stati Uniti dall’intesa nel 2015, Teheran decise di rimettere in operatività il sito.
Nel 2023, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) rilevò la presenza di particelle di uranio arricchito all’83.7%, valore prossimo alla soglia del 90% necessaria per la produzione di ordigni atomici. In risposta, il governo iraniano attribuì tali misurazioni a “fluttuazioni involontarie” nel processo di arricchimento, sottolineando la necessità di ulteriori approfondimenti. Contestualmente, l’AIEA segnalò che l’Iran avesse incrementato le proprie scorte di uranio arricchito fino a 18 volte il limite stabilito dal JCPOA, raggiungendo circa 3760 kg a febbraio 2023. L’ultimo rapporto dell’Agenzia documenta un livello di arricchimento attuale prossimo al 60%, sufficiente con ulteriori sviluppi, a produrre fino a nove ordigni nucleari.
Fordow, inespugnabile per Israele ma non per gli USA
L’ambasciatore israeliano presso gli Stati Uniti ha dichiarato esplicitamente che l’operazione “Rising Lion” proseguirà fino alla completa neutralizzazione dell’impianto di Fordow. Tuttavia, attualmente Israele non dispone di tecnologie belliche in grado di scalfire efficacemente la struttura. Le bombe GBU-31 e GBU-32 da 2268 kg, impiegate recentemente dall’esercito israeliano negli attacchi al sito nucleare di Natanz, hanno una capacità di penetrazione massima di circa 6 metri, risultando inadeguati per raggiungere le sale operative principali di Fordow e superare la protezione naturale offerta dalla montagna.

La GBU-57A/B Massive Ordnance Penetrator (MOP) è un ordigno bunker-buster statunitense del peso di circa 14 mila kg e lunga 6 metri, progettato specificamente per neutralizzare bersagli a profondità elevate. È in grado di penetrare fino a circa 60 metri di cemento armato o roccia prima di detonare, rendendola l’unica arma convenzionale in grado di colpire strutture come l’impianto di Fordow. A causa delle sue dimensioni, la MOP può essere trasportata esclusivamente dai bombardieri statunitensi stealth B-2 Spirit, velivoli caratterizzati da capacità di elusione radar e con costo stimato intorno ai 2 miliardi di euro ciascuno. Anche in ipotesi di un coinvolgimento degli Stati Uniti con l’impiego di questa componentistica bellica, sarebbe necessario un lancio multiplo, con almeno due GBU-57A/B sganciate in rapida successione, per assicurare la distruzione delle strutture più profonde e fortificate del sito.