
“Mostro di Firenze”, è l'appellativo usato dai giornali per intendere l’autore di otto (o sette, secondo un’altra ipotesi) duplici omicidi avvenuti nei pressi del capoluogo toscano tra il 1968 e il 1985. Le vittime erano coppie che si erano appartate in auto per consumare rapporti sessuali (solo in un caso si trovavano in una tenda) o persone che furono scambiate per tali dal mostro. Sebbene gli omicidi fossero compiuti a colpi di pistola, l’assassino si accaniva sui cadaveri anche con un coltello, talvolta mutilando i cadaveri delle vittime di sesso femminile e asportandone alcune parti. Le indagini e i processi non hanno consentito di appurare la verità sui delitti: il principale indiziato, Pietro Pacciani, condannato in primo grado e assolto in appello, morì mentre era in attesa di un nuovo processo; due suoi “compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, furono condannati in via definitiva, ma riconosciuti colpevoli di soli quattro duplici omicidi.
I delitti del mostro di Firenze
Gli omicidi attribuiti al cosiddetto mostro di Firenze sono 16. Più precisamente, si tratta di otto duplici omicidi compiuti tra il 1968 e il 1985 nelle campagne circostanti il capoluogo della Toscana. Le vittime erano coppie che si erano appartate in luoghi isolati per poter stare in intimità. Tutti gli omicidi furono compiuti con una pistola Beretta calibro 22, ma le vittime furono colpite anche con un coltello. In alcuni casi, i cadaveri subirono mutilazioni, con particolare accanimento sui seni e sul pube delle donne.

Non è noto quanti fossero gli assassini: nonostante l’espressione “mostro di Firenze”, ormai entrata nell’uso comune, lasci immaginare si trattasse di un uomo solo, dai processi è emerso come gli autori dei delitti, almeno in alcuni casi, fossero più di uno.
L’elenco degli omicidi e i luoghi colpiti
21 agosto 1968, Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, di 29 e 32 anni, assassinati in una stradina nel comune di Lastra a Signa, mentre si erano appartati in un’automobile per consumare un rapporto sessuale. I due erano amanti segreti, poiché Barbara era sposata con un altro uomo, Stefano Mele. Insieme alla coppia, al momento dell’omicidio si trovava in auto il figlio di Barbara, Natalino Mele, un bambino di sei anni che dormiva sul sedile posteriore. L’assassino non colpì Natalino, che poté perciò uscire e chiamare i soccorsi (secondo una ipotesi non dimostrata, fu accompagnato proprio dall’assassino). Non è certo che il delitto sia da attribuire al mostro di Firenze, cioè alle stesse persone che hanno compiuto gli omicidi successivi. La magistratura individuò il colpevole in Stefano Mele e lo condannò a 14 anni di carcere.
14 settembre 1974, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, rispettivamente di 19 e 18 anni, uccisi nella località Fontanine di Rabatta, nella frazione di Sagginale, in comune di Borgo San Lorenzo. Dopo aver sparato a Pasquale, l’assassino trascinò Stefania fuori dall’auto e la uccise colpendola decine di coltellate. In seguito, penetrò la vagina della donna con un tralcio di vite, per poi accanirsi con il coltello anche sul corpo di Pasquale.

6 giugno 1981, Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio, di 30 e 21 anni, uccisi a Mosciano di Scandicci. Dopo l’omicidio, l’assassino mutilò il corpo di Carmela, asportando il pube con il coltello.
22 ottobre 1981, Stefano Baldi e Susanna Cambi, di 26 e 24 anni, assassinati a Travalle di Calenzano. La coppia avrebbe dovuto sposarsi dopo pochi mesi. Anche in questo caso, il corpo della donna subì mutilazioni dopo la morte.
19 giugno 1982, Paolo Mainardi e Antonella Migliorini, di 22 e 21 anni, uccisi a Baccaiano di Montespertoli. Paolo riuscì a sopravvivere agli spari e a mettere in moto l’auto, ma non riuscì a fuggire. Morì dopo essere stato trasportato in ospedale. Antonella fu invece uccisa sul colpo, ma l'assassino non poté accanirsi sul cadavere.
9 settembre 1983, Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch, due giovani tedeschi di 24 anni, entrambi di sesso maschile, che si trovavano a bordo di un furgone in località Giogoli, in comune di Scandicci. Probabilmente furono uccisi perché scambiati per una coppia che si era appartata. I cadaveri non subirono mutilazioni.

29 luglio 1984, Claudio Stefanacci e Pia Rontini, uccisi nelle campagne presso il paese di Vicchio. Il corpo di Pia fu mutilato del pube e del seno sinistro e anche il cadavere di Claudio fu colpito con varie coltellate.
8 settembre 1985, Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, due giovani francesi di 25 e 36 anni, assassinati in località Scopeti, nella campagna presso San Casciano in Val di Pesa. I due si trovavano in una tenda (fu l’unico omicidio non commesso mentre la coppia era in auto) quando furono sorpresi dall’assassino. Il cadavere di Nadine fu mutilato.
Le indagini: dalla pista sarda a Pietro Pacciani
Le indagini si rivelarono subito difficili, anche perché l’uomo condannato per il delitto del 1968, Stefano Mele, si trovava in carcere quando furono compiuti gli altri omicidi. In un primo momento, le indagini si concentrarono su alcuni uomini menzionati da Mele nel processo per l’omicidio del 1968, tutti originari della Sardegna, per cui i giornali parlarono di pista sarda. L’ipotesi, però, non produsse risultati concreti. Nel 1984, mentre l’apprensione aumentava in tutta la Toscana, la procura di Firenze costituì una "squadra antimostro" per coordinare le indagini. La vicenda, però, ebbe una svolta solo negli anni ’90, diversi anni dopo l’ultimo omicidio. Nel 1991 la squadra iniziò a indagare su Pietro Pacciani, un uomo coinvolto in vicende di estremo degrado: nel 1951, quando aveva 26 anni, aveva assassinato un uomo trovato in atteggiamenti intimi con la sua fidanzata, poi costretta ad avere un rapporto sessuale in presenza del cadavere, ed era stato condannato a otto anni di carcere; successivamente, aveva usato ripetutamente violenza contro la moglie e aveva persino violentato le sue due figlie, venendo per questo incarcerato dal 1987 al 1991.

I processi e le condanne: Pacciani e i compagni di merende
Pacciani fu processato dalla corte di assise di Firenze nel 1993 e riconosciuto colpevole di sette duplici omicidi (fu assolto per il delitto del 1968), ma il processo non segnò la fine della vicenda giudiziaria: nel marzo 1996 la Corte di appello assolse Pacciani da tutte le accuse; pochi mesi più tardi, la Corte di cassazione annullò l’assoluzione, ordinando un nuovo processo, che però non fu celebrato perché nel febbraio del 1998, prima che il dibattimento iniziasse, Pacciani morì. Il suo ruolo negli omicidi non è mai stato chiarito in via definitiva.
Oltre al processo contro Pacciani, tra il 1996 e il 2000 è stato celebrato il processo ai cosiddetti compagni di merende, cioè uomini che avrebbero partecipato ai delitti. Due “compagni”, Mario Vanni e il reo confesso Giancarlo Lotti, furono condannati, dopo tre gradi di giudizio, per quattro dei duplici omicidi. Altri presunti "compagni" furono assolti.

Gli ultimi sviluppi del caso
La verità sui delitti del mostro di Firenze non è ancora stata appurata. Non è stato accertato, tra l’altro, il movente che spieghi tutti gli omicidi, non essendo sufficiente l’ipotesi della perversione sessuale. Tra le possibilità esaminate dagli inquirenti, una delle più note è quella secondo la quale i delitti furono compiuti su commissione: sarebbero stati ordinati da membri di una setta esoterica, interessati a usare le parti asportate dai corpi delle donne nell’ambito dei lori rituali. L’ipotesi non è mai stata provata con certezza.
Del resto, nel corso degli anni, magistrati, giornalisti e appassionati di misteri hanno proposto numerose teorie alternative, come quella secondo la quale il mostro sarebbe un ex poliziotto o un medico, e quella secondo la quale i delitti sarebbero stati compiuti da persone diverse. Nessuna teoria è stato provata.
In diverse occasioni, anche in tempi recenti, sono emersi nuovi elementi. Per esempio, più volte sono state rinvenute tracce organiche nei luoghi dei delitti o su oggetti collegati alla vicenda; nel 2025 si è scoperto che Natalino Mele, il bambino risparmiato nel primo delitto, non è figlio biologico di Stefano Mele, ma di uno degli uomini indagati nell’ambito della pista sarda, Giovanni Vinci. Inoltre, nel corso degli anni sono morte in maniera sospetta alcune persone collegate a Pacciani, ai compagni di merende o alle indagini.
In sostanza, i delitti del mostro di Firenze continuano a essere avvolti dal mistero.