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Il triangolo delle Bermuda esiste davvero?

Facciamo chiarezza su una delle leggende metropolitane più famose di sempre: vediamo insieme da dove nasce il mito del triangolo delle Bermuda, se è tutta una bufala o se invece c’è un fondo di verità scientifica in questa storia. Il cosiddetto "triangolo maledetto" esiste davvero? E qual è la spiegazione scientifica di tante leggende metropolitane?

5 Dicembre 2021
18:30
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Il triangolo delle Bermuda esiste davvero?
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Il triangolo delle Bermuda è una vasta zona di mare, di oltre un milione di km², racchiusa tra tre punti geografici. Il suo vertice Nord è rappresentato da Bermuda, la principale isola dell'arcipelago delle Bermuda il vertice Sud dal punto più orientale dell'isola di Porto Rico, nei Caraibi e il vertice Ovest dal punto più meridionale della penisola della Florida, negli Stati Uniti. A partire dagli anni ‘50 è diventato famoso nella cultura popolare come “triangolo maledetto" per via dei numerosi episodi di sparizioni di navi e aeroplani avvenuti negli ultimi 200 anni. Un caso in particolare diede il via al mito vero e proprio: quello del “Volo 19”, un gruppo di cinque aerei bombardieri della Marina statunitense scomparsi il 5 dicembre 1945 durante una semplice esercitazione. Dal momento che non fu possibile risalire con certezza alle cause dell’incidente (molto probabilmente una serie di errori di orientamento dell’istruttore in capo), alcuni pseudo-giornalisti ne approfittarono per formulare delle ipotesi soprannaturali per le sparizioni, con il termine di “Bermuda Triangle" che apparve per la prima volta in un articolo di una rivista pulp nel febbraio del 1964.

Ma perché navi e aerei spariscono proprio in questa zona?

Siamo in un’area dell’oceano Atlantico caratterizzata da eventi meteorologici piuttosto estremi: qui è dove nascono gli uragani, che poi si abbattono sulle isole dei Caraibi e sulle coste meridionali degli Stati Uniti con conseguenze spesso disastrose. La Corrente del Golfo, che come sapete passa proprio in questa porzione di oceano, è tra le principali cause di queste perturbazioni dal momento che è proprio l’alta temperatura dell'acqua in superficie, superiore ai 26° C, a permettere l'elevazione di vaste masse d'aria calda che poi generano gli uragani. Per questo motivo è molto facile imbattersi in tempeste in mare aperto, con onde che possono raggiungere decine di metri di altezza. A questa componente scientifica dobbiamo aggiungerne una storica: questa parte dell’oceano, dalla scoperta dell’America in poi, è sempre stata molto trafficata. Di navi merci soprattutto, ma anche di voli commerciali dall’Europa che, sessant'anni fa, erano una novità non poco pericolosa. Richiedevano infatti una sosta di rifornimento alle Azzorre, al largo del Portogallo, prima di un volo di oltre 3 mila chilometri per le isole Bermuda, a quel tempo il volo commerciale d'oltremare non-stop più lungo del mondo. Gli aerei dell’epoca operavano perciò spesso al limite del loro raggio d'azione, con il rischio, in caso di condizioni particolarmente avverse, di trovarsi senza carburante con la terraferma ancora lontana. Cosa che ovviamente oggi non succede, dato che gli aerei diretti verso Bermuda hanno una riserva di carburante sufficiente per cambiare rotta in caso di emergenza, e raggiungere così la costa orientale degli Stati Uniti distante circa 1100 chilometri.

Tutto questo serve a spiegare il perché dei numerosi incidenti avvenuti nel corso della storia, ma non basta a giustificare la reputazione di “triangolo maledetto”. Numeri alla mano, l’area del triangolo delle Bermuda è pericolosa tanto quanto quelle del resto del mondo, per un semplice discorso di proporzioni del fenomeno. Più navi e aerei passano in questa area, maggiore è il numero storico di incidenti. Anzi al giorno d’oggi, con il numero di incidenti in mare in drastico calo, si può affermare a tutti gli effetti che il triangolo delle Bermuda non esiste più. Pensate che uno studio del 2013 condotto dal WWF sulle aree marittime più pericolose al mondo, non lo ha inserito neanche tra le prime 10. Il Mediterraneo orientale, o addirittura il Mar Nero, sono ritenuti più pericolosi, perché oggi uno dei fattori determinanti è rappresentato dalle regole di sicurezza nell’ambito della navigazione, che possono variare non poco da un paese all’altro.

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