
Nella storia dello sport ci sono imprese che vanno oltre le vittorie, oltre i trofei e le classifiche. Sono quelle che rimangono scolpite nella memoria collettiva perché raccontano la forza di volontà e il coraggio umano più che i numeri di una gara. Una di queste è senza dubbio l’impresa di Fiorenzo Magni al Giro d’Italia del 1956, quando il ciclista toscano nativo di Prato corse con una clavicola e un omero fratturati, inventandosi un modo incredibile per riuscire a portare a termine la corsa.
Magni, già tre volte vincitore della "Corsa Rosa" (1948, 1951 e 1955), si presentava al via del Giro d'Italia del 1956 come uno dei grandi favoriti, dietro al duo iconico Coppi-Bartali. Aveva 35 anni, tanta esperienza e ancora la voglia di lottare con i più giovani. Ma dopo poche tappe, in particolare nella dodicesima tappa Grosseto-Livorno, una caduta nella discesa di Volterra mise tutto in discussione: clavicola fratturata e dolori lancinanti. Per qualsiasi altro corridore sarebbe stata la fine della corsa, ma non per Magni.
Decise di continuare lo stesso, con un trucco che è rimasto nella leggenda: fece legare dal suo meccanico Faliero Masi, una camera d’aria al manubrio e se la mise in bocca. Stringendola con i denti, riusciva a ridurre la pressione sulla spalla fratturata e a controllare la bici. Una soluzione geniale e disperata allo stesso tempo, che oggi sembra quasi impossibile da immaginare. Come se non bastasse, pochi giorni dopo, nella tappa di Modena-Rapallo, Magni cadde di nuovo. Questa volta si fratturò anche l’omero. Un colpo che avrebbe convinto chiunque a fermarsi definitivamente. Lui no: addirittura, si racconta che mentre era in barella dentro l’ambulanza, ordinò di essere lasciato scendere per tornare in sella e inseguire il gruppo. Una scena che appartiene più al mito che allo sport.
Il “terzo uomo” che sfidò due leggende: la storia di Fiorenzo Magni
Fiorenzo Magni – prima ciclista e in seguito imprenditore e dirigente sportivo – nasce a Vaiano, in provincia di Prato, nel 1920. All'età di 4 anni, Magni rischia di non poter più pedalare a causa di un foruncolo al piede che presto lo porta ad essere operato a Firenze. Anni dopo, Fiorenzo scoprirà che proprio il piede operato spingeva sui pedali più velocemente dell'altro. Magni vince e anche tanto nell'arco della sua carriera ciclistica, dove ricorrerà spesso il numero tre. Infatti, dal 1940 al 1956 (anno in cui si ritira), Magni vinse 3 Giri d’Italia (1948, 1951, 1955), 3 titoli tricolori, 3 Giri del Piemonte e 3 Trofei Baracchi ma vinse anche altre corse come il Giro di Romagna e il Giro di Toscana, collezionando in totale 81 vittorie. Tra le altre cose, con la vittoria della "Corsa Rosa" del 1955, Magni stabilì un record che ancora oggi resiste, ovvero quello di vincitore più anziano del Giro d'Italia all'età di 35 anni.
Magni non fu solo uomo da grandi Giri. Nel 1949, 1950 e 1951 vinse consecutivamente il Giro delle Fiandre, un primato che ancora oggi nessun ciclista italiano è riuscito a scalfire. Quell’impresa gli valse il soprannome di “Leone delle Fiandre” proprio per la sua tenacia e la capacità di trovare le forze quando gli altri corridori erano stremati. Da ragazzo, magro e alto, era anche chiamato affettuosamente “Cipressino”.
Il ciclismo italiano di quegli anni era monopolizzato da due icone leggendarie: Fausto Coppi e Gino Bartali. Nonostante ciò, Magni riuscì comunque a ritagliarsi uno spazio tutto suo, lontano dai riflettori e soprattutto capace di interrompere il dominio dei due giganti. Proprio per questo fu definito il “terzo uomo”.
Una clavicola fratturata, una camera d’aria e tanta tenacia: il capolavoro di Magni al Giro d'Italia del 1956
L’ultima edizione del Giro d’Italia a cui Magni partecipò nel 1956, è diventata una delle storie più incredibili di tutto il ciclismo. Sarà anche la sua ultima stagione da ciclista come lui stesso affermò agli albori di quell'anno. Durante la dodicesima tappa del giro di quell'edizione, in particolare la tappa da Grosseto-Livorno del 29 maggio, scendendo da Volterra, Magni cade e batte la spalla sinistra sull'asfalto, si rialza e conclude la tappa ma alla fine viene portato in ospedale dove i medici gli diagnosticano la frattura della clavicola. Nonostante i medici gli dicano che il braccio deve essere ingessato, Magni vuole proseguire il Giro.
Per proteggere la spalla, ricopre il manubrio di gommapiuma e parte per la cronometro successiva. Nonostante il dolore, continua tappa dopo tappa. Arriva la cronoscalata di Bologna-San Luca e qui Magni non riesce a fare leva sul manubrio, necessario per spingere sui pedali. Il suo meccanico, Faliero Masi, prende una camera d’aria, la lega al manubrio e Magni la stringe con i denti. In questo modo riesce a completare anche la salita più difficile della cronometro.
Il giorno successivo, nella tappa Modena-Rapallo, Magni cade di nuovo. Questa volta si frattura anche l’omero. Il dolore è talmente forte che sviene. È sull’ambulanza diretta all’ospedale quando riprende conoscenza: ordina all’autista di fermarsi, scende e torna in bicicletta all’inseguimento del gruppo. La tappa da Merano al Monte Bondone è una delle più dure non solo per Magni ma per tutti i ciclisti in un percorso tra bufera di neve, freddo intenso, strade scivolose. Molti dei favoriti si ritirano, ma Magni non molla. Arriva in vetta, conquistando il secondo posto in classifica generale, posizione che manterrà fino all'arrivo a Milano.
Anche se il Giro del 1956 vide trionfare il lussemburghese Charly Gaul, l’impresa di Magni rimase per sempre negli annali dello sport, esempio immortale di determinazione e coraggio.