0 risultati
video suggerito
video suggerito
19 Settembre 2025
17:11

Nepal e proteste della Gen Z: l’accesso ai social dovrebbe essere un nuovo diritto?

Le proteste della Gen Z in Nepal dopo il blocco dei social media da parte del governo hanno aperto un dibattito: il diritto di accesso ai social network può essere considerato come un diritto fondamentale? E il loro blocco una limitazione della libertà di espressione?

163 condivisioni
Nepal e proteste della Gen Z: l’accesso ai social dovrebbe essere un nuovo diritto?
Immagine
Una giovane nepalese durante le proteste contro il governo. Credit: Himanshu Mittal

I giovani di oggi? “Sempre svogliati, troppo fragili per sopportare il peso di questo mondo e poco disposti a lottare per i propri diritti”. O forse no? Le proteste della Generazione Z in Nepal, forse la prima grande rivoluzione giovanile del XXI secolo, hanno posto l'attenzione su un tema finora poco dibattuto: il libero accesso ai social media può essere considerato un diritto fondamentale?

Lo scorso 8 settembre i giovani nepalesi sono insorti dopo che il governo ha introdotto il blocco di 26 social network (tra cui Facebook, Instagram e You Tube), giustificandola come una misura per limitare l'accesso alle fake news e ai messaggi d'odio. La decisione di Katmandu, infatti, è stata percepita come una forte limitazione della libertà di espressione all'interno di un Paese già instabile dal punto di vista geopolitico da diversi anni.

La rivoluzione della Gen Z è culminata con i palazzi del potere presi d'assalto e incendiati e le successive dimissioni del primo ministro. A questo punto verrebbe spontaneo chiedersi: e tutto questo è successo per dei social network? Ma al giorno d'oggi i social media non sono più dei semplici archivi di contenuti: sono invece diventati dei luoghi digitali di partecipazione politica, nonché delle piattaforme dove costruire una cultura condivisa.

L'accesso ai social può essere considerato un nuovo diritto? Le opinioni (contrastanti) degli esperti

C'è da dire, comunque, che almeno per il momento questo tema non è ancora entrato nel dibattito pubblico, almeno non in quello europeo, probabilmente per una questione di lontananza geografica: ma se questa Gen Z revolution fosse avvenuta in un Paese più vicino, magari più conosciuto rispetto al Nepal, avremmo iniziato a parlare di social media come strumento essenziale per la propria libertà d'espressione?

Chiaramente, a nessuna di questa domanda esiste una risposta univoca e uguale per tutti: quello che è successo in Nepal, però, ha aperto diversi spunti di riflessione su diritti e mondo digitale.

Esiste già il diritto alla connessione, riconosciuto come fondamentale nel 2012 in una Risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite approvata all’unanimità. Le risoluzioni del Consiglio, però, non hanno carattere vincolante e, tra l'altro, esistono delle differenze importanti tra il diritto di accesso a internet e il diritto a utilizzare liberamente i social media.

In Nepal, ad esempio, non era stato limitato completamente l'accesso alla rete, ma il governo aveva semplicemente bloccato l'utilizzo di alcune piattaforme social. Così facendo, però, si è andato a ledere il nucleo essenziale del diritto alla connessione, ossia gli elementi fondamentali e irrinunciabili che definiscono l'identità stessa del diritto: la possibilità di utilizzare internet per comunicare con il resto del mondo.

Da qui lo spunto di riflessione: il diritto alla connessione dovrebbe essere esteso per introdurre anche un diritto più ampio ai social media?

In questo caso gli analisti si dividono in due categorie: da un lato, c'è chi sostiene che un diritto ai social media non possa essere considerato come un diritto fondamentale, ma al limite come un privilegio o un vantaggio tecnologico, dato che non tutte le popolazioni ne possono disporre liberamente ogni giorno.

Dall'altro, invece, c'è chi evidenzia come i social media siano diventati il luogo per eccellenza della libertà di espressione, dell'accesso alle informazioni e del contatto con le altre persone. Senza accesso, gli individui sono di fatto esclusi dalla sfera pubblica digitale e, di conseguenza, vengono privati del godimento pratico di alcuni diritti fondamentali. In questo caso, quindi, i social non sono più considerati come un mero vantaggio tecnologico, ma anche come una condizione necessaria per la messa in pratica dei propri diritti.

I social media come luogo di partecipazione politica e creazione di cultura condivisa

In effetti, se ci pensiamo, il mondo è profondamente cambiato da quando nel 1997 fu lanciato il primo social network, Six Degrees: le piattaforme social oggi si sono evolute e sono diventate un modo per comunicare ma anche per creare una cultura condivisa.

Basti pensare al caso della bandiera del celebre anime One Piece, che abbiamo visto anche durante le proteste in Nepal: questo teschio è apparso per la prima volta in Indonesia, durante le proteste dello scorso luglio contro alcune imposizioni del governo, ma il suo utilizzo si è rapidamente diffuso a livello globale, arrivando fino alla rivoluzione del Nepal e alle proteste in Francia delle ultime settimane. Insomma, grazie alle immagini diffuse sui social, è diventato un simbolo culturale globale per indicare la ribellione della Gen Z contro il governo.

proteste-nepal-bandiera-one-piece
L’immagine della bandiera di One Piece attaccata sul cancello del palazzo presidenziale in Nepal. Credit: Vidsthatgohard, via X.

Allo stesso modo, questa rivoluzione della Gen Z è stata portata avanti ricorrendo anche a un linguaggio tipico della cultura pop, con l'utilizzo di espressioni come "Nepo Baby", usata per indicare con disprezzo i "figli del nepotismo", raccomandati in quanto figli dei potenti. Tutto questo avviene, a maggior ragione, in un Paese come il Nepal, dove gli under 40 rappresentano circa il 40% della popolazione totale, che sfiora i 30 milioni.

Da non dimenticare, poi, che i social media sono anche luogo dove fare attivismo politico: subito dopo il blocco imposto dal governo, i giovani hanno iniziato a utilizzare la piattaforma di giochi Discord per poter comunicare tra di loro, prima organizzando le proteste e, poi, per esprimere la propria opinione sul nuovo primo ministro ad interim. La scelta della Gen Z è ricaduta sull'ex presidente della Corte Suprema, Sushila Karki, che qualche ora dopo è stata effettivamente nominata a capo dell'esecutivo per i prossimi 6 mesi, a dimostrazione dell'importanza dei social media per la partecipazione politica di un Paese.

Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views