
Le celle che costituiscono i nidi di insetti, come api e vespe, presentano forme perfettamente regolari: sono tutte identiche e di configurazione esagonale. Questa caratteristica non è frutto del caso, ma rappresenta una strategia geometrica ottimale. Generalmente, i nidi delle vespe sono di forma sferica, divisi in strutture chiamate favi e costruiti usando pasta di legno masticata e saliva, che conferisce loro una consistenza e un aspetto simili a quelli della carta.
La differenza principale tra un alveare e un nido di vespe è data dal materiale con cui vengono realizzati: mentre gli alveari sono fatti di cera e hanno la forma tipica del calice rovesciato, i vespai hanno forma sferica e sono realizzati con un materiale che ricorda il cartone.
Com’è fatto un nido di vespe
Nonostante le vespe siano insetti sociali, al pari delle api che costruiscono il loro nido con la cera, esse utilizzano un materiale simile al cartone, ottenuto mescolando fibre di legno con saliva e resina. A seconda delle specie di vespe, i nidi possono trovarsi in luoghi protetti e poco disturbati, quindi alcuni dei posti più comuni includono: sottotetti e grondaie, intercapedini, rami e cespugli, ma anche mobili da giardino e barbecue.
Prendendo in esame, ad esempio, il nido della Vespa velutina (nota anche come calabrone asiatico o calabrone dalle zampe gialle), una specie invasiva originaria del Sud-Est asiatico e introdotta in Europa nel 2004, si può osservare una struttura complessa: lo strato più esterno del nido è costituito da numerosi “fogli” sovrapposti, che formano una barriera spessa e resistente, in grado di proteggerle sia dai predatori sia dalle variazioni di temperatura, fungendo così da vero e proprio isolante. Le cellette interne sono organizzate in strutture chiamate favi, disposte su più livelli e collegate tra loro mediante piccoli pilastri, anch'essi realizzati con lo stesso materiale cartaceo.

Come hanno imparato le vespe a costruire un nido così complesso
La struttura dei nidi è estremamente complessa e racchiude in sé una strategia geometrica ottimale, frutto di un’efficace organizzazione naturale. La matematica che applicano le vespe non è quella che apprendiamo sui banchi di scuola, ma si basa su principi essenziali per la loro sopravvivenza. Studi scientifici hanno dimostrato che le vespe possiedono la capacità di riconoscere e rispondere a concetti numerici basilari, come contare oggetti o orientarsi nello spazio. Si tratta di abilità innate, che permettono loro di prendere decisioni basate sulla quantità e di adattarsi alle sfide del loro ambiente. Nel caso delle cellette del nido, la scelta della forma esagonale non è frutto del caso. Pur non avendo una consapevolezza astratta di cosa sia un esagono, l’evoluzione ha selezionato questa soluzione perché rappresenta la configurazione più efficiente in termini di risparmio energetico e protezione della prole.

Perché api e vespe utilizzano la forma esagonale
L’esagono possiede una proprietà unica: è la forma che permette di coprire il massimo spazio senza lasciare vuoti. Anche quadrati e triangoli possono ottenere lo stesso risultato, ma l’esagono ha un vantaggio fondamentale: consente di racchiudere la stessa area con un perimetro inferiore. Facciamo un esempio pratico. Supponiamo di dover coprire 1 m² di superficie:
- Se usassimo un quadrato, ciascun lato misurerebbe 1 m, con un perimetro totale di 4 m
- Se invece utilizzassimo un esagono, ogni lato sarebbe lungo circa 0.62 m, e il perimetro totale sarebbe di circa 3.72 m, inferiore rispetto a quello del quadrato
Questo significa che, per costruire il nido, le vespe o le api impiegano meno materiale ed energia, massimizzando l’efficienza della struttura. Inoltre, i favi sono disposti in modo simmetrico, impilati e collegati tra loro da pilastri strategici. Alla base di questa costruzione c’è un concetto essenziale, che utilizziamo anche nella nostra vita quotidiana: l’equilibrio, che dipende dal baricentro. Nel nido, tutti i piani sono a forma di disco, una configurazione che consente di distribuire il peso in maniera uniforme. Inoltre, la disposizione strategica delle colonne conferisce maggiore stabilità all’intera struttura. Questa organizzazione offre due grandi vantaggi:
- Una distribuzione ottimale del peso, che protegge il nido da fattori esterni come vento e pioggia, evitando il collasso della struttura
- Una maggiore resistenza e flessibilità, permettendo di espandere la colonia aggiungendo nuove celle senza compromettere la stabilità del nido
Come riescono a unire celle grandi e celle piccole senza interrompere lo schema
La disposizione delle celle presenta una sfida geometrica legata alla tassellatura: non tutte le celle hanno la stessa dimensione. Quelle più piccole ospitano le vespe operaie, mentre quelle più grandi sono destinate ai maschi e alle future regine. Sorge quindi il problema di dover combinare esagoni di dimensioni diverse senza creare spazi vuoti. Per risolverlo, le vespe adottano un accorgimento ingegnoso: quando necessario, costruiscono coppie di celle con forme leggermente diverse, ad esempio una con cinque lati e l’altra con sette. In questo modo, si colma il divario tra le celle di dimensioni differenti, mantenendo comunque lo schema regolare.

Questo stratagemma garantisce che ogni coppia di celle abbia lo stesso numero di lati aperti – ovvero non a contatto con altre celle – rispetto a una coppia di esagoni tradizionali. Il modello, quindi, non si interrompe ma si riadatta per accogliere celle più grandi. Se invece si cercasse semplicemente di inserire esagoni più ampi, la struttura perderebbe la sua coerenza geometrica e potrebbero formarsi spazi vuoti, compromettendo l’efficienza del nido.
Quanto vive una vespa? Il ciclo di vita
Ciò che permette alle vespe di costruire una struttura così complessa è la loro straordinaria organizzazione sociale, nota come eusocialità. A capo della colonia vi è la regina che, dopo essere stata fecondata e sopravvissuta all’inverno, inizia da sola la costruzione del nido primario, di dimensioni simili a una pallina da tennis. Qui depone le prime uova, dalle quali nasceranno le operaie sterili. Queste hanno un unico compito: completare il lavoro della madre e ampliare il nido.

A questo punto, la colonia può seguire due strategie: costruire un nido secondario più grande o espandere quello esistente. In entrambi i casi, la regina si dedicherà esclusivamente alla deposizione delle uova, mentre saranno le operaie a occuparsi della crescita della struttura. Verso settembre compaiono i primi maschi e le nuove regine fertili, che si accoppieranno per fondare nuove colonie. Con l’arrivo del freddo, il nido inizia a svuotarsi: le giovani regine cercano un rifugio per l’inverno, mentre la vecchia regina, le operaie e i maschi muoiono. Il ciclo si conclude con l’arrivo del gelo e riprende ogni primavera, garantendo così la sopravvivenza della specie.