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15 Luglio 2024
14:59

Perché i robot umanoidi ci fanno impressione? Ecco cos’è la “Uncanny Valley”

La cosiddetta "Uncanny Valley" (in italiano "valle misteriosa" "valle perturbante") descrive il disagio che proviamo quando osserviamo robot o oggetti simili all'uomo che appaiono quasi realistici, ma non del tutto, causando una repulsione emotiva. Il fenomeno fu identificato per la prima volta dal robottista giapponese Masahiro Mori.

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La cosiddetta Uncanny Valley (in italiano "valle misteriosa") è quel senso di disagio che molti di noi provano quando guardano un oggetto inanimato con delle sembianze umane. Avete mai osservato per esempio un robot con fattezze umanoidi, ma anche una bambola con un aspetto abbastanza realistico oppure l'avatar di un videogioco, avvertendo una sensazione strana, di disagio? Be', non siete gli unici. Si tratta infatti di un fenomeno identificato e studiato da tempo, anche se in maniera non sistematica, Il termine è stato coniato dal robottista giapponese Masahiro Mori, e il fenomeno non sarebbe limitato ai robot, ma sarebbe applicabile anche ad altre tipologie di oggetti simile all'uomo, come bambole, maschere, caricature facciali, avatar in realtà virtuale e personaggi nei film di computer grafica. Ma perché si scatenerebbe una sensazione simile?

Cos’è l’effetto dell’Uncanny Valley

Nel 1970 Masahiro Mori, professore di robotica al Tokyo Institute of Technology, scrisse un saggio in cui ipotizzava che la risposta emotiva di una persona di fronte a un robot umanoide sarebbe passata bruscamente dall'empatia alla repulsione, laddove la persona si fosse accorta che il robot si avvicinava a un aspetto "umano" al 100% realistico, senza però in realtà raggiungerlo pienamente. In altre parole, più un robot tende al realismo senza però essere perfetto, cioè effettivamente indistinguibile da una persona vera, più causerebbe repulsione. Questa “discesa nell'inquietudine” è nota come la "valle perturbante" ed è rappresentata dal seguente grafico (Figura 1):

Immagine
Figura 1: il grafico raffigura la Uncanny Valley (indicata con la parentesi graffa). Sull’asse verticale abbiamo il grado di affinità della persona nei confronti dei robot, sull’asse orizzontale abbiamo il grado di somiglianza dei modelli di robot con una persona vera e in buona salute. Ci sarebbe un brusco calo dell’empatia nei confronti di robot che assomigliano a una persona vera, mantenendo però qualche particolare "finto", che metterebbe a disagio [Nota: Bunraku è una forma tradizionale giapponese di teatro di marionette musicali risalente al XVII secolo]. Fonte: M. Mori (2012)

Le risposte emotive delle persone nei confronti di robot con fattezze umane (in un termine "antropomorfi") sarebbero positive in modo crescente fino a un certo punto, oltre il quale i feedback diventerebbero rapidamente di intensa repulsione. Questo accadrebbe quando è necessario un attimo per rendersi conto che ciò che sembrava completamente umano in realtà non lo è. Da un lato si innescherebbe infatti un senso di inganno e quindi la paura di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto e forse malevolo, dall'altro le fattezze simili ma "sbagliate" del robot si legherebbero nella nostra mente all'idea inconscia di essere al cospetto di un individuo con potenziali malattie. Quindi, di nuovo, il nostro cervello ci metterebbe in guardia.

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Alcuni esempi di Uncanny Valley

Per comprendere ulteriormente l'Uncanny Valley Prendiamo l’esempio di una protesi di una mano (nel grafico Prosthetic Hand) che sia stata realizzata con un elevato grado di somiglianza con una mano umana. Se stringiamo questa mano pensando che sia fatta di pelle e ossa, ma ci rendiamo conto che ciò che a prima vista ci sembrava reale è in realtà artificiale, proveremo probabilmente una sensazione di inquietudine. Ad esempio, potremmo essere sorpresi dalla sua consistenza e freddezza. Quando ciò accade, perdiamo il nostro senso di affinità e la mano ci turba. L’effetto è stato riscontrato anche in presenza di animali impagliati o corpi inanimati (per esempio cadaveri).

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Molti registi di film horror hanno deliberatamente sfruttato questo fenomeno per aumentare il senso di paura e terrore del pubblico. Un classico esempio è il mostro di Frankenstein, un'abominio che esiste in un regno tra il vivo e il morto, suscitando contemporaneamente simpatia e disgusto.

Sebbene il largo interesse che la teoria suscita, ad oggi non si hanno prove sufficienti per provare la sua fondatezza, soprattutto perché il modo in cui i robot-androidi vengono percepiti può variare da cultura a cultura e da soggetto a soggetto, influenzando in questo modo anche le dimensioni e i valori negativi della zona perturbante. Per confermarla o meno ed eventualmente sistematizzarla saranno perciò necessari ulteriori studi.

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