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episodio 59
3 Ottobre 2025
18:30

Perché l’abbordaggio della Flotilla da parte di Israele non è legittimo: cosa dice il diritto internazionale

L'abbordaggio israeliano della Global Sumud Flotilla diretta a Gaza violerebbe la Convenzione ONU sul diritto del mare poiché è avvenuta in acque internazionali ed è stata usata la forza.

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Perché l’abbordaggio della Flotilla da parte di Israele non è legittimo: cosa dice il diritto internazionale
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Le forze militari israeliane hanno abbordato e bloccato tutte le 47 imbarcazioni della missione umanitaria Global Sumud Flotilla mentre si trovavano in acque internazionali dirette verso la Striscia di Gaza. Secondo il diritto internazionale, il blocco delle imbarcazioni e l’arresto degli attivisti a bordo si può configurare come un’azione illegale in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Esaminiamo i singoli motivi.

L'abbordaggio è avvenuto in acque internazionali

La prima questione è relativa al fatto che l'intercettazione della Flotilla è avvenuta in acque internazionali. L’articolo 87 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) sancisce come principio fondamentale dell’alto mare quello della libertà di navigazione, secondo cui le navi di tutti gli Stati godono del diritto di navigare senza restrizioni. Inoltre, l'art.97 della stessa Convenzione sancisce che:

In caso di abbordo o di qualunque altro incidente di navigazione nell’alto mare, che implichi la responsabilità penale o disciplinare del comandante della nave o di qualunque altro membro dell’equipaggio, non possono essere intraprese azioni penali o disciplinari contro tali persone, se non da parte delle autorità giurisdizionali o amministrative dello Stato di bandiera o dello Stato di cui tali persone hanno la cittadinanza.

abbordaggio flotilla
Abbordaggio della Global Sumud Flotilla.

La Global Sumud Flotilla era una missione a fini umanitari

Israele ha giustificato la sua azione sulla base dell'intenzione – dichiarata – della Global Sumud Flotilla di violare il blocco navale imposto dallo Stato Ebraico sulle acque antistanti la Striscia di Gaza. Il Manuale di Sanremo stabilisce infatti che una nave sospettata di violare il blocco può essere fermata, ispezionata e catturata, ma la la Quarta Convenzione di Ginevra sulla protezione della popolazione civile nei conflitti armati impone l'obbligo per le parti in conflitto hanno di garantire un adeguato approvvigionamento di viveri e beni di prima necessità alla popolazione civile. In altre parole, deve essere garantito sempre e comunque il passaggio di aiuti umanitari essenziali, come quelli trasportati dalla  Flotilla che si è sempre dichiarata come una missione pacifica e non violenta con fini umanitari in un contesto come quello dell'invasione della Striscia in cui Israele è stato ripetutamente accusato di non garantire un adeguato afflusso di aiuti alla popolazione civile.

Inoltre, il blocco navale imposto da Israele sarebbe a monte illegittimo secondo il diritto internazionale poiché non rispetta le specifiche regole stabilite dal Manuale di Sanremo: notifica preventiva, proporzionalità e l’arrivo di beni essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile dei territori occupati. In ogni caso, il blocco non può estendersi oltre le acque territoriali.

L'uso della forza

Per quanto riguarda l’uso della forza utilizzato dalle forze armate israeliane – tra cui uso di cannoni ad acqua, intercettazione e interruzione delle comunicazioni sia video che radio, arresto di civili disarmati da parte di forze militari durante una missione umanitaria – è considerato un illecito dal punto di vista del diritto internazionale, poichè la disobbedienza civile non violenta non è qualificata come atto ostile nei confronti di uno Stato. Per atto ostile infatti si intendono quelle azioni che richiedono un’ ostilità qualificata, concreta ed operativa, in cui non rientrano iniziative civili non armate e con fini umanitari.

La legge di bandiera

Il diritto internazionale del mare sancisce nella Convenzione di Montego Bay anche il principio della legge di bandiera, ossia il regime internazionale delle navi, sia pubbliche che private, secondo cui ogni nave è sottoposta esclusivamente al potere dello Stato di cui ha la nazionalità – il cosiddetto Stato di bandiera. La nave è considerata quindi territorio dello Stato di cui batte la bandiera, un principio che in passato veniva definito territoire flottant.

Per questo motivo Israele non potrebbe esercitare azioni coercitive nei confronti di imbarcazioni civili e battenti bandiera straniera, violando di fatto la libertà di navigazione garantita dall’UNCLOS ed in più con l’uso della forza contro navi straniere, violando anche l’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite, che vieta la minaccia e l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica degli Stati.

Una deroga a questi principi, secondo la Convenzione di Montego Bay è l’art. 105, secondo cui qualsiasi nave militare o in servizio di Stato (purché riconoscibile come tale) può procedere in alto mare al sequestro della nave e dei beni in essa contenuti, come pure all’arresto delle persone a bordo, nell’ipotesi di esercizio della pirateria. In quel caso, lo Stato può esercitare la propria giurisdizione penale piena sulla nave e sui responsabili degli atti di pirateria, come  se il fatto fosse avvenuto nelle proprie acque territoriali. Quest'ipotesi non corrisponde alle azioni portate avanti dalla Global Sumud Flotilla, poiché al contrario degli atti di pirateria, il fine della missione pacifica e non violenta è un fine umanitario, non giustificando l’uso della forza.

Sarebbe stato legale se lo avesse fatto nelle acque territoriali di Gaza?

Dal punto di vista giuridico le acque antistanti Gaza non sono formalmente acque territoriali israeliane, ma al contrario appartenenti alla Palestina: a tal proposito sia nel 2004 che nel 2024 la Corte Internazionale di Giustizia si era espressa in tal senso affermando che il popolo palestinese ha diritto all’autodeterminazione e che l'annessione dei territori palestinesi da parte di Israele, inclusa Gaza, era illeggittima. Poichè l’annessione territoriale della Striscia di Gaza non è legittimata dal diritto internazionale anche l’estensione della sovranità territoriale israeliana sul mare antistante Gaza non può considerarsi legittima.

Anche se Israele volesse rivendicare la propria potestà territoriale sulle acque antistanti Gaza, secondo il diritto internazionale del mare esiste  un limite alla potestà di governo dello Stato costiero: il diritto di passaggio inoffensivo da parte delle navi straniere, secondo il quale ogni nave straniera ha diritto al passaggio inoffensivo nel mare territoriale di uno Stato, sia per attraversarlo, sia per entrare nelle acque interne sia per prendere il largo provenendo da queste purchè il passaggio sia rapido e continuo. Non è prevista facoltà di sosta o ancoraggio a meno che non ci siano eventi ordinari – come approvvigionamento carburante – o di forza maggiore, come situazioni di pericolo o necessità di prestare soccorso a persone o altre navi. Viene considerato inoffensivo finchè non reca danno alla pace, al buon ordine o alla sicurezza dello stato costiero.

L'azione di Israele si configura come atto di pirateria?

Secondo gli art. 100-110 della Convenzione di Montego Bay  per pirateria si intendono atti illeciti commessi per fini privati o altri fini non politici da navi o aeromobili privati. Tuttavia, questa clausola dei "fini privati" e non politici o di pubblico interesse, denominata dei “private ends” è ancora oggi molto dibattuta a livello giuridico, poiché parte della dottrina non concorda sull'assunto che un atto di depredazione o violenza non posa rientrare nei casi di pirateria se motivato da un fine politico.

Ancora oggi il tema è ampiamente dibattuto ma per configurare un atto piratesco, ma dal punto di vista prettamente giuridico, piuttosto che di pirateria quello di Israele è più assimilabile ad un attacco rivolto contro lo Stato di bandiera, dunque un atto di aggressione.

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