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Ieri, 8 luglio 2025, un tragico incidente ha scosso la comunità dell’aeroporto di Bergamo‑Orio al Serio. Un uomo di 35 anni, identificato come Andrea Russo, sarebbe riuscito a oltrepassare le recinzioni dello scalo e si sarebbe suicidato gettandosi in uno dei motori accesi di un aereo Airbus A319 della compagnia Volotea, durante le fasi iniziali di rullaggio per il decollo verso le Asturie, in Spagna. L’incidente ha costretto alla sospensione dei voli dalle 10:20 fino alle ore 12:00, con oltre 20 partenze sospese o deviate.
Questa tragedia ha colpito tutti e ha generato molte domande, tra cui: può essere fisicamente possibile essere risucchiati dal motore di un aereo? Per cui, senza sensazionalismi e con il massimo rispetto per ciò che sia successo, proviamo a spiegare come funziona davvero un motore di linea e quanta aria può aspirare, per rispondere con rigore scientifico alle domande che tanti si stanno ponendo.
Quanto rapidamente l’aria entra nel motore di un aereo
Un motore turboventola come il CFM56-5B, utilizzato sugli Airbus A319 come quello dell’incidente di Orio al Serio, può aspirare oltre 400 kg di aria al secondo al momento del decollo. Significa un risucchio di oltre 330 metri cubi d’aria al secondo, abbastanza per “aspirare” il volume di una piscina olimpionica in 7,5 secondo. I numeri aumentano se passiamo a motori più grandi: con il GE90 montato sul Boeing 777 si sale addirittura a quasi 1.300 kg di aria al secondo, ovvero circa 1.000 metri cubi di aria al secondo, l’equivalente di una piscina olimpionica ogni 2-3 secondi.
Questa enorme quantità d’aria entra nella ventola anteriore, viene compressa, miscelata con carburante e infine accesa per produrre la spinta. Ma la parte più “aspirante” è proprio la ventola anteriore, che ha un diametro di 1,74 metri nel caso del CFM56-5B e può superare i 3 metri nei motori wide-body più moderni.
In termini di velocità, questi numeri significano che davanti alla ventola, l’aria può muoversi a velocità comprese tra 150 km/h quando il motore è al minimo (quindi con aereo fermo o in fase di rullaggio) e 400 km/h con il motore a piena potenza. Non appena l’aria entra nel compressore, le velocità si fanno ancora più intense. Un motore come il CFM56-5B, per esempio, produce all’uscita del compressore una pressione del flusso d’aria 25 volte superiore a quella in ingresso. In termini di velocità, nei punti più stretti del compressore l’aria può superare Mach 1, cioè oltre 1.200 km/h. Ma la parte importante per capire il rischio di "risucchio" è la velocità e la pressione davanti al motore.
A che distanza possiamo venire risucchiati?
Non esiste un numero univoco per indicare la potenza del “risucchio” di una turboventola: molto dipende dalla potenza del motore, dalla velocità con cui ruota la turbina e dalle sue dimensioni. In linea di massima possiamo dire che per un motore come quello dell’Airbus A319 del tragico incidente di Orio al Serio, a meno di 1 metro di distanza dalla turbina al minimo la velocità dell’aria diventa abbastanza alta da rischiare seriamente di “risucchiare una persona”. Per una turbina a piena potenza, invece, entro un raggio di circa 3 metri la forza di aspirazione rappresenta un pericolo mortale. Si tratta di una zona in cui la pressione dell’aria è talmente bassa da “tirare dentro” qualsiasi oggetto non ancorato: valigie, coni segnaletici, animali e sì, anche esseri umani. Ecco un dato di riferimento: a piena potenza, la depressione davanti alla ventola è tale che una persona può essere sollevata e trascinata in pochi decimi di secondo se si trova a meno di 2-3 metri dal bordo anteriore del motore.
Per questo motivo, nei manuali di sicurezza aeroportuali viene sempre segnalato un “danger zone” che varia da nazione a nazione: negli USA si parla di 4,5-5 metri davanti al motore, allargata a 7-10 metri in fase di taxi o decollo; in Italia le distanze di sicurezza sono di 10 metri, estendibili a 15 metri per motori particolarmente potenti.
È davvero possibile essere risucchiati? I precedenti
Sì, e purtroppo è già successo. Esistono incidenti documentati in cui membri del personale aeroportuale sono stati risucchiati da motori in funzione, spesso a causa di errori procedurali o disattenzioni. In un noto incidente del 2006, un tecnico è stato risucchiato da un motore General Electric CF34 su un Embraer ERJ-145. L’impatto è stato immediato e fatale.
Nel caso di motori più grandi, le probabilità di sopravvivere sono praticamente nulle: la persona verrebbe catapultata a una velocità impressionante verso le pale del compressore, con conseguenze fatali e istantanee.