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8 Novembre 2025
8:00

Siamo davvero più felici da giovani? Cosa ci dice lo studio sul benessere globale

La felicità ha mediamente seguito un andamento a U: alta in gioventù, in calo nella mezza età, in risalita con l’età avanzata. Oggi, però, i dati mostrano un calo di felicità tra i giovani adulti in Europa e negli Stati Uniti: stanno peggio degli anziani. Resta da capire se questo trend sarà duraturo.

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Siamo davvero più felici da giovani? Cosa ci dice lo studio sul benessere globale
quando siamo felici

Anche se ci sono opinioni contrastanti, la maggior parte degli studi sulla felicità degli ultimi decenni concordava su un punto: la felicità tende ad essere molto alta in gioventù, calare durante la mezza età e poi risalire in età più avanzata. Un andamento a forma di “U”, insomma. Il problema, oggi, è che si sta osservando un cambiamento nell’andamento della felicità.

La ricerca “Global Flourish Study” (studio sul benessere globale) pubblicata ad Aprile 2025 su Nature Mental Health ha messo fortemente in discussione questo modello. Secondo questa ricerca, in molti paesi europei la felicità dei giovani adulti sta calando drasticamente, facendo assomigliare questa curva più ad una forma di "J" bassa nella parte iniziale (quella che corrisponde ai giovani) e alta nella parte finale (quella che corrisponde agli anziani). I primi risultati pubblicati mostrano che in Europa, in media, i giovani adulti tra i 18 e i 29 anni stanno affrontando difficoltà in termini di felicità, di realizzazione personale e di salute mentale.

In questo articolo vedremo da dove nasce l’idea della “U”, perché potremmo condividere questo schema perfino con gli scimpanzé, e cosa suggeriscono i dati più recenti a livello globale.

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Rappresentazione schematica dell’andamento della felicità. La curva rossa rappresenta l’andamento rilevato fino al 2020, la curva blu rappresenta i dati attuali.

La felicità ha un andamento ad “U”: gli studi di Blanchflower e Oswald

L’idea che la felicità segua un andamento a "U" nel corso della vita non è recente. Nel 2008, l’economista David Blanchflower, insieme ad Andrew Oswald, pubblicò uno studio basato su dati raccolti da oltre 500.000 persone negli Stati Uniti e in Europa. I due studiosi scoprirono che, indipendentemente da variabili come sesso, reddito, educazione o nazionalità, la felicità percepita tendeva a calare durante la mezza età, per poi risalire dopo i 50 anni.

Da buoni economisti, Blanchflower e Oswald erano inizialmente interessati a dimostrare la relazione tra soldi e felicità, ma finirono per dimostrare che l’età era una variabile ancora più rilevante. Sempre nel 2008 trovarono conferme di un andamento ad “U” in 70 paesi differenti, tra cui alcuni molto diversi tra loro, come Giappone, Brasile, Nigeria e Svezia. Nel 2020 confermarono ulteriormente le proprie teorie, riscontrando lo stesso andamento in 145 paesi, di cui 109 in via di sviluppo, rafforzando l’ipotesi che si tratti di un modello universale. Così universale che la curva a “U” non è limitata solo agli umani.

Gli stessi autori, nel 2012, infatti, hanno analizzato l’andamento della felicità di 508 grandi scimmie, principalmente scimpanzé e oranghi, riportato da esperti che li conoscevano da vicino. Anche in questi animali si è riscontrata una curva simile, con un calo del benessere a metà della loro aspettativa di vita. Questo suggerisce che la “crisi di mezza età” potrebbe avere anche una base biologica, non soltanto sociale o culturale.

La curva sta cambiando: cosa ci dice il Global Flourishing Study

Se la curva a U è sembrata per anni una costante, oggi i dati ci raccontano una storia diversa. Secondo il Global Flourishing Study (GFS), pubblicato su Nature Mental Health nell’aprile 2025, il benessere dei giovani adulti è in calo in molti paesi europei e anche negli Stati Uniti. Il risultato è che la parte iniziale della curva si sta abbassando, rendendola più simile a una “J” o ad una retta più bassa nella parte iniziale e più alta nella parte finale.

Il GFS è uno studio internazionale tuttora in corso. Coinvolge oltre 200.000 partecipanti in 22 paesi su sei continenti. L’obiettivo è osservare per cinque anni l’andamento di un benessere ampio – non solo felicità, ma anche salute mentale e fisica, qualità delle relazioni, sicurezza finanziaria, carattere e spiritualità.

Dai primi dati emerge che, in molti paesi ad alto reddito – come Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Australia, Svezia – il benessere riportato dai giovani tende ad essere più basso di quello riportato dagli anziani. Negli Stati Uniti, ad esempio, il punteggio medio di benessere è 6,36 (su una scala da 0 a 10) tra i 18-29enni, contro 7,68 tra i 60-69enni. Tuttavia, non ovunque si osserva la stessa tendenza. In molti paesi a reddito basso – medio, come l’India, le Filippine e la Thailandia, invece, i giovani si dichiarano più felici degli anziani.

Gli autori della ricerca sottolineano che è ancora troppo presto per affermare che ci sia un nuovo modello stabile che descrive il rapporto tra felicità e età. Solo i dati che avremo in futuro ci potranno chiarire meglio la questione.

In ogni caso, continuare a studiare la felicità – o, più in generale, il benessere degli individui –  è importante per molte ragioni. Diversi studi dimostrano che chi si sente più soddisfatto della propria vita tende ad avere una salute migliore e a vivere più a lungo. Per questo motivo, sempre più governi considerano la felicità una variabile da tenere in conto nelle decisioni politiche, al pari di indicatori economici o sociali. Eppure, nonostante la sua centralità, la ricerca su questi temi è ancora limitata, anche per la difficoltà di raccogliere dati affidabili su larga scala e analizzarli in modo utile per orientare le scelte pubbliche.

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