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4 Ottobre 2022
11:14

Su Marte c’è acqua liquida: nuove prove della sua presenza confermate in uno studio

E ce n’è anche di più di quanto ci si aspettava: quattro laghi sotto la calotta polare sud. Questo potrebbe indicare che Marte è ancora attivo geologicamente.

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Su Marte c’è acqua liquida: nuove prove della sua presenza confermate in uno studio
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Arrivano nuove conferme della presenza di acqua liquida su Marte. La prima scoperta di acqua allo stato liquido sul pianeta rosso risale al luglio 2018, quando un team di ricercatori italiani individuò la presenza di un lago d'acqua sotto la calotta polare sud marziana. L'esistenza di questo bacino è stata messa in discussione da alcuni studi pubblicati lo scorso anno, ma un recente studio pubblicato su Nature Astronomy ha mostrato nuovi dati uniti a simulazioni al computer a supporto dell'ipotesi iniziale. E c’è di più: sotto il ghiaccio del polo sud marziano sembra esserci non un solo lago, ma quattro laghi diversi.
Vediamo insieme la storia di questa straordinaria scoperta.

La scoperta iniziale

Marte è un pianeta freddo, desertico e completamente inabitabile. Ma non è sempre stato così: circa tre miliardi di anni fa era un mondo ospitale, con temperature confortevoli, una densa atmosfera e, soprattutto, acqua liquida in abbondanza.

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Ecco l’aspetto che poteva avere Marte circa tre miliardi di anni fa, quando si pensa che ospitasse oceani. Nell’atmosfera si trovavano nubi di acqua come ancora oggi ci sono sulla Terra (credit: Ittiz).

Non sappiamo con precisione cosa lo abbia reso il pianeta inadatto alla vita che conosciamo oggi, ma sappiamo per certo che a un certo punto della sua storia i suoi oceani, mari, laghi e fiumi sono completamente evaporati, non lasciando più una goccia d’acqua sulla sua superficie.
Non per questo però il pianeta rosso è completamente asciutto. Nel sottosuolo marziano l’acqua può essersi conservata infatti per tutto questo tempo. Nel 2018, la sonda europea Mars Express ha scoperto per la prima volta, grazie al suo radar MARSIS (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) realizzato in Italia, un deposito di acqua liquida a 1,5 km di profondità sotto la calotta glaciale che occupa il polo sud di Marte.
MARSIS è in grado di misurare la riflettività dei materiali, da cui si può risalire alla loro densità. Così si può distinguere l'acqua liquida da quella solida. È proprio in questo modo che sono stati scoperti bacini di acqua liquida sotto le calotte polari terrestri. Dopo aver scartato ogni altra ipotesi, il team – tutto italiano – di MARSIS aveva concluso che là sotto ci fossero almeno 10 miliardi di litri d'acqua a una temperatura di circa –68 °C.

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L’immagine radar di MARSIS della zona sotto la superficie della calotta polare sud di Marte in cui è stata scoperta acqua liquida nel 2018 (credit: ESA/NASA/JPL/ASI/Univ. Rome).

Come fa l'acqua a essere liquida a quelle temperature? Be', tutti sappiamo che il sale abbassa la temperatura di congelamento dell'acqua. L'unico modo per avere acqua liquida a –68 °C è che in quell'acqua sia disciolta una grande quantità di sali.

Le nuove prove della presenza di acqua allo stato liquido

Per risolvere la questione, il team della scoperta originaria ha preso in esame i dati dell'altimetro laser MOLA montato a bordo della sonda Mars Global Surveyor (non più operativa) per misurare la topografia della calotta polare sud nella zona (larga circa 20 km) dove si ritiene che esista il lago. Ebbene, i dati mostrano chiaramente delle anomalie altimetriche: la zona presenta delle ondulazioni del tutto simili a quelle che si riscontrano nel ghiaccio che sovrasta i laghi subglaciali terrestri.

I dati di MOLA e quelli di  MARSIS sono stati quindi confrontati con le previsioni di sofisticati modelli computerizzati sviluppati all'Università di Cambridge che simulano il comportamento di un lago subglaciale nelle condizioni marziane. Nel modello si teneva conto anche di un flusso variabile di calore geotermico proveniente dall'interno del pianeta.
I risultati delle simulazioni sposano molto bene i dati osservativi. Spiegare quello che hanno trovato MARSIS e MOLA senza invocare la presenza di acqua liquida è ora decisamente più arduo.

Le possibili conseguenze per la geologia marziana

Lo studio indica la possibile presenza di altri tre depositi di acqua liquida nelle immediate prossimità del lago scoperto nel 2018. Questo significa che la presenza di acqua liquida subglaciale potrebbe non essere una situazione molto rara e improbabile, ma al contrario che potrebbe essere un fenomeno diffuso. Ed è qui che entra in gioco il calore geotermico.

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Credit: NASA/JPL/MSSS.

Stando alle simulazioni, l'età delle anomalie altimetriche sul ghiaccio marziano dipende sensibilmente dal flusso di calore geotermico proveniente dal sottosuolo marziano: 0,5-1,5 milioni di anni se il flusso è elevato, 2-5 milioni di anni altrimenti. In altre parole, tale calore potrebbe derivare da un'attività magmatica avvenuta di recente nel passato marziano! Tutto questo naturalmente potrebbe avere un notevole impatto nella nostra conoscenza della geologia marziana e sicuramente verrà investigato più nel dettaglio in futuro.

C'è vita laggiù?

La prima cosa che si pensa quando si parla di acqua liquida su un altro pianeta è la possibile presenza di vita. Qui però bisogna tenere conto di due aspetti tutt'altro che trascurabili:

  1. L'acqua di cui stiamo parlando ha una temperatura molto bassa, più bassa di quanto riescano a sopportare anche gli organismi più attrezzati per il freddo qui sulla Terra.
  2. Per rimanere liquida, quest'acqua ha livelli di salinità estremamente alti, probabilmente più di quanto sia tollerabile per un organismo terrestre.

Significa che le probabilità che laggiù nuoti qualcosa di vivo, fosse anche un microrganismo unicellulare, sono incredibilmente basse, a meno che non si voglia immaginare un qualche organismo estremofilo incredibilmente resiliente. Purtroppo non potremo recuperare quell'acqua, almeno finché non impareremo a trivellare per 1,5 km su un altro pianeta. Cosa che sicuramente non accadrà per molto tempo ancora.

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Filippo Bonaventura
Content editor coordinator
Laureato in Astrofisica all’Università di Trieste e ha conseguito un Master in Comunicazione della Scienza presso la SISSA di Trieste. È stato coordinatore della rivista di astronomia «Le Stelle», fondata da Margherita Hack. Insieme a Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio gestisce il progetto di divulgazione astronomica «Chi ha paura del buio?». Vive e lavora a Milano.
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