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Domenica 8 e Lunedì 9 giugno 2025 i cittadini italiani aventi diritto al voto sono chiamati a partecipare a 5 referendum abrogativi, cioè quei referendum che permettono di eliminare in parte o del tutto delle leggi. I referendum in questione riguardano il lavoro e l’ottenimento della cittadinanza italiana. Nell’ultimo periodo, chi è contrario al referendum sta facendo campagna per l’astensione, invitando i cittadini a non andare a votare. Questa strategia, per quanto criticabile, è piuttosto comune ed è stata usata più volte da partiti di diverso orientamento politico.
Invitare all’astensione se si è contrari al referendum, però, oltre a rendere inutile la partecipazione democratica e sprecare soldi pubblici, può portare a situazioni paradossali, favorendo la vittoria dei “sì” se venisse raggiunto comunque il quorum. Lo vediamo in questo articolo.
Cos’è un referendum abrogativo e a cosa serve il quorum
Il referendum abrogativo è uno strumento di partecipazione diretta previsto dalla Costituzione. Tramite il referendum, chi ha diritto di voto può chiedere di eliminare (o “abrogare”) totalmente o parzialmente una legge votando “sì” per eliminarla e “no” per mantenerla in vigore.
Perché il risultato sia valido, però, bisogna raggiungere il “quorum”, cioè deve andare a votare più della metà degli aventi diritto al voto, ovvero il 50% più una persona. In Italia, questo significa che servono almeno 25 milioni di voti per considerare valido il risultato del referendum. Se il quorum viene raggiunto e la maggioranza ha votato “sì”, la legge viene cancellata. In qualunque altro caso, resta tutto esattamente com’è.
L’intenzione dietro il quorum è di non permettere a una minoranza della popolazione di cancellare una legge approvata dal Parlamento, che nelle democrazie rappresentative come la nostra, rappresenta il volere della maggioranza della popolazione.
Proprio per la presenza del quorum, però, negli ultimi 28 anni quasi tutti i referendum abrogativi istituiti non hanno avuto alcun effetto. Dal 1997 ad oggi, infatti, il quorum è stato superato solo una volta: nel 2011, con un’affluenza del 55%, con il voto sul nucleare e l’acqua pubblica, due temi molto sentiti.

Proprio perché è così difficile raggiungere il quorum, la strategia più usata dai contrari all’eliminazione della legge è di invitare all’astensione: non votando, non si raggiunge il quorum e il referendum non risulta valido. Il problema di questa strategia è che potrebbe portare ad un paradosso. Invitare i “no” all’astensione potrebbe far vincere i “sì” anche se sono in minoranza nella popolazione. Vediamo come.
Suggerire l’astensione può far vincere il sì: il paradosso
Immaginiamo un referendum abrogativo per cui il 45% della popolazione voterebbe “sì” e il 55% voterebbe “no”. Se tutti andassero a votare, il referendum raggiungerebbe il quorum e il risultato rappresenterebbe esattamente la volontà dei votanti, perché i “no” vincerebbero in maniera decisiva.
Immaginiamoci ora che venga fatta un'intensa campagna per suggerire a chiunque voglia andare a votare “no” di astenersi dal voto. Questa campagna è così convincente che, del 55% della popolazione che sarebbe andata a votare “no”, il 49% decide di effettivamente di astenersi, mentre il il 6% va comunque a votare.

Ed è qui che avviene il paradosso: il giorno del referendum andranno alle urne il 45% di “sì” e il “6%” di “no”, lasciando fuori un 49% di “no”. I votanti, quindi, avranno raggiunto il 51% (49% di “sì” e 6% di “no”) della popolazione, superando così il quorum e rendendo valido il risultato del referendum. Tra chi è andato a votare, però, i “sì” sono la maggioranza schiacciante (addirittura l’88,2% dei votanti) e quindi la legge verrà abrogata, nonostante la maggioranza della popolazione avrebbe voluto tenerla.
Suggerire l’astensione come valida alternativa al “no” ci porta ad un paradosso! L’astensione può ridurre il numero totale di votanti, ma se l'affluenza supera comunque il quorum, vinceranno i “sì”, esattamente l’opposto di quello che volevano ottenere gli astenuti.
Ma allora perché si fa campagna per l’astensione?
L’astensione rende inutile il referendum
Nonostante questo paradosso, suggerire l’astensione è l’alternativa più facile per chi è contrario al referendum. Questo perché, per questioni che coinvolgono una minoranza della popolazione o che vengono percepite come più “tecniche” (com’è avvenuto negli ultimi referendum), la percentuale di incerti e astenuti sarà già molto alta in partenza. Quindi, ci si trova spesso in una situazione in cui la percentuale dei “sì” si aggira attorno al 30% della popolazione e non al 45% come nel nostro esempio di prima. Invitando i “no” ad astenersi, quindi, si può stare certi che il quorum non venga raggiunto. Chi è contrario al referendum non avrà nemmeno bisogno di fare campagna per far valere le proprie ragioni: basterà limitarsi a rendere inutile il referendum.
Tutto questo, però, ha un costo. Il Ministero dell’interno ha stimato che indire e gestire un referendum abrogativo ha costi che possono variare tra i 100 e i 400 milioni di euro. Proprio per evitare di rendere inutile questo investimento di soldi pubblici, si sta da tempo discutendo sulla necessità di variare la soglia del quorum, o addirittura di toglierla. Questa discussione non è illegittima, né antidemocratica. Non tutti i Paesi democratici del mondo, infatti, usano il nostro stesso quorum, e, per alcuni, il quorum non esiste nemmeno. In Europa i Paesi che, come noi, hanno un quorum tra il 30% e il 50% sono solo: Paesi Bassi, Bulgaria, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia, Ungheria, Lettonia. Inoltre, una ricerca del 2009 ha evidenziato che, nei Paesi in cui esiste il quorum di partecipazione, l’astensione è ben più alta che in quelli in cui non esiste.
Secondo questa ricerca:
I quorum di partecipazione inducono gli elettori che si oppongono ai cambiamenti dello status quo […] ad astenersi piuttosto che votare. Di conseguenza, i quorum di partecipazione hanno l'effetto paradossale di diminuire la partecipazione elettorale.