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6 Novembre 2025
17:38

Quale potrebbe essere il futuro della Torre dei Conti di Roma: intervista all’ingegnere strutturista

Dopo il crollo parziale della Torre dei Conti di Roma, il futuro dell'edificio medievale ai Fori Imperiali è ancora incerto: abbiamo intervistato l'ingegnere Gaetano Cantisani per capire quali potrebbero essere i primi interventi strutturali e quali strumenti d'indagine potrebbero essere utilizzati.

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Quale potrebbe essere il futuro della Torre dei Conti di Roma: intervista all’ingegnere strutturista
Intervista a Gaetano Cantisani
Ingegnere strutturista
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Il crollo parziale della Torre dei Conti a Roma. Credit: Vigili del Fuoco

Dopo il crollo parziale della Torre dei Conti a Roma – che ha causato la morte di un operaio di 66 anni, Octay Stroici, rimasto sepolto 11 ore sotto le macerie – il futuro di questo monumento è ancora incerto. Alla Torre, infatti, erano già in corso dei lavori di restauro e riqualificazione, che si erano resi necessari dato che l'edificio, situato vicino ai Fori Imperiali, era in stato di abbandono e «generale fatiscenza» dal 2006.

Abbiamo quindi intervistato l'ingegnere strutturista Gaetano Cantisani, per capire meglio quali sono i possibili interventi strutturali per preservare la Torre dei Conti e mettere in sicurezza questo edificio medievale, simbolo della famiglia dei Conti di Segni. Dopo i due crolli, avvenuti rispettivamente alle 11:30 e alle 12:50 dello scorso 3 novembre, sarà necessario mettere in sicurezza l'edificio, per poi valutare il consolidamento statico della Torre.

Quali sono gli scenari di intervento che si aprono dopo il crollo parziale della Torre dei Conti?

«Essendoci stato un crollo, il primo intervento riguarda necessariamente la messa in sicurezza, cominciando dalla parte esterna. Questo viene solitamente fatto con strutture temporanee come tubi-giunti o – in casi più severi – con vere e proprie strutture di sostegno progettate ad-hoc. Queste strutture servono a dare supporto alle murature portanti perimetrali, possiamo dire fungano un po' da contrafforti, ma in acciaio. Dopo la messa in sicurezza provvisoria, si può cominciare a investigare internamente lo stato dei luoghi: essendo crollati i solai, è infatti probabile che ci siano stati dei danni anche ad altre murature e – in ogni caso – sia avvenuta una variazione significativa dell’organismo strutturale per come lo si conosceva prima. In generale, poi, il sopralluogo dovrebbe definire lo stato di conservazione dell'edificio, a prescindere dai danni causati da questo crollo.

A valle di questo, si può propendere verso una valutazione di sicurezza fatta con modelli numerici e analisi tecniche corredate da calcoli, che richiamano anche le indagini già fatte in precedenza ed eventualmente farne di ulteriori: l'obiettivo è quello di capire lo stato di salute attuale della Torre dei Conti. Nella pratica, significa capire se c'è una sicurezza statica dell'edificio, oppure no: in gergo tecnico si parla della cosiddetta idoneità statica!

Il primo caso è quello più semplice: se l'ingegnere valuta che lo stato dei luoghi non è così tanto compromesso, allora può essere adeguato il progetto di ristrutturazione già avviato (e che sarebbe dovuto terminare entro il 2026, ndr). Se invece la statica è compromessa, allora bisogna rimodulare tutto: in questo caso, a seconda della gravità di quanto osservato/calcolato, potrebbe non essere possibile neanche garantire sicurezza dell’edificio per il proprio peso. Diciamo che questo è il caso limite!».

Da un punto di vista tecnico, quali sono gli strumenti d'indagine che potrebbero essere utilizzati per effettuare il sopralluogo della Torre dei Conti?

«In questi casi, possiamo distinguere tra due tipologie di strumenti d'indagine: la prima tipologia serve per capire se c'è qualche problema nello stato di avanzamento attuale del fenomeno e del danno. Molto lo fa l’analisi visiva del tecnico che, con la dovuta esperienza, è in grado di capire subito qual è la severità del problema. La prima cosa che si deve accertare è se è garantito in qualche modo l’equilibrio dei carichi agenti (principalmente il peso proprio).

A valle di questo, si può passare oltre e valutare i problemi a cascata: ad esempio, i vetrini vengono messi a cavallo delle fessure per capire se questa si sta continuando ad aprire, oppure se il fenomeno si è fermato. Questo strumento, ad esempio, richiede un intervallo di osservazione.

Esternamente, poi, si possono valutare eventuali movimenti dei muri con sensoristica come misuratori laser (sempre se è possibile perché l'impalcatura esterna non deve limitare la vista dei punti di osservazione). Anche sui solai rimanenti si possono condurre eventualmente prove di carico e capire gli spostamenti che il solaio subisce partendo da un carico applicato noto, confrontando poi questi risultati con modelli numerici predittivi.

La seconda tipologia di strumenti, invece, serve per capire le caratteristiche di resistenza della muratura: in questi casi si utilizzano, ad esempio, i martinetti. Nella pratica, si fanno delle fessure nel muro con una sega e si inseriscono degli elementi che possono andare in pressione per il tramite di un fluido che vi circola dentro: se questo oggetto viene messo in pressione, la muratura si comincia a schiacciare localmente e se ne può desumere contestualmente la massima resistenza.

Come per la Torre Garisenda a Bologna, si possono anche utilizzare degli accelerometri, così da stabilire le accelerazioni da rumore bianco che l'edificio subisce (per effetto del vento, del traffico intorno, etc). Questi risultati si sfruttano per calibrare modelli meccanici costruiti ad-hoc per prevedere il comportamento futuro dell’edificio con minore incertezza. Questo, però, richiede tempi lunghi.

A questo punto, tutte le indagini si raggruppano, si interpretano e si costruisce un modello analitico, che indica come si distribuiscono le forze internamente agli elementi a partire dai carichi applicati, così da capire se quelle che agiscono sui muri portanti sono sufficienti per garantire la sicurezza e la stabilità dell'edificio».

Da un punto di vista strutturale, quali sono gli interventi che potrebbero essere fatti per preservare la stabilità dell’edificio?

«Gli interventi che si possono effettuare sono molti, a seconda dei problemi che vengono rilevati: l’utilizzo di catene interne è una tipologia ricorrente di consolidamento statico, che serve per garantire un collegamento scatolare tra tutte le murature presenti. In epoca antica, infatti, non c'era collegamento tra i muri ortogonali e questo fa sì che la parete sia libera e non abbia vincoli efficaci in altezza: queste catene messe internamente uniscono la parete a quella che c'è dall'altro lato: sono un equivalente interno dei contrafforti esterni e costituiscono un intervento al quale si fa spesso ricorso, anche perché hanno poco impatto a livello visivo.

Successivamente si dovrà pensare al rifacimento dei solai, e se ci dovessero essere problemi minori come distacchi o fessure localizzate, si potrebbe pensare a delle “iniezioni” di materiale come la malta, per riempire il vuoto creatosi con la fessura. Se la fessura è importante, si può pensare di fare una iniezione armata, cioè inserisco dentro anche delle barre metalliche proprio simulando una cucitura.

Quindi, nel complesso, i principali interventi dovrebbero riguardare i solai, la risarcitura di tutte le fessure e andrà capito se la struttura muraria è in grado di reggere i carichi che derivano dalle sue dimensioni e da ciò che vi si poggia sopra. Va detto che si tratterebbe comunque probabilmente di interventi limitati, per il fatto che si tratta di un edificio storico, per il quale non è sempre possibile utilizzare tutti i materiali (ad esempio, in molti casi non è consentito l’utilizzo di resine moderne o anche di elementi in calcestruzzo armato)».

Questi tipi di crolli e, più in generale, di indebolimenti strutturali dei monumenti storici sono rari in Italia o sono più comuni di quello che si pensa?

«In realtà questi tipi di crollo – fortunatamente – sono piuttosto rari: se ci sono degli indebolimenti strutturali, soprattutto se parliamo di patrimonio culturale, ci sono sempre enti preposti per monitorare e intervenire il prima possibile. Direi, però, che è comune l’entità avanzata di degrado del patrimonio storico italiano, che è molto datato. Questo lo espone a rischi sempre più alti. Quindi, forse, se ne sentiamo parlare più spesso rispetto al passato è perché siamo in una fase sempre più crescente del problema».

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