
Torna a far parlare di sé l'astrofisico di Harvard Avi Loeb, che nei giorni scorsi ha ribadito come secondo lui non si possa escludere la possibilità che la cometa interstellare 3I/ATLAS sia in realtà un artefatto tecnologico di origine aliena. Un'ipotesi molto controversa che Loeb ha propugnato già mesi fa, poco dopo la scoperta della cometa stessa, sulla base di alcune anomalie nella traiettoria e nella composizione chimica del corpo celeste. Con un nuovo studio pubblicato pochi giorni fa Loeb torna su questa idea individuando una nuova anomalia probabilistica: 3I/ATLAS è solamente la terza cometa interstellare scoperta nel nostro Sistema Solare, ma secondo l'astrofisico le sue dimensioni (almeno 5 km) sarebbero troppo grandi per non aver già individuato molti più oggetti interstellari.
Loeb è un astrofisico di grande caratura con una carriera di altissimo livello, ma negli ultimi anni ha mostrato un'attrazione secondo molti un po' troppo “fanatica” per tutto ciò che riguarda alieni e civiltà extraterrestri: già nel 2021 fece la stessa cosa con 1I/'Oumuamua, il primo oggetto interstellare, sostenendo che non sarebbe stato irragionevole supporre che si trattasse in realtà di una navicella aliena. Lo stesso successe poi nel 2023 con un meteorite interstellare caduto nel Pacifico. Il discorso è sempre lo stesso: questi oggetti avrebbero anomalie tali da non permetterci di escludere un'origine artificiale extraterrestre. A oggi, però, la comunità scientifica è assolutamente concorde nel ritenere che 3I/ATLAS sia una “semplice” e perfettamente naturale cometa interstellare.
Lo studio sulla nuova anomalia di 3I/ATLAS
Loeb, insieme ai colleghi Richard Cloete e Peter Veres, ha confrontato la traiettoria calcolata per 3I/ATLAS sulla base dell'attrazione gravitazionale del Sole, dei pianeti e di altri corpi minori del Sistema Solare con oltre 4000 osservazioni della posizione della cometa nel periodo tra il 1° luglio – giorno della scoperta della cometa – al 23 settembre. L'obiettivo, tipico di quando si studia una cometa, è individuare eventuali differenze tra la traiettoria teorica e quella reale in modo da poter stimare la componente dell'accelerazione del corpo celeste dovuta alla sublimazione dei materiali volatili che vanno a costituire la chioma e la coda della cometa.
Ebbene, Loeb e colleghi hanno ottenuto un'accelerazione non gravitazionale praticamente nulla (inferiore a 2 · 10–7 cm/s2). A fronte di una perdita di massa di circa 150 kg/s, stimata da osservazioni del telescopio spaziale James Webb, questo significherebbe che la massa della cometa è di almeno 33 miliardi di tonnellate. Assumendo una densità ragionevole (0,5 g/cm3), si può stimare per 3I/ATLAS una dimensione di almeno 5 km, un valore consistente con le stime iniziali ottenute grazie al telescopio Hubble.
Ok, quindi qual è il problema? Secondo Loeb si tratterebbe di un'anomalia statistica. I primi due oggetti interstellari scoperti, 1I/'Oumuamua e 2I/Borisov, erano molto più piccoli e meno massicci di di 3I/ATLAS: circa 10-20 volte più piccoli e migliaia o decine di migliaia di volte meno massicci. Il problema è che i corpi più grandi sono molto più rari di quelli più piccoli, quindi secondo Loeb è molto improbabile avere un corpo di ben 5 km soltanto come terzo oggetto interstellare.
L'articolo scientifico si ferma qui. In un post sul portale Medium, invece, Loeb prosegue dicendo che data la distribuzione dei corpi minori del Sistema Solare in termini di dimensioni, avremmo dovuto osservare qualcosa dell'ordine dei 100.000 oggetti interstellari nel nostro Sistema Solare prima di trovare uno di questa stazza. E qui l'astrofisico torna a seminare il dubbio: «3I/ATLAS è una cometa insolitamente massiccia […] o una tecnologia aliena?».
Questa anomalia, nel senso di improbabilità statistica, va ad aggiungersi ad altre che Loeb ha individuato il mese scorso, come l'improbabile allineamento rispetto al piano dell'eclittica, l'insolita composizione chimica e il passaggio ravvicinato a vari pianeti del Sistema Solare ma non la Terra.
Cosa non torna sull'ipotesi “aliena” della cometa interstellare
Diciamo subito che, se la natura artificiale di 3I/ATLAS fosse un'ipotesi che Loeb può difendere con prove convincenti, questa ipotesi verrebbe trattata direttamente nell'articolo scientifico e non relegata a un intervento su Medium.
Perché quindi Loeb non ne parla nell'articolo scientifico? Il motivo è semplice: perché sa benissimo – da ottimo scienziato quale è – che delle anomalie statistiche, per quanto improbabili o ben documentate, non possono in alcun modo puntare all'ipotesi dell'origine artificiale di 3I/ATLAS: il fatto che la cometa sia anomala non implica che sia una navicella aliena. Certo, non si può escludere l'ipotesi aliena: non ci sono prove che non lo sia. E lo scetticismo, si sa, è un componente fondamentale del pensiero scientifico. Ma questo non significa che abbia senso investigare attivamente ogni ipotesi che non possiamo escludere, soprattutto quando 3I/ATLAS mostra chiaramente tutti i segni di attività cometaria, con tanto di chioma e coda. Per prendere in considerazione una tesi così forte come quella aliena dobbiamo avere delle prove altrettanto forti, secondo la celebre massima di Carl Sagan:
Extraordinary claims require extraordinary evidence.
Qui le prove, semplicemente, non ci sono: abbiamo solo anomalie. Quest'ultima in particolare, poi, meriterebbe un approfondimento: non è chiaro, per esempio, come è stato calcolato il fatto che avremmo dovuto osservare 100.000 oggetti come ‘Oumuamua prima di scoprire 3I/ATLAS. Innanzitutto non abbiamo idea di quanti oggetti interstellari sono effettivamente passati per il Sistema Solare senza che avessimo avuto modo di osservarli o di capire che fossero interstellari. C'è poi il fatto che, se da un lato è vero che gli oggetti piccoli sono molto più numerosi di quelli più grandi, è altrettanto vero che sono molto più difficili da osservare. Anche qui, non è chiaro se e come Loeb ne abbia tenuto conto nel calcolare il numero sopra.
Più in generale, il problema metodologico non è tanto legato alle anomalie quanto alla loro interpretazione. Essendo noti soltanto tre oggetti interstellari passati per il nostro Sistema Solare, non possiamo ancora sapere per certo cosa è anomalo e cosa no: la nostra statistica è tutt'altro che sufficiente per parlare di “normalità”. Inoltre non sappiamo abbastanza su come sono fatti gli altri sistemi planetari: è un po' ardito prendere cos'è “normale” per il nostro Sistema Solare e aspettarci che sia rappresentativo anche di cosa succede negli altri sistemi.
Il fatto poi che Loeb torni a riproporre l'ipotesi artificiale ogni volta che viene scoperto un nuovo corpo celeste interstellare crea un effetto “al lupo al lupo” che, alla lunga, diminuisce la credibilità di queste affermazioni e rafforza la percezione di Avi Loeb come figura controversa nella comunità scientifica nonostante la sua carriera indiscutibilmente prestigiosissima.