Il telescopio spaziale Hubble, come altri satelliti per l'osservazione spaziale, risolve un grosso problema per gli astronomi: l'atmosfera. La presenza dell'aria infatti influenza la propagazione della luce, compresa quella che arriva dalle stelle e dalle altre sorgenti astronomiche, e quindi complica il lavoro dei ricercatori che da quella luce vogliono ricavare le informazioni sugli oggetti che devono studiare. Per questo, storicamente la tendenza è quella di costruire gli osservatori astronomici il più possibile in quota, dove è minore la colonna d'aria sopra gli strumenti. Non solo: oltre alla distorsione dei segnali luminosi, l'atmosfera assorbe completamente alcune lunghezze d'onda della radiazione elettromagnetica che sono di grande interesse astronomico, come i raggi X e gamma, gli ultravioletti, parte della radiazione infrarossa, e le onde radio ultra lunghe.
La scelta migliore sarebbe quindi ovviamente quella di costruire gli osservatori astronomici dove aria non ce n'è, ossia direttamente nello spazio. Ed è esattamente quello che gli astronomi hanno fatto, anche se non è stato affatto facile.
A cosa serve il telescopio spaziale Hubble
Il telescopio spaziale Hubble (Hubble Space Telescope, HST) è uno strumento di osservazione astronomica costruito dalla NASA e posizionato in orbita intorno alla Terra, in quella che viene chiamata orbita terrestre bassa (Low Earth Orbit, LEO), a circa 550 km di quota dalla superficie terrestre. È stato messo in orbita dallo Space Shuttle Discovery nel 1990 ed è tutt'ora in attività. Deve il suo nome a Edwin Hubble, l'astronomo americano che con il suo lavoro di osservazione ha posto le basi per la dimostrazione sperimentale della teoria del Big Bang, rivoluzionando la nostra comprensione dell'universo. Il telescopio spaziale Hubble non è stato il primo strumento di osservazione spaziale in orbita, ma il contributo alla ricerca astronomica e alla divulgazione scientifica, grazie ai suoi preziosi dati e alle sue immagini spettacolari, è stato impareggiabile.
Come funziona Hubble e com'è fatto
Hubble è un telescopio riflettore, ossia dotato di uno sistema di specchi curvi (in questo caso di forma iperbolica) per riflettere e concentrare la luce e ottenere così le immagini astronomiche, che vengono raccolte e codificate da un sistema elettronico, e successivamente inviate a terra per ulteriori analisi ed elaborazioni. È dotato di uno specchio primario con un diametro di 2 metri e 40 cm, ed è in grado di osservare nelle bande dell'infrarosso vicino, della luce visibile, e dell'ultravioletto. La struttura cilindrica del telescopio è lunga quasi 13 metri e mezzo e larga poco più di 4 metri (più o meno le dimensioni di un grosso autobus), ma è dotato di due grandi pannelli solari esterni che soddisfano tutte le esigenze di energia dello strumento. Il piano di osservazione e l'elaborazione delle immagini viene curata dallo Space Telescope Science Institute (STScI), creato per l'occasione e diretto come primo presidente da Riccardo Giacconi, italiano naturalizzato americano, e successivamente vincitore del Premio Nobel per la Fisica nel 2002.
La storia del telescopio Hubble
Le idee di un telescopio in orbita intorno alla Terra risalgono agli anni '20, ma solo negli anni '70 la NASA iniziò a considerarne effettivamente la fattibilità iniziando a destinare fondi allo sviluppo del progetto. Una volta assicurati i fondi, la costruzione iniziò nel 1978, con un obiettivo di lancio per il 1983. Difficoltà tecniche, problemi di budget, e nel 1986 il disastro dello Space Shuttle Challenger portarono a diversi rinvii finché il telescopio spaziale non venne finalmente messo in orbita dallo Space Shuttle Discovery nel 1990.
Entro poche settimane, gli astronomi si resero conto che le immagini mostravano un serio problema alle ottiche del telescopio, che riducevano di circa 10 volte le capacità dello strumento di ottenere immagini nitide. Un disastro. Immediatamente si cercò di capire quali fossero state le cause di questi problemi, e si scoprì che l'azienda che aveva prodotto lo specchio primario, l'americana Perkin-Elmer di Danbury in Connecticut, aveva utilizzato come riferimento un correttore di forma assemblato in maniera errata (una lente era fuori allineamento di 1,3 millimetri): questo aveva portato alla realizzazione di uno specchio le cui parti esterne erano troppo piatte, rispetto alla forma iperbolica corretta, di circa 2.200 nanometri (0,0022 millimetri). Per quanto minuscola, la differenza aveva conseguenze catastrofiche sulla qualità dell'immagine, generando un effetto chiamato aberrazione sferica, che colpiva principalmente le immagini delle galassie lontane e degli oggetti meno luminosi.
Dai problemi alle scoperte trionfali
Paradossalmente, il problema portò la comunità astronomica a sviluppare una serie di tecniche di miglioramento delle immagini, basate su analisi statistiche e algoritmi di correzione, che sarebbero diventate alla base di un grande numero di applicazioni scientifiche, prime fra tutte migliorando significativamente la qualità delle immagini per in radiologia e medicina nucleare, come la risonanza magnetica (RM) e la tomografia ad emissione di positroni (PET).
Appena fu chiara la natura del problema, la NASA si mise al lavoro per cercare di correggerlo, realizzando uno strumento che potesse compensare l'errore nella forma dello specchio: una sorta di "lente di occhiale" che, inserita nel sistema ottico del telescopio, potesse correggere i problemi e ottenere le immagini che tutti speravano. Lo strumento, chiamato Corrective Optics Space Telescope Axial Replacement (COSTAR), venne istallato in una serie di cinque "passeggiate spaziali" dall'equipaggio dello Space Shuttle Endeavour nel 1993. Questa fu la prima di cinque missione di manutenzione dell'Hubble nel corso di 15 anni, di cui l'ultima nel 2009. Attualmente, con il termine del programma Space Shuttle, non sono disponibili navette spaziali che possano effettuare missioni di manutenzione sull'Hubble.
Il risultato della correzione fu eccezionale, e la qualità delle immagini del telescopio spaziale Hubble superò di gran lunga le aspettative, ottenendo tra le immagini più belle e più famose della storia dell'astronomia, e contribuendo con i suoi dati allo sviluppo dell'astrofisica e alla comprensione dell'universo e dei fenomeni che in esso possiamo osservare.