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"Ambarabà ciccì coccò”, una simpatica filastrocca italiana per bambini utilizzata come conta nei giochi, è un componimento tramandato per generazioni, le cui possibili radici storiche e linguistiche sono incerte ma affascinanti, ricostruibili attraverso le teorie di studiosi e linguisti.
La versione più diffusa della filastrocca recita:
Ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore;
il dottore si ammalò
ambarabà ciccì coccò!
L'origine precisa del testo è incerta. In questo genere di componimento la musicalità e il ritmo hanno più rilevanza delle parole, eppure nel componimento c’è qualcosa di particolare: il primo verso sembrerebbe infatti un’insieme di parole dall'accostamento sillabico insensato; il secondo potrebbe costituire una frase di senso compiuto, dal terzo in poi le frasi sono sintatticamente corrente ma dal significato dubbio.
Ambarabà ciccì coccò, il possibile significato e le origini della filastrocca
La filastrocca è stata è stata indagata dal linguista italiano Vermondo Brugnatelli, che nel suo articolo "Per un'etimologia di am barabà ciccì coccò" ha ipotizzato che l'incipit possa derivare dal latino antico "HANC PARA AB HAC, QUIDQUID QUODQUOD", e nello specifico l'autore propone una scomposizione in elementi latini:
- "am": potrebbe derivare da "hanc", accusativo femminile singolare del pronome latino "hic", indicando "questa".
- "barabà": potrebbe essere una forma alterata di "para ab hac", dove "para" è l'imperativo del verbo latino "parare" (preparare, proteggere) e "ab hac" significa "da questa".
Combinando queste interpretazioni, l'incipit "am barabà ciccì coccò" potrebbe originariamente significare "Ripara questa (mano) da quest'altra (che fa la conta)…”, suggerendo che la filastrocca fosse utilizzata come una conta nei giochi infantili, in cui una mano doveva "ripararsi" dall'altra durante la selezione dei partecipanti. La sequenza “ciccì coccò”, invece, potrebbe essere il risultato di una trasformazione fonetica basata sulla "regola del ciff e ciaff”: fenomeno linguistico che prevede la creazione di parole mediante raddoppiamento con variazione vocalica: in questo modo una parola può essere formata ripetendo una sequenza consonantica, cambiando la vocale da una chiusa (come "i") a una più aperta o labializzata (come "o"). Da qui, "ciccì coccò" potrebbe derivare dalle parole latine "quidquid" e "quodquod", due forme pronominali indefinite. Altri esempi di questo fenomeno di trasformazione fonetica, per fare maggiore chiarezza, possono essere i suoni onomatopeici tic tac (orologio), tip-tap (ballo), o nomi come Qui Quo Qua (nipoti di Paperino), King Kong e così via.
Anche Umberto Eco, eminente filosofo, scrittore, traduttore, bibliofilo italiano, nel suo "Secondo diario minimo" (1992), ha analizzato la filastrocca in più lingue in chiave semiotica, evidenziando il carattere nonsense, tipico di molte filastrocche popolari.

Come sottolinea Eco, l’autore della fortunata filastrocca resta anonimo, e oggi "Ambarabà ciccì coccò" è diffusa in tutta Italia con alcune varianti: per esempio, in alcune versioni, le civette "facevano timore" alla figlia del dottore, anziché "l'amore". C’è da dire anche che negli ultimi anni la filastrocca è stata oggetto di reinterpretazioni e analisi da parte di chi ha cercato di attribuirle significati più profondi o morali, mentre altri sottolineano il suo carattere ludico e privo di un senso logico preciso che, come molte espressioni della tradizione orale, continua a divertire e incuriosire.