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14 Maggio 2024
11:29

Anatolij Bugorskij, il fisico russo che infilò la testa in un acceleratore di protoni e sopravvisse

Nel 1978, mentre il fisico russo Anatolij Petrovič Bugorskij stava riparando un guasto al sincrotrone U-70 di Protvino, nell'URSS, venne colpito da un fascio di protoni a una velocità prossima a quella della luce. I medici lo diedero per spacciato, Bugorskij si salvò. Ecco la sua storia e perché sopravvisse.

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Anatolij Bugorskij, il fisico russo che infilò la testa in un acceleratore di protoni e sopravvisse
Il fascio di protoni che colpì Bugorski

Può sembrare incredibile, ma c'è stato un uomo che ha infilato – per sbaglio – la testa in un acceleratore di protoni ed è sopravvissuto. Quell'uomo è il fisico russo Anatolij Petrovič Bugorskij, all'epoca trentaseienne, che nel 1978 fu protagonista di questo evento più unico che raro al sincrotone U-70 di Protvino, nell’oblast’ di Mosca.
L'acceleratore in questione, completato nel 1967, all'epoca era il più grande dell'Unione Sovietica ed era in grado di accelerare fasci di particelle (che viaggiavano all'interno di tubi metallici) a velocità elevatissime grazie a potenti campi magnetici.
Fortunatamente, il fascio di protoni che colpì il fisico russo era molto piccolo e attraversò parte del suo cervello per un tempo molto breve, e Bugorskij è ancora vivo per raccontare la sua storia, ma non sono mancate le ripercussioni fisiche di questo evento sfortunato e unico al mondo.

Come avvenne l'incidente: una serie di assurde coincidenze

Acceleratore di Protvino
Una parte del sincrotrone protonico U–70 (Istituto di Fisica delle Alte Energie di Protvino). Credits: Sergey Velichkin/TASS

La mattina del 13 luglio 1978 sembrava uguale a tante altre. Bugorskij era entrato in turno da poco, quando avvenne un guasto a un'apparecchiatura del sincrotone. Il fisico avvisò i tecnici dell'acceleratore di sospendere l'attività nel tunnel all'interno del quale veniva fatto passare un fascio di protoni ad alta energia da lì a 5 minuti, e si incamminò verso quell'area per controllare l'entità del danno e provare a sistemarlo.

Quando erano in atto degli esperimenti, la porta di entrata si bloccava automaticamente, e un lampadina rossa sopra di essa segnalava il fatto.

Quella mattina però, per un'assurda serie di coincidenze, Bugorskij trovò la lampadina fulminata, e il blocco automatico della porta disattivato (da chi, tutt'oggi non si sa). Il fisico trentaseienne, che aveva il passo di lince, arrivò al tunnel in meno di 5 minuti, entrò e si affrettò a riparare il guasto. Per farlo, infilò la testa nel tunnel dove veniva fatto passare il fascio di protoni, convinto che i tecnici avessero interrotto il tutto.

acceleratore di particelle
Interno del tunnel

Bugorskij vide un lampo «più luminoso di mille soli», come lo descrisse poi lui stesso. Il fascio di protoni, sparato con un'energia pari a 76 gigaelettronvolt (un'unità di misura dell’energia usata in fisica delle particelle), passò attraverso la parte posteriore della sua testa, attraversandogli i lobi occipitale e temporale del cervello, l'orecchio sinistro e uscì dal lato sinistro del naso.

Bugorskij disse che non provò dolori di alcun tipo, e anche in virtù di questo non pensò subito a quanto fosse grave il fatto. Infatti, il fisico continuò a lavorare per sistemare il guasto, e pensò che fosse meglio non dire niente a nessuno.

Le conseguenze dell'incidente

La notte si rese conto che forse aveva sottovalutato il tutto. Infatti, la metà sinistra del suo volto si gonfiò, e pochi giorni dopo la pelle iniziò a staccarsi, rivelando il percorso che il fascio di protoni aveva seguito lungo la sua testa. Venne ricoverato d'urgenza in un ospedale di Mosca. I medici che lo visitarono lo diedero subito per spacciato: del resto, aveva ricevuto una dose di radiazioni di circa 2000 gray (unità che considera la quantità di energia assorbita e trattenuta dalla materia irradiata, in questo caso il corpo umano), circa 400 volte superiore rispetto alla dose letale.

Con enorme sorpresa del personale medico che lo ebbe in cura nella clinica di Mosca in cui venne ricoverato, con il passare dei giorni Bugorskij si riprese, fino a tornare a casa. Terminò il dottorato di ricerca nel 1980, e poco dopo riprese a lavorare nel laboratorio di Protvino, senza riportare danni al suo intelletto. E i danni fisici? Certo, quelli non mancarono: Bugorskij perse completamente l'udito dell'orecchio sinistro, e visto che i nervi della parte sinistra del viso erano distrutti, quella metà del suo viso rimase paralizzata.

Non mancarono poi gravi episodi di crisi epilettiche. Nello specifico, il fisico soffrì di crisi di tipo tonico-clonico in cui il corpo è scosso da convulsioni per un periodo che varia dai 5 ai 20 minuti e il respiro si fa affannoso. Al termine di questo tipo di crisi, che con gli anni si fecero sempre più frequenti, Bugorskij non ricordava quasi mai quanto appena accaduto.

L'uomo non disse nulla a nessuno dell'incidente per anni a causa della politica di segretezza che vigeva negli URSS. Continuò a sottoporsi a visite mediche presso una clinica di Mosca specializzata nel trattamento di avvelenamenti da radiazioni fino al 1996, quando chiese alle autorità sanitarie russe lo status di disabile, che gli avrebbe permesso di ricevere gratuitamente i farmaci per l'epilessia. Il governo però respinse la richiesta perché le vittime degli incidenti da radiazioni in Russia vennero riconosciute solo a partire dal 1986, ossia quando accadde il disastro di Chernobyl.

C'era poi un altro impedimento a questa richiesta: nella cartella clinica dello sfortunato fisico non c'era traccia della natura "nucleare" dell'incidente a causa della censura sovietica.

Immagine
Anatolij Bugorskij molti anni dopo l’incidente.

Ma come ha fatto Bugorskij a sopravvivere?

Nonostante la mancanza di dati e informazioni utili a riguardo (del resto, non abbiamo altre storie simili a questa, per fortuna), alcuni scienziati hanno teorizzato che il fisico russo sia sopravvissuto a causa della ristretta concentrazione di energia nucleare contenuta nel fascio. Osservarono infatti che la maggior parte delle persone morte a causa delle radiazioni erano state esposte ad alte concentrazioni di materiale radioattivo diffondendosi interamente nel loro corpo. Inoltre, se il fascio avesse colpito la corteccia motoria, il lobo frontale e l'ippocampo, probabilmente il fisico non avrebbe visto l'agosto del 1978.

Certo è che non esistono ancora risposte certe riguardo a questo incredibile incidente. Il caso di Bugorskij è ancora oggi oggetto di analisi di medici, fisici e ricercatori che sperano di trovare risposta a un fatto veramente eccezionale.

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Veronica Miglio
Storyteller
Innamorata delle parole sin da bambina, ho scelto il corso di lingue straniere per poter parlare quante più lingue possibili, e ho dato sfogo alla mia vena loquace grazie alla radio universitaria. Amo raccontare curiosità randomiche, la storia, l’entomologia e la musica, soprattutto grunge e anni ‘60. Vivo di corsa ma trovo sempre il tempo per scattare una fotografia!
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