
I terremoti legati al bradisismo avvenuti finora ai Campi Flegrei, anche se molto numerosi, hanno avuto per la maggior parte magnitudo bassa, inferiore a 3. A spiegarne il perché è un nuovo studio pubblicato su Nature Communications Earth & Environment, condotto da ricercatori del Dipartimento di Fisica “E. Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dell’Università di Padova e di Vienna. Analizzando 56 eventi sismici avvenuti tra il 2020 e il 2025, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte dell’energia rilasciata dai Campi Flegrei non si propaga sotto forma di onde sismiche, ma si disperde limitando la magnitudo dei terremoti. Questo avviene grazie alle rocce della caldera, che per le loro particolari caratteristiche assorbono parte dell’energia. Nonostante ciò, è possibile che in futuro avvengano terremoti di magnitudo fino a 5, motivo per cui la prevenzione del rischio sismico ai Campi Flegrei resta una priorità.
Il meccanismo che ai Campi Flegrei limita la magnitudo dei terremoti
I ricercatori hanno analizzato 56 eventi sismici avvenuti tra il 2020 e il 2025 ai Campi Flegrei, utilizzando un approccio interdisciplinare che ha previsto l’integrazione di dati ottenuti con il monitoraggio sismico, esperimenti di laboratorio e simulazioni numeriche. Hanno così stimato che meno del 10% dell’energia rilasciata nella caldera, quando gli sforzi applicati alle rocce superano la loro resistenza, si propaga sotto forma di onde sismiche: il risultato è che la magnitudo dei terremoti è nella maggior parte dei casi bassa. Per analizzare il fenomeno è stato sviluppato un modello che descrive dal punto di vista quantitativo l’interazione tra due parametri: lo stress drop (letteralmente “diminuzione di sforzo”) e la velocità di rottura lungo le faglie. Lo stress drop indica la quantità di energia elastica, precedentemente accumulata nelle rocce sottoposte a sforzi, che viene rilasciata lungo una faglia durante un terremoto (più precisamente, è la differenza tra lo sforzo presente sulla faglia prima del terremoto e lo sforzo residuo dopo la rottura). La velocità di rottura è la velocità con cui la rottura si propaga lungo la superficie della faglia ed è strettamente legata all’attrito lungo di essa, alla resistenza delle rocce e alla geometria della faglia. I ricercatori hanno scoperto un legame inverso tra la quantità di stress rilasciato e la velocità di rottura: quando lo stress rilasciato è maggiore, la frattura si propaga più lentamente. Questo comportamento, apparentemente controintuitivo, è dovuto al danneggiamento intenso della roccia nella zona di faglia, che assorbe energia e rallenta la propagazione della rottura. È un meccanismo che ai Campi Flegrei previene lo sviluppo di fratture lunghe e di conseguenza il verificarsi di terremoti con magnitudo elevata.

Le rocce della caldera causano la dissipazione di energia ai Campi Flegrei
Nell’area della caldera dei Campi Flegrei solo una minima parte dell’energia liberata si propaga sotto forma di onde sismiche perché qui, tra 2 e 4 km di profondità, le rocce sono fragili e ospitano fluidi. Questo fa sì che la maggior parte si disperda sotto forma di calore e fratturazione “consumandosi” a livello locale nelle rocce circostanti la faglia e indebolendole ulteriormente. Ciò non significa che in futuro non potranno verificarsi terremoti di magnitudo superiore, fino a 5, dal momento che sono state individuate due faglie convergenti di grande estensione sotto Pozzuoli. Di certo, però, lo studio evidenzia come le strutture geologiche locali e la presenza di fluidi influenzino la pericolosità sismica nelle aree vulcaniche. Capire come i diversi materiali vulcanici rispondono agli sforzi potrebbe portare all’elaborazione di modelli applicabili a contesti geologici simili.
