
Dopo l'attacco di un drone esplosivo che ha colpito il sarcofago del reattore 4 di Chernobyl il 14 febbraio 2025, all’1:50 di notte – causando un grande incendio – la centrale nucleare è tornata al centro dell'attenzione. Malgrado l'entità dei danni, non sono state registrate dispersioni anomale di materiale radioattivo e tutt'ora la situazione è sotto controllo. Per quale motivo allora il danneggiamento del rivestimento esterno ha causato tanto clamore in queste ultime ore? Facciamo chiarezza.
L’attacco alla cupola del New Safe Confinement
14 febbraio 2025. La centrale nucleare di Chernobyl era avvolta nel silenzio quando all’improvviso gli addetti alla sicurezza udirono un boato fortissimo: la centrale – o meglio, il sarcofago protettivo esterno del reattore 4 – era stato colpito da un drone equipaggiato con una carica esplosiva. Si trattava di uno Shahed 136, un drone lungo 3,5 metri, con un’apertura alare di 2,5 metri e capace di trasportare una testata esplosiva dal peso compreso tra i 50 e i 90 kg. Come facciamo a sapere che si tratta proprio di questo modello? Semplice, le autorità ne hanno trovato i resti, come ad esempio il motore.
Chi lo ha lanciato? L’Ucraina ha accusato la Russia, ma il Cremlino ha negato. In questa sede comunque non ci interessa capire chi abbia sferrato l’attacco, quanto piuttosto le conseguenze che questo ha portato. Infatti l’esplosione è stata tale da perforare il sarcofago e dar vita a un incendio. E chiaramente in quei giorni i giornali di tutto il mondo avevano gli occhi puntati sulla centrale, intimoriti da un possibile rilascio di materiale radioattivo… ma fin da subito non si registrarono livelli di radiazioni superiori alla media. E tutt’ora i livelli sono a norma, come ribadito dalla IAEA in più occasioni. Ma come è possibile?
Per capirlo dobbiamo riavvolgere il nastro e capire come funzionano i sarcofagi protettivi di Chernobyl.
L'incidente a Chernobyl del 1986: il più grave della storia
Il 26 aprile del 1986 si verificò il più grave incidente nucleare della storia. Nello specifico il soggetto coinvolto fu il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl. Oggi non voglio ripercorrere esattamente cosa accadde ma quello che ci interessa sapere è che la priorità all’epoca era quella di incapsulare il nocciolo fuso e le circa 200 tonnellate di materiale altamente radioattivo.
Proprio per questo motivo venne realizzato un primo sarcofago protettivo in cemento e acciaio che, però, non fu progettato con una lunga aspettativa di vita: parliamo di circa 30 anni. La motivazione dietro a questa scelta è che la situazione era gravissima e la priorità non era progettare un’opera eterna, ma limitare il problema nel minor tempo possibile. Proprio per questo motivo però si decise di realizzare anche un nuovo sarcofago protettivo, questa volta dalle proprietà tecniche molto più alte.
È così che nacque l’idea del New Safe Confinement, un maxi rivestimento in acciaio la cui aspettativa di vita sarebbe stata di circa un secolo.
Cos'è il New Safe Confinement e cosa sappiamo
La costruzione di questo nuovo sarcofago, dal punto di vista ingegneristico, è incredibile: considerate infatti che è costato circa 1,7 miliardi di dollari ed è la più grande struttura mobile del mondo. Questa enorme copertura misura 108 metri di altezza per 164 di lunghezza e 257 di larghezza ed è considerata mobile perché non è stata costruita direttamente sul sarcofago interno, ma è stata spostata qui attraverso degli appositi binari nel 2016.
Questo rivestimento è formato da un telaio in acciaio, rivestito da ulteriori layer di acciaio inossidabile e policarbonato. È presente anche una membrana il cui obiettivo è garantire la chiusura ermetica con la struttura originale ed evitare la dispersione di polveri. Ma il sarcofago non serve solo a limitare i danni di un eventuale dispersione di materiale radioattivo. Il suo obiettivo è anche assicurare che il sarcofago interno risulti riparato, soprattutto dall’acqua. Perché dall’acqua? Perché questa potrebbe corroderlo.
Proprio per questo motivo al suo interno è stato installato anche un sistema di ventilazione e climatizzazione, così da garantire un controllo costante dell’umidità e della temperatura. Come avrete capito si tratta di una struttura progettata nei minimi dettagli e che sarebbe in grado di resistere a terremoti fino a magnitudo 6.0, uragani e brusche variazioni di temperatura… anche se i costruttori, purtroppo, non contemplarono la guerra tra le possibili fonti di danno.
Il drone riuscì tranquillamente a perforare il sarcofago esterno, mentre per quello più interno non abbiamo informazioni chiarissime. Infatti non sappiamo se non abbia subito danni in assoluto o se sia stato danneggiato solo lievemente – ma fatto sta che, in ogni caso, non è stata osservata alcuna fuoriuscita di materiale radioattivo e per questo i livelli di radiazioni sono in linea con quelli pre-attacco.
Ma quindi se la situazione al momento sembra sotto controllo, perché c’è tutto questo panico?
Chernobyl è sicura?
Tutto ha a che fare con il comunicato stampa numero 331 pubblicato dalla IAEA – cioè l’agenzia internazionale per l’energia atomica – nel quale si parla di una missione svolta nelle scorse settimane con l’obiettivo di valutare lo stato di salute del sarcofago. Cito testualmente:
La missione ha confermato che il sarcofago ha perso le sue funzioni primarie di sicurezza, compresa la capacità di confinamento, ma ha anche riscontrato che non vi erano danni permanenti alle sue strutture portanti o ai sistemi di monitoraggio.
Questa è la frase incriminata: il sarcofago ha perso le sue funzioni primarie di sicurezza. Il che è vero: come abbiamo visto il drone ha causato uno squarcio e danni estesi. Negli scorsi mesi sono stati svolti molti lavori per riparare il danno, ma come ricorda il presidente IAEA Rafael Grossi – di nuovo testualmente:
Sono state effettuate riparazioni temporanee limitate sul tetto, ma rimane essenziale un restauro tempestivo e completo per prevenire un ulteriore degrado e garantire la sicurezza nucleare a lungo termine.
Quindi insomma, il danno è stato riparato, ma non basta, serve un restauro completo per essere sicuri che anche in futuro la struttura resti sicura. Ma questo – e qui sta il nocciolo della questione – non vuol dire che ci sia ora una perdita di materiale radioattivo. Sembra una sottigliezza ma fa un’enorme differenza: il sarcofago non è sicuro, ma siamo ben lontani dall’essere sull'orlo di un nuovo disastro nucleare.
Proprio per questo motivo vari esperti si sono espressi sul tema in queste ore, come ad esempio Shaun Burnie, esperto di tecnologie nucleari, che ha dichiarato al NY Times che al momento lì non ci sono problemi particolarmente seri; o come il professore Jim Smith, ricercatore esperto di disastri nucleari, che ha dichiarato alla BBC che il rischio relativo alla dispersione di polvere radioattiva è basso.
Quindi, ricapitolando, il sarcofago è danneggiato ma le radiazioni per il momento sono sotto controllo. Hanno messo una pezza temporanea – se così possiamo dire – e stanno studiando dei sistemi per rendere l'aggiustamento definitivo, ma l'IAEA non ha detto niente che giustifichi una preoccupazione eccessiva. Quindi ci tengo a ribadire che è sempre necessario prestare molta attenzione a ciò che leggiamo online e che soprattutto per notizie come queste è sempre bene consultare le fonti primarie.