
Martin Luther King, nato ad Atlanta nel 1929 e assassinato a Memphis nel 1968 da James Earl Ray (un affiliato alla Cosa nostra statunitense), è stato un pastore protestante e il leader più noto dei neri degli Stati Uniti d'America. Si batté contro la segregazione razziale applicata fino agli anni ’60 in un vasto settore degli USA (celeberrimo è il suo discorso I have a dream), e fu uno dei dirigenti più in vista del movimento per i diritti civili. King, a differenza di altri leader, proponeva la lotta non violenta, basata su boicottaggi e dimostrazioni pacifiche, come la celebre Marcia su Washington del 1963. La segregazione fu abolita tra il 1964 e il 1965 ma la popolazione afroamericana continuò a vivere per lungo tempo (e in parte tutt'ora) in condizioni più disagiate di quelle dei bianchi. King, insignito del Nobel per la pace nel 1964, proseguì fino alla morte le battaglie per garantire ai neri l’effettiva parità.
La segregazione razziale negli Stati Uniti
Nel sud degli Stati Uniti (Alabama, Mississippi, Georgia e altri Stati dell’area) fino agli anni ‘60 del Novecento era in vigore la segregazione razziale: la popolazione afroamericana non poteva frequentare gli stessi luoghi dei bianchi (comprese le scuole e gli edifici pubblici) ed era discriminata sotto molteplici punti di vista. Dal punto di vista socioeconomico, inoltre, i neri appartenevano alle fasce più povere della popolazione. La segregazione si era sviluppata a partire dalla fine dell’Ottocento, quando era stata abolita la schiavitù.

Contro la segregazione si sviluppò un vasto movimento per i diritti civili, animato non solo da neri, ma anche da cittadini bianchi antirazzisti. Il movimento era formato da una pluralità di associazioni e negli anni ’50 e ’60 conseguì risultati molto rilevanti. Martin Luther King fu uno dei leader più popolari, se non il più popolare in assoluto, del movimento.
Chi era Martin Luther King
King nacque nel 1929 ad Atlanta (Georgia) con il nome di Michael. Suo padre era un pastore protestante che decise di cambiare il proprio nome e quello di suo figlio in Martin Luther nel 1934, dopo essere rimasto affascinato dalla figura d Martin Lutero. Da giovane, King decise di seguire le orme del padre e diventare un pastore. Dopo la laurea e il dottorato in teologia, fu assunto da una chiesa di Montgomery (capitale dell’Alabama), una delle località nelle quali il razzismo era più diffuso. King iniziò presto a interessarsi dei diritti dei neri e aderì alla National Association for the Advancement of Colored People, una delle più importanti organizzazioni antisegregazioniste.

Il caso di Rosa Parks e l’ascesa di King come leader degli afroamericani
Tra il 1955 e il 1956 King fu uno dei promotori del boicottaggio degli autobus, proclamato dalla comunità nera di Montgomery dopo il celebre episodio di Rosa Parks, una donna afroamericana che aveva rifiutato di cedere il suo posto a un bianco ed era stata perciò arrestata. La comunità nera boicottò gli autobus per oltre un anno, fino a quanto la Corte suprema giudicò illegale la segregazione sui mezzi di trasporto. King divenne uno dei leader afroamericani più in vista e nel 1957 fondò una nuova organizzazione, la South Christian Leadership Conference (SCLC), Congresso dei leader cristiani del Sud, della quale restò presidente fino alla morte.

King proponeva un approccio non violento, basato su proteste pacifiche, boicottaggi e scioperi, sul modello della lotta condotta da Gandhi in India. Le sue battaglie erano perciò diverse da quelle condotte da altre organizzazioni afroamericane, che non escludevano la violenza.
La marcia su Washington e la domenica di sangue
King continuò le sue campagne, sebbene fosse tenuto costantemente sotto controllo dall’FBI e subisse diversi arresti. Nel 1963 la campagna per i diritti civili andò incontro a una svolta decisiva. Il 3 maggio una dimostrazione a Birmingham, in Alabama, fu dispersa dalla polizia con metodi brutali. L’episodio suscitò indignazione in tutto il Paese. Il 28 agosto King e altri leader organizzarono a Washington la Marcia per il lavoro e per la libertà, una delle più celebri manifestazioni per i diritti civili della storia degli Stati Uniti. Parteciparono circa 250.000 persone, in maggioranza afroamericani. King fu uno degli oratori che presero la parola al Lincoln Memorial, dove la marcia si concluse, e pronunciò il suo discorso più noto, noto come “I have a dream”, “Io ho un sogno”. Dichiarò:
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona contiene. Io ho un sogno oggi.

Vittorie politiche e riconoscimenti personali
La Marcia su Washington accelerò l’emanazione del Civil Rights Act, una legge del 1964, che vietava la segregazione in tutti i luoghi pubblici, assestando un duro colpo alla legislazione razziale. Nello stesso anno King fu insignito del premio Nobel per la pace grazie alle sue battaglie antirazziste.
La segregazione, però, non era ancora sconfitta. In molti Stati del Sud alla popolazione afroamericana era negato, attraverso alcuni escamotage, il diritto al voto. King, la SCLC e altre associazioni organizzarono varie proteste per chiedere l’estensione del suffragio. Una manifestazione del 7 marzo 1965, la marcia da Selma a Montgomery, fu attaccata da bande di razzisti e dalla polizia dello Stato dell’Alabama, provocando una forte indignazione. Pochi giorni dopo il presidente Johnson firmò il Voting Rights Act, che estendeva il diritto al voto a tutti i cittadini.

Le ultime battaglie e l’assassinio di Martin Luther King
Le leggi del 1964 e del 1965 avevano messo fine alla segregazione legalizzata, ma non avevano garantito l’effettiva parità ai cittadini afroamericani, che vivevano in condizioni sociali ed economiche peggiori di quelle dei bianchi (situazione che per molti aspetti persiste ancora oggi). Dopo il 1965 King, ormai popolarissimo, partecipò a nuove marce e a nuove campagne.
Nel 1968 fu assassinato a Memphis: affacciatosi al balcone di un hotel, fu colpito con un fucile di precisione. Il colpevole fu arrestato due mesi dopo: James Earl Ray, un affiliato alla Cosa nostra statunitense. Le ragioni dell’omicidio non sono mai state chiarite fino in fondo.