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26 Aprile 2024
7:00

Biografia breve di Nelson Mandela, il Nobel per la pace che ha sconfitto l’apartheid in Sudafrica

Nelson Mandela (1918-2013), ex presidente del Sudafrica, è uno dei personaggi più iconici dell’età contemporanea e uno dei leader politici più apprezzati al mondo. La lotta contro il regime dell’apartheid gli costò 27 anni di prigione, ma si concluse con un pieno successo e gli valse il Nobel per la Pace.

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Biografia breve di Nelson Mandela, il Nobel per la pace che ha sconfitto l’apartheid in Sudafrica
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Nelson Mandela (1918-2013), conosciuto anche con il nomignolo di Madiba, è stato il leader politico dei neri del Sudafrica e attivista durante la lotta contro il regime dell’apartheid e il primo presidente nero della Repubblica Sudafricana, dal 1994 al 1999. Da attivista anti-apartheid fu capace di usare diverse strategie politiche, dalla non violenza alla lotta armata. Dopo aver subito una lunga detenzione in prigione durata 27 anni, riuscì a trovare un accordo con i leader della popolazione bianca per far cessare il regime della segregazione. Fu per questo premiato con il Nobel per la pace. Da presidente promosse la riconciliazione tra bianchi e neri e, pur non riuscendo a raggiungere tutti gli obiettivi che si era proposto, poté godere di grande stima e popolarità in tutto il mondo fino alla morte, sopraggiunta nel 2013.

Il giovane Mandela e il regime dell’apartheid in Sudafrica

Nelson Rolihlahla Mandela nacque nel villaggio di Mvezo, in Sudafrica, nel 1918 da una famiglia molto in vista, discendente dalla dinastia regnante sull’etnia Thembu. Nel 1940 si trasferì a Johannesburg perché non accettava il matrimonio che il suo capovillaggio voleva imporgli. Iniziò gli studi all'Università di Fort Hare e fu coinvolto nella lotta contro la politica razziale del governo.

Mandela a 19 anni
Mandela a 19 anni.

Va ricordato che il Sudafrica è abitato da una minoranza bianca (formata in parte da afrikaner, cioè discendenti dei colonizzatori olandesi, e in parte da persone di origine inglese) e da una maggioranza nera (il 70% circa della popolazione nel 1960, più dell’80% oggi), nonché da minoranze mulatte e indiane. All’inizio del Novecento il Sudafrica, pur facendo parte dell’impero britannico, guadagnò una vasta autonomia e nel 1961 ottenne la piena indipendenza. Il Paese, però, era dominato dalla minoranza bianca, in particolare da quella di etnia afrikaner, che impose un durissimo regime di segregazione razziale, noto come apartheid (grosso modo traducibile con “separatezza”).

La popolazione nera subiva pesanti discriminazioni in tutti gli aspetti della vita sociale. Oltre a non potersi avvicinare a gran parte dei luoghi frequentati dai bianchi, i neri non potevano spostarsi all’interno del Paese senza uno speciale passaporto. Milioni di persone, inoltre, furono cacciati dalle loro case e costrette a trasferirsi nei bantustan, territori semi-indipendenti nei quali proliferavano la povertà e le malattie infettive. L’apartheid prese avvio negli anni ’20, ma si consolidò soprattutto dopo il 1948.

Mappa dei bantustan nel 1994 (credits Htonl)
Mappa dei bantustan nel 1994. Credits: Htonl.

La lotta di Mandela contro l’apartheid

Mandela divenne un attivista anti-apartheid negli anni giovanili e nel 1942 aderì all’African National Congress, il partito che si batteva per i diritti della popolazione nera. Assunse presto un ruolo di primo piano e già nel 1944 fondò l’organizzazione giovanile del partito. L’ANC seguiva un approccio non violento e negli anni ’50 organizzò numerosi scioperi e boicottaggi. Mandela partecipò a tutte le battaglie e nel 1956 fu arrestato e sottoposto a un lungo processo che si concluse con l’assoluzione.

La strategia politica dell’ANC cambiò in seguito al massacro di Sharpeville del 1960, avvenuto perché la polizia aprì il fuoco sulla folla che protestava contro i passaporti interni, uccidendo settanta persone. Mandela, insieme gli altri dirigenti dell’ANC, decise passare alla lotta armata e fu tra i fondatori della milizia Umkhonto we Sizwe (“Lancio della Nazione”), finalizzata a compiere azioni di guerriglia e sabotaggi contro il regime.

Mandela brucia il suo passaporto interno nel 1960 in segno di protesta
Mandela brucia il suo passaporto interno nel 1960 in segno di protesta.

La lunga detenzione in prigione

Mandela fu arrestato nuovamente nel 1962 per la sua attività con Umkhonto we Sizwe e condannato all’ergastolo per sabotaggio e alto tradimento. Fu rinchiuso nella prigione di Robben Island, un’isoletta al largo delle coste sudafricane, e vi restò fino al 1982, quando fu trasferito in un carcere di Città del Capo.

La cella di Mandela a Robben Island (credits Witstinkhout)
La cella di Mandela a Robben Island. Credits: Witstinkhout.

Durante la detenzione studiò l’afrikaans (la lingua degli afrikaner) e continuò, nei limiti consentiti dalla condizione di detenuto, la lotta contro l’apartheid. Il suo nome, scandito nelle manifestazioni di piazza in tutto il mondo, divenne un simbolo delle battaglie contro il razzismo e il colonialismo.

La liberazione e la fine dell’apartheid

Nella seconda metà degli anni ’80 il sistema dell’apartheid entrò in crisi. La comunità internazionale mise sotto pressione il regime sudafricano e nella minoranza bianca gli oppositori della segregazione divennero più numerosi. Il presidente Frederik De Klerk, eletto nel 1989, avviò trattative con Mandela, ancora detenuto, ma ormai leader riconosciuto dei sudafricani neri. Mandela e De Klerk concordarono che a tutti i sudafricani dovevano essere riconosciuti gli stessi diritti indipendentemente dal colore della pelle, mettendo fine all’apartheid, e che doveva essere promossa la riconciliazione nazionale, senza punizioni contro i responsabili delle discriminazioni.

L’11 febbraio 1990, dopo 27 anni di detenzione Mandela uscì dal carcere e fu accolto a Città del Capo da un’enorme folla festante. Tre anni più tardi fu insignito del premio Nobel per la pace insieme a De Klerk.

Mandela presidente del Sudafrica

La fine dell’apartheid garantì ai neri il diritto al voto e nel 1994, nelle prime elezioni libere della storia sudafricana, Mandela fu eletto presidente con oltre il 60% dei consensi. Dopo l’elezione, promosse attivamente la riconciliazione.

Un evento gravido di conseguenze fu la finale del campionato del mondo di rugby del 1995, disputato in Sudafrica, che contrappose i padroni di casa agli “All Blacks” della Nuova Zelanda. La nazionale di rugby era uno dei simboli del suprematismo afrikaner e non era amata dai neri. Ciò nonostante, Mandela si presentò allo stadio vestito con i colori della nazionale, fece il tifo per la squadra insieme agli altri spettatori (quasi tutti bianchi) e premiò personalmente il capitano: intendeva in tal modo “avvicinare” bianchi e neri e creare un’identità comune. Non a caso, la finale del 1995 è stata definita “la partita che ha fatto una nazione”.

Con François Pienaar, capitano della squadra sudafricana di rugby
Con François Pienaar, capitano della squadra sudafricana di rugby

Da presidente, però, Mandela andò incontro anche ad alcuni insuccessi. Il più grave fu il fallimento nel contrasto alla diffusione dell’Aids, che in Sudafrica provoca centinaia di migliaia di morti all’anno.

Il ritiro dalla politica e la morte

Mandela lasciò la presidenza nel 1999 e continuò a impegnarsi nelle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Negli anni Duemila ricevette numerosi riconoscimenti in tutto il mondo e nel 2008 a Londra fu organizzato un grande concerto per festeggiare il suo novantesimo compleanno, con la presenza di circa 500.000 persone. Nel 2013 contrasse una grave infezione polmonare e il 5 dicembre morì.

Fonti
Nelson Mandela Foundation
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