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27 Dicembre 2025
16:30

Chi erano i “muckrakers”, pionieri statunitensi del giornalismo investigativo che smascheravano scandali

All’inizio Novecento, un pugno di risoluti pubblicisti americani diede un forte impulso a un genere ancora in formazione, ma destinato a cambiare le cose: il giornalismo investigativo.

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Chi erano i “muckrakers”, pionieri statunitensi del giornalismo investigativo che smascheravano scandali
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Con il termine muckrakers si indica un gruppo ristretto di giornalisti investigativi (ma anche, in minor parte, scrittori e fotografi) che, nei primi anni del XX secolo, tentarono di cambiare il modo di raccontare la realtà e le sue articolazioni, esponendo corruzione, scandali e ingiustizie sociali su tutti i fronti, dalla società alla politica, dall’economia alla finanza.

L'obiettivo era quello di superare l’eccessivo equilibrio di grandi giornali come il New York Times o lo stile leggero e disimpegnato di quotidiani come il New York World dell’editore Joseph Pulitzer o il New York Journal dell’imprenditore William Randolph Hearst.

Fu così che su riviste statunitensi come McClure’s Magazine, Collier’s Weekly, Everybody’s Magazine o Cosmopolitan iniziarono a comparire i lunghi articoli dei muckrakers, che indagavano i meccanismi del potere e ne denunciavano le storture.

Da dove viene il termine "muckrakers" e cosa significa

Gli autori di questi testi vennero più avanti ricordati come “muckrakers”, letteralmente “rastrellatori di letame”. Il termine si diffuse nel 1906, grazie a un discorso tenuto a Washington dal presidente Theodore Roosevelt (uno dei quattro presidenti il cui volto è scolpito sul monte Rushmore e in carica dal 1901 al 1909).

Roosevelt_Wikipedia Commons
Theodore Roosevelt Jr., 26º presidente degli Stati Uniti.

In quell'occasione, Roosevelt usò la parola in senso negativo per riferirsi ai reporter che si occupavano quasi esclusivamente dei problemi degli Stati Uniti. Disse che, certo, la libertà di stampa era necessaria per contrastare i politici corrotti e gli uomini d’affari (“the big business man”) che accumulavano denaro in modo illegittimo, ma anche che quel tipo di giornalismo battagliero rischiava di minare la fiducia di lettori e lettrici, mettendo in secondo piano gli sforzi per migliorare la società.

Roosevelt accostò così i nuovi giornalisti a un personaggio creato dal predicatore e scrittore puritano John Bunyan nell’opera allegorica The Pilgrim’s Progress, del XVII secolo: uno uomo che rovistava nella sporcizia con un piccolo rastrello (“muck-rake”) senza mai alzare lo sguardo al cielo, tanto ossessionato da quell’ingrato compito da rinunciare persino all’offerta di una corona celeste (“celestial crown”). Insomma, un uomo così dedito all’osservazione del male che non riesce più a riconoscere il bene.

L’etichetta di “muckrakers” aveva quindi un intento denigratorio e fu contestata da molti di coloro che si sentirono presi in causa. Eppure, col tempo, è diventata il simbolo di un lavoro tenace e puntiglioso.

Il giornalismo dei muckrakers nell’Età progresssista 

Questo fermento giornalistico si manifestò in un clima particolare, nella cosiddetta Età progressista degli Stati Uniti  (1900-1920). Allora l’industrializzazione accelerava e la società mutava rapidamente, ma esistevano anche concentrazioni di potere economico e finanziario e altrettanto grandi sperequazioni sociali. Basti pensare che nel 1900 il reddito medio annuo pro-capite degli statunitensi (una misura indicativa del livello economico medio) era già tra i più alti al mondo. Tuttavia, l’1% della popolazione possedeva più del 50% della ricchezza nazionale.

Come ha sottolineato lo storico Stefano Luconi, circolavano teorie che elogiavano i milionari e giustificavano la disuguaglianza, anche se “metà dei nuclei familiari era priva di proprietà e un numero di individui stimato tra i 10 e i 20 milioni viveva sotto la soglia di povertà”.

New York City, 1909_Wikipedia Pubblico dominio
New York City, 1909

Nello stesso periodo, emersero anche idee e istanze differenti: molti chiesero di sperimentare soluzioni nuove per sanare gli squilibri più evidenti, e intellettuali, sindacati, associazioni popolari e organizzazioni femministe ottennero misure correttive e cambiamenti legislativi.

I giornalisti identificati con l’etichetta di muckrakers operarono proprio in questo contesto, sullo sfondo di un ampio movimento di riforme politiche ed economiche, culturali e sociali. E lo fecero per sollevare questioni a lungo marginalizzate, come le degradanti condizioni dei quartieri sovraffollati nelle città industrializzate o le crescenti difficoltà degli operai, oppure la ramificazione delle attività criminali e la spropositata influenza di gruppi di interesse svincolati dal controllo democratico.

I muckrakers non volevano bloccare l’impetuoso sviluppo statunitense ma correggerne gli effetti negativi, ampliando le garanzie per la cittadinanza.

I volti nuovi del giornalismo investigativo 

Molti furono i pubblicisti coinvolti, come Upton Sinclair (1878-1968) o Ray Stannard Baker (1870–1946). Tra i profili più emblematici ci fu Ida Tarbell (1857-1944). Fu lei a puntare i riflettori sulla Standard Oil Company, il colosso petrolifero che, costituendo quasi un monopolio, agiva nei settori della produzione, del trasporto, della raffinazione e della commercializzazione dell’oro nero.

Ida Minerva Tarbell_Wikipedia Commons
Ida Minerva Tarbell

Tarbell realizzò un’inchiesta fitta di dati e dettagli pubblicando articoli su McClure’s Magazine e raccogliendoli poi in un volume unico: The History of the Standard Oil Company, nel 1904. Riuscì così ad evidenziare tutta una serie di pratiche disinvolte che avevano portato la Standard Oil Company al centro dell’economia industriale statunitense. Anche grazie a Tarbell il governo rilanciò le politiche antitrust, finalizzate a tutelare la concorrenza tra imprese e a evitare l’abuso di posizioni dominanti sul mercato. Nel 1911 la Corte Suprema, il massimo organo giudiziario negli USA, ordinò lo spacchettamento della Standard Oil in 34 distinte compagnie.

Sempre nel 1904, ottenne visibilità anche Lincoln Steffens (1866-1936), l’autore del libro The Shame of the Cities (“La vergogna delle città”). Steffens tentò di mettere a nudo la rete di complicità e connivenze all’interno della democrazia americana. Per farlo indagò sulle amministrazioni municipali – da St. Louis a Minneapolis, da Pittsburgh a Philadelphia fino a Chicago – criticando spregiudicati uomini di partito e scaltri imprenditori entrati negli ambienti finanziari.

Joseph Lincoln Steffens_Wikipedia Pubblico dominio
Joseph Lincoln Steffens

Il giornalista non risparmiò nemmeno la società civile: attaccò l’inerzia degli statunitensi nell’opporsi al degrado delle istituzioni e il distacco nei riguardi della politica. “Il popolo – scrisse – non è innocente”. The Shame of the Cities fu un martello impugnato per battere chiodi diversi. E anche un esempio del metodo dei “muckrakers”, con un frenetico ed efficace dosaggio di toni sensazionalistici, ricostruzioni mirate e severi richiami alla responsabilità collettiva.

Cosa hanno lasciato i muckrakers 

I muckrakers furono protagonisti di una stagione tutto sommato breve, all’alba di un secolo nuovo, il Novecento, e negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale.  Eppure l’inchiostro versato allora, impresso su carta grazie a macchine da scrivere di fabbricazione industriale, non sparì.

Sul breve periodo, questo tipo di giornalismo alimentò la spinta per la modernizzazione del capitalismo statunitense e influenzò le dinamiche politiche all’interno dei principali partiti nazionali, quello democratico e quello repubblicano, sia sul piano municipale che statale. Per avere maggiore trasparenza, ad esempio, alcuni governatori promossero leggi più stringenti sui finanziamenti delle campagne elettorali da parte delle lobby d’affari.

Sul lungo periodo, poi, i muckrakers contribuirono ad ampliare il raggio d’azione del giornalismo. Negli stessi anni, del resto, si avviò un percorso di professionalizzazione del mestiere. Prima di tutto gli Stati Uniti guadagnarono terreno nell’ambito del sistema internazionale delle agenzie di stampa, con realtà come l’Associated Press, l’International News Service o la United Press Association, che fornivano servizi informativi a moltissime redazioni sparpagliate per tutta la federazione.

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Nel 1908 venne fondata una vera e propria scuola di giornalismo presso l’Università del Missouri, nella regione del Midwest. Nel 1912, a New York, fu poi il turno della Columbia University Graduate School of Journalism, all’interno della Columbia University. Da lì i luoghi di formazione si moltiplicarono e nel 1935, tra dipartimenti universitari e strutture scolastiche, si arrivò a 1200 laureati ogni anno.

Nei decenni successivi, mentre la radio e poi la televisione entravano negli spazi pubblici  e privati, furono definiti tecniche, funzioni, principi e prospettive del giornalismo, con riflessioni sul rapporto tra libertà di espressione, opinione pubblica e democrazia rappresentativa. Anche il giornalismo investigativo ne uscì trasformato, con una crescente attenzione alle moltiplicazione delle voci e delle fonti, alle verifiche incrociate e all’esposizione rigorosa delle informazioni.

Il lavoro dei muckrakers – riletto, rielaborato e discusso – fu assorbito all’interno di una cultura professionale codificata. L’impulso dei pubblicisti dell’Età progressista non fu quindi dimenticato. Dopo la Seconda guerra mondiale, però, si adottò un approccio meno altisonante, non del tutto legato a singole rivendicazioni riformiste o a contesti locali e più focalizzato sulla critica del potere politico a livello federale.

Da questo punto di vista si svilupparono almeno due tendenze spesso accostate ai muckrakers: il giornalismo militante pronto a schierarsi su temi sociali (“advocacy journalism”) e quello di alcune riviste della controcultura degli anni ’60 e ’70 (“underground journalism”), nate nel quadro delle contestazioni studentesche, delle lotte per i diritti civili e della vastissima opposizione alla guerra in Vietnam.

Anche una parte della stampa statunitense più autorevole, inclusi quotidiani come il New York Times e il Washington Post, si aprì al giornalismo investigativo. Si impose gradualmente la convinzione che il giornalismo, oltre che un mezzo di mediazione della realtà, dovesse anche essere un contropotere democratico. L’inchiesta giudiziaria e giornalistica del Watergate (1972-1974), che indusse il presidente Richard Nixon alle dimissioni, fu il culmine di quella stagione.

watergate nixon

Nel frattempo i muckrakers (i “rastrellatori di letame”, come detto) entrarono a pieno titolo nella storia del giornalismo statunitense.

FONTI PRINCIPALI
A. L. Heyse, Theodore Roosevelt, “Address of President Roosevelt at the Laying of the Corner Stone of the Office Building of the House of Representatives, April 14 1906” (“The Man with the Muck-Rake)”, in Voices of Democracy, n. 5, 2010, pp. 1-17 L. Steffens, The shame of the cities, McClure, Phillips and Company, New York 1904 I. Tarbell, The History of the Standard Oil Company, 1, Phillips and Company, New York 1904
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