Il murale di Banksy a Venezia sarà rimosso per il restauro: come toglieranno “Migrant Child” dal muro

Nei prossimi giorni il murale Migrant child (“bambino migrante”), opera stencil del famosissimo street artist Banksy, verrà rimosso per essere restaurato. L'opera, comparsa nel 2019 a Venezia sul muro di Palazzo Pantalon nel quartiere Dorsoduro, raffigura un bambino dal volto addolorato intento a lanciare un razzo fucsia nella speranza di essere notato e salvato, mentre le acque del canale rischiano di inghiottirlo. Il murale ha subito un rapidissimo degrado a causa dell’umidità, della salsedine e delle onde abbondanti del Rio Novo, uno dei canali più trafficati della città. Nel marzo 2024 Banca Ifis ha acquistato Palazzo Pantalon proprio con l’obiettivo di restaurare il murale.

Questo progetto sta dividendo l'opinione pubblica e degli addetti ai lavori: per qualcuno non è giusto scollocare un’opera di street art dal contesto originale in cui l’artista l’ha voluta, ben consapevole del deterioramento a cui va incontro; per altri invece va trattata come un bene culturale la cui durata nel tempo porta valore alla collettività e va quindi preservata.

Ma come è tecnicamente possibile “staccare” un murale da un muro, e poi riattaccarlo? Occorrono raffinate tecniche di conservazione di arte muraria, tramandate da secoli da artigiani e maestri restauratori.

Migrant child di Banksy: il (divisivo) progetto di restauro del murale

Banksy è senza dubbio un artista “scomodo”: oltre a tenere segreta la sua identità, le sue opere contengono un’aperta denuncia politica e critica sociale e – proprio come vuole l’essenza della street art – vengono realizzate senza chiedere il permesso ai proprietari dei muri e negli ultimi anni sono rivendicate via social. In Italia, l’artista ha realizzato due opere: una è appunto Migrant Child, l’altra è La Madonna con la pistola, in Piazza Girolomoni a Napoli.

Banksy, in diverse occasioni, ha rilasciato comunicazioni in cui si è mostrato contrario alla decontestualizzazione delle sue opere d’arte e all’esposizione nei musei, oltre che al pagamento del biglietto per vederle.

In occasione del restauro ci si chiede quindi se la volontà dell’artista inglese sia davvero quella di rinnovarla, o se il suo degrado – dato il luogo appositamente scelto per la sua installazione – sia parte dell’opera, la cui caducità ne esprime il senso profondo, dato l’argomento trattato.

In una conferenza stampa di ottobre 2023 rilasciata dal Ministero della Cultura, Vittorio Sgarbi – allora sottosegretario alla cultura – si è pronunciato favorevolmente al restauro e ha annunciato che, grazie a un’importante banca entrata in gioco, l’intervento si sarebbe potuto effettuare. Palazzo Pantalon è infatti stato acquistato da Banca Ifis, che restaurerà oltre il murale anche gli interni dell’edificio per creare una sede dell’azienda e uno spazio espositivo.

La gara d’appalto per il restauro è poi stata vinta dallo studio di architettura di Zaha Hadid, in collaborazione con la Soprintendenza del Ministero della Cultura, il Comune di Venezia e la Regione Veneto, e in questi giorni di gennaio 2025 si procederà con la rimozione di Migrant Child.

Come si “strappa” un murale da un muro per restaurarlo

Ma quindi, come si toglie un murale da un muro e come si procede al suo restauro e ricollocamento?

Posto che, date le difficoltà tecniche evidenziate e il pessimo stato di Palazzo Pantalon, non abbiamo certezza di quali azioni verranno effettivamente messe in atto dai restauratori e dai proprietari dei muri riguardo a Migrant Child, vediamo come si può comunque attuare un’opera di conservazione di questo tipo.

Innanzitutto, sfatiamo un mito: non si stacca un pezzo di muro e poi lo si riattacca, è solo l’opera ad essere rimossa.

La tecnica, messa a punto già nel ‘700 artigiani e restauratori, prende proprio il nome di “tecnica dello strappo”: il primo passaggio è creare una tela di stoffa che ricopre l’opera e parte del muro che lo circonda.

Procedendo con estrema cautela, si utilizza poi uno scalpello per staccare la tela dal muro, prelevano uno strato di pochi millimetri a cui sarà attaccata anche l’opera. Si avrà quindi in mano una vera e propria tela trasportabile e potenzialmente arrotolabile, proprio come la tela di un dipinto.

La tela si trasporta, l’opera si restaura, e si colloca poi su una nuova tela, che verrà poi riattaccata al muro originale oppure collocata in uno spazio espositivo.

Nel caso specifico di Migrant Child, la soprintendenza ha valutato che la condizione ambientale in cui si trova a causa della presenza dell’acqua e del muro impregnato da sali presenti un caso “senza precedenti”.

L’attuale proprietà si è esposta in modo favorevole al ricollocamento, sperando che l’opera di Banksy resti in loco, ma si è anche valutata la possibilità di darle una nuova “casa” in uno spazio espositivo a Venezia, sostituendola con una riproduzione.

Il dibattito continua, è naturale chiedersi cosa l’artista stesso farebbe, ma intanto possiamo prendere nota del fatto che sul sito di Pest Control, la società che che gestisce la burocrazia per l'artista dei graffiti ci viene detto:

Se state pensando di contattarci perché avete accesso privilegiato ad aree sottoposte a sicurezza che hanno bisogno di essere vandalizzate, per favore, fatelo.

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