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30 Ottobre 2024
9:00

Cos’è l’ameba “mangiacervello”, dove si trova, quali sono i sintomi e perché è così pericolosa

L'ameba mangiacervello (Naegleria fowleri) è la causa della meningoencefalite amebica primaria, una rara infezione del sistema nervoso centrale che porta a necrosi del tessuro cerebrale e ha una letalità altissima. Vive soprattutto nelle acque dolci degli USA meridionali. L'infezione può essere contratta solo se l'acqua contaminata entra nel naso.

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Cos’è l’ameba “mangiacervello”, dove si trova, quali sono i sintomi e perché è così pericolosa
ameba mangiacervello

La cosiddetta “ameba mangiacervello” è il nome comune della Naegleria fowleri, un organismo unicellulare eucariota che si può muovere tramite delle specifiche estroflessioni e che si trova prevalentemente nell'acqua dolce e calda (fino a 46 °C) in piscine sporche, sorgenti termali, laghi e fiumi. L'appellativo “mangiacervello” deriva dal fatto che questo organismo è causa nell'uomo della meningoencefalite amebica primaria, un'infezione cerebrale molto rara ed estremamente letale (ha una mortalità del 97%) per la quale non vi è attualmente una cura. L'infezione è repentina e manda in completa necrosi il tessuto cerebrale. Viene contratta solo se l'acqua contaminata entra nel naso, poiché è da qui che questa ameba raggiunge poi il cervello, dove sviluppa l'infezione.

Dove si può trovare l'ameba “mangiacervello”

L'ameba mangiacervello vive in acqua esclusivamente dolce e calda, tendenzialmente con temperature tra i 26 e i 46 °C, anche se a volte si sono viste proliferare anche in temperature minori, soprattutto nelle piscine esposte al sole e non ben disinfettate. Questo tipo di ameba può quindi trovarsi nelle acque di laghi e fiumi, acque di scarico, scaldabagni, falde acquifere, sorgenti termali, acqua potabile non trattata, acqua di rubinetto, scaldabagni, piscine (in particolare piscine trattate con insufficiente cloro ed esposte al calore del sole che ne fa aumentare la temperatura).

Può trovarsi ovunque nel mondo, ma la maggior parte dei casi provengono dagli USA, in particolare negli Stati meridionali, ma soprattutto in Georgia, in Florida e in Texas, questo a causa del particolare caldo presente soprattutto nei mesi estivi e primaverili e alla scarsa attenzione alla pulizia di piscine e alla decontaminazione dell'acqua.

Naegleria fowleri
Naegleria fowleri. Credit: USCDC, Public domain, via Wikimedia Commons

Come si contrae la meningoencefalite amebica primaria

L'unico modo per contrarre la malattia generata dall'ameba mangiacervello è attraverso il naso. Infatti, questo organismo ha modo di raggiungere il cervello soltanto se entra dal naso. In particola, una volta aspirata dal naso, si lega alla mucosa olfattiva e la attraversa, arrivando ai vasi sanguigni e utilizzando, infine, il nervo olfattivo per arrivare alle fosse cerebrali inferiori. Una volta arrivata qui inizia a causare necrosi, infiammazione e gonfiore. A questo punto interviene il sistema immunitario che crea una reazione infiammatoria a cascata molto acuta. la quale fa progredire la malattia e aumenta il danno neuronale.

Molti casi di meningoencefalite amebica sono dovuti ai lavaggi nasali fatti con acqua del rubinetto contaminata e alla frequentazione di piscine contaminate.

L'infezione provocata dall'ameba mangiacervello non si trasmette da un paziente all'altro né bevendo acqua contaminata e nemmeno dalle goccioline di aerosol sospese in aria in ambienti molto umidi. Il controllo dell'acqua nei mesi estivi è cruciale per evitare la trasmissione di questo tipo di infezione, perché l'acqua nelle tubature e nelle piscine, per esempio, subisce un aumento di temperatura dovuto al caldo estivo, e quindi la possibilità di proliferazione dell'ameba aumenta molto.

I sintomi dell'infezione da “ameba mangiacervello”

I sintomi della meningoencefalite amebica primaria compaiono solitamente dopo 5 giorni (talvolta si manifestano fino a 12 giorni dall'entrata dell'ameba nel naso). Inizialmente sono indistinguibili da quelli della meningite batterica, e in contemporanea compaiono perdita dell’olfatto, febbre, nausea e vomito, fotofobia (ipersensibilità luce), mal di testa e rigidità alla nuca. Successivamente compaiono sonnolenza eccessiva, convulsioni, allucinazioni, confusione e coma.

La morte avviene in circa 10 giorni. L'infezione è estremamemte letale: in 60 anni solo 5 persone su 154 si sono salvate dopo averla contratta; la maggior parte dei superstiti ha perso l'uso della parola e/o degli arti inferiori. Il trattamento comprende un cocktail di antimicotici e antibiotici, ma la mortalità resta altissima e, di fatto, i farmaci diventano quasi sempre inefficaci.

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