
Per parlare del cosiddetto "taglio alla ghigliottinata", associato ai giovani aristocratici francesi durante e dopo la Rivoluzione francese per commemorare le vittime condannate a morte per ghigliottina, dobbiamo inquadrare anzitutto il periodo storico. Nel pieno della Rivoluzione francese, nel 1793, in Francia iniziò il cosiddetto Regime del Terrore: il Comitato di Salute pubblica, capeggiato dal giacobino Maximilien Robespierre, condannò a morte migliaia di veri o presunti "nemici della Rivoluzione" con la decapitazione per ghigliottina. L'obiettivo era quello di rovesciare definitivamente la monarchia e l'aristocrazia dopo che, a gennaio dello stesso anno, era stato ghigliottinato il re Luigi XVI.
Il Comitato di salute pubblica, istituito per proteggere la Francia dai suoi nemici, andò così a giustiziare chiunque fosse anche solo sospettato di sostenere la monarchia o di lavorare contro la rivoluzione. Tuttavia, nel 1794, pur con decine di migliaia di morti alle spalle, Robespierre e gli altri capi rivoluzionari furono arrestati dall'Assemblea nazionale e furono condannati a morte senza processo pubblico, interrompendo la carneficina.
A questo punto inizia una storia in cui i confini tra realtà e leggenda sono labili: alcune fonti sostengono che negli anni che seguirono il Regno del Terrore, cioè gli anni finali del Settecento, molti giovani aristocratici si riunirono in danze clandestine per celebrare la fine di una vita vissuta nella paura e il ritorno alla normalità. Queste feste sono note come bals à la victime (in italiano "balli delle vittime"). D'latro canto oggigiorno di questi eventi abbiamo pochissimi resoconti, nessuno dei quali di prima mano.
In base alle poche testimonianza di seconda mano in nostro possesso questi incontri sarebbero stati a metà tra una festa e un tributo ai morti e avrebbero previsto uno specifico dress code: molte donne avrebbero indossato dei collarini rossi, delle perline o dei nastri attorno al collo per simboleggiare il punto in cui avrebbero ricevuto il taglio della lama della ghigliottina in caso di cattura e condanna a morte. Sia gli uomini sia le donne, inoltre, avrebbero tagliato i capelli corti all'altezza del collo come veniva imposto in effetti alle persone condannate prima dell'esecuzione (per assicurarsi che la lama tagliasse la testa senza incepparsi).
Questo taglio di capelli in realtà era già in uso da prima della Repubblica ed era noto come coiffure à la Titus: il nome si doveva al fatto che era ispirato ai busti degli imperatori romani. In seguito fu scelto dalle donne repubblicane, come un simbolo della resistenza, e infine sarebbe arrivato appunto anche tra i giovani aristocratici che, come parte del loro lutto, avrebbero trasformato il taglio nella coiffure à la victime. Alla fine, in un modo o nell'altro, lo stile si insinuò nella moda dell'alta borghesia e persino la moglie di Napoleone, Giuseppina di Beauharnais, mostra questo taglio nei ritratti del pittore Pierre-Paul Prud’hon.

I "balli delle vittime" sono stati sensazionalizzati nel corso della storia e molti storici hanno difficoltà a discernere i resoconti accurati. Nell'Ottocento, lo storico francese Théophile Lavallée definì questi incontri come eventi "in cui si ballava in abiti da lutto e a cui erano ammessi solo individui i cui parenti erano morti sul patibolo". Lo storico del Novecento Ronald Schechter affermò invece che i balli fossero "voci marginali appena menzionate dai contemporanei [che entrarono] nel canone storiografico come un fatto indiscusso… I racconti dei balli delle vittime nacquero principalmente dal terreno letterario del "romanticismo della ghigliottina" e dal fantastico nel secondo quarto del diciannovesimo secolo". Senza fonti primarie che documentano le danze, in effetti, è difficile distinguere completamente i fatti dalla finzione. Tuttavia, in base ai dipinti dell'epoca, sappiamo che il taglio era reale, e così anche l'abitudine dei nastri rossi portati intorno al collo.