Nella Francia del Settecento i privilegi della nobiltà e il potere assoluto del re creavano molto malcontento. Un nuovo movimento culturale, l’Illuminismo, mise in discussione la legittimità del sistema politico-sociale e nel 1789 scoppiò la rivoluzione, che si articolò in varie fasi. Nella prima, durata fino al 1792, la Francia fu governata come una monarchia costituzionale, ma in seguito, a causa della guerra contro le potenze europee e del tradimento del re Luigi XVI, fu instaurata la repubblica.
Per alcuni mesi il potere fu affidato a un comitato di salute pubblica, che inaugurò il periodo del terrore e condannò a morte migliaia di oppositori. Nel 1794, in seguito al colpo di stato del Termidoro, iniziò la fase del Direttorio, durata fino al 1799, quando il potere fu assunto da Napoleone. La rivoluzione introdusse cambiamenti irreversibili nella società e nel sistema politico e oggi i principi del 1789 sono ancora alla base delle Costituzioni di quasi tutti i Paesi.
Le condizioni della Francia
Nel Settecento, in Francia c'era un sistema politico e sociale definito "ancien régime". La grande maggioranza della popolazione era composta da contadini, che vivevano in povertà. I ceti artigiani e la borghesia, presenti soprattutto nei centri urbani, si trovavano in condizioni mediamente migliori, ma non potevano aspirare ad arrivare al vertice della scala sociale, occupato dall’aristocrazia, che doveva la sua posizione solo alla nascita. Il potere politico era esercitato in maniera assoluta dal sovrano.
Nella seconda metà del Settecento le condizioni finanziarie del paese peggiorarono, anche a causa dell’intervento francese nella guerra d’indipendenza americana. La popolazione più umile e la borghesia erano vessate da una tassazione sempre più iniqua, mentre i nobili e il clero ne erano quasi del tutto esentati. Il malcontento era molto diffuso, anche perché nel corso del Settecento si era diffuso il movimento dell’Illuminismo, che proponeva nuove idee in campo politico e sociale.
Gli Stati generali e il giuramento della pallacorda
Il re Luigi XVI tentò in vari modi di risanare il bilancio dello Stato e nel 1789 convocò gli Stati generali, un’assemblea composta dai delegati della popolazione, divisi in tre ordini: la nobiltà, il clero e il Terzo stato. In questo modo, il re sperava che si potesse trovare un modo per aumentare le tasse in modo equo per tutte le classi sociali.
Gli Stati generali si riunirono a Versailles, dove risiedeva il sovrano, in un clima di forte tensione, perché nessuno dei tre ordini voleva pagare il costo della crisi. Sorse però subito una questione procedurale: il Terzo stato, che rappresentava la maggioranza della popolazione francese, aveva diritto solo ad un terzo dei voti nell'Assemblea.
I delegati del Terzo stato, insieme ad alcuni esponenti della nobiltà e del clero, decisero quindi di abbandonare gli Stati generali e costituire un‘Assemblea nazionale, con lo scopo di dare alla Francia una costituzione. Il 20 giugno, riunitisi nella sala della reggia di Versailles adibita al gioco della pallacorda (un antenato del tennis), giurarono di non sciogliere l’assemblea finché non avessero raggiunto il loro obiettivo. Con questo evento, noto come il giuramento della Pallacorda, iniziò la rivoluzione.
La presa della Bastiglia e la fuga del re
L'eco degli avvenimenti di Versailles raggiunse presto Parigi, dove la popolazione insorse, esasperata dalle difficoltà economiche e dai soprusi dei nobili. Il 14 luglio fu presa d’assalto la prigione della Bastiglia. L’Assemblea nazionale, dal canto suo, iniziò i suoi lavori e nella notte del 4 agosto decretò l’abolizione di tutti i privilegi della nobiltà, mettendo fine all’antico regime. Pochi giorni più tardi, il 26, i delegati approvarono la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, secondo la quale tutti devono avere gli stessi diritti.
La Francia diventò una monarchia costituzionale: il re, che era stato obbligato a trasferirsi da Versailles a Parigi, restò in carica, ma doveva condividere il potere con l’Assemblea. La rivoluzione, però, aveva molti nemici: Luigi XVI accettò controvoglia il cambiamento e iniziò a tramare per ripristinare il potere assoluto; le monarchie europee guardavano con diffidenza agli avvenimenti francesi, preoccupati che la rivoluzione potesse estendersi nei loro territori; molti nobili si rifugiarono all’estero, sperando che gli eserciti stranieri invadessero la Francia e ripristinassero l’antico regime. Nel 1791 lo stesso Luigi cercò di fuggire, ma fu riconosciuto presso la località di Varennes e riportato a Parigi.
La repubblica e la morte di Luigi
I rivoluzionari si divisero in varie correnti, tra le quali quella dei giacobini, sostenitori della rivoluzione radicale, e i più moderati girondini.
Le potenze europee, dal canto loro, apparivano sempre più minacciose e nell’aprile del 1792 la Francia dichiarò guerra all’Austria e alla Prussia. Il 10 agosto, inoltre, la popolazione di Parigi insorse nuovamente e invase il palazzo reale, al cui interno furono trovati documenti che dimostravano il tradimento di Luigi, già screditato dopo il tentativo di fuga. Il re fu condannato a morte e al posto della monarchia fu instaurata la repubblica, una delle prime del continente europeo. Il potere fu assunto da una nuova assemblea, la Convenzione, eletta a suffragio universale.
Il Terrore e il Termidoro
La morte di Luigi XVI spaventò ancora di più le monarchie europee, che formarono una coalizione per muovere guerra alla Francia, e la Convenzione, per affrontare il conflitto, affidò il potere a un Comitato di salute pubblica, al cui interno si mise in luce uno dei leader giacobini, Maximilien Robespierre. Iniziò il periodo del terrore, durante il quale chiunque era sospettato di essere un oppositore della rivoluzione veniva messo a morte. Il Comitato assunse decisioni radicali, tra le quali l’introduzione di un nuovo calendario, e riuscì a respingere gli eserciti che avevano invaso la Francia. Il regime del terrore, però, creava molto malcontento e il 27 luglio 1794 (9 Termidoro secondo il nuovo calendario) alcuni membri della Convenzione organizzarono un colpo di stato, catturando e mettendo a morte Robespierre. Il governo fu affidato a un Direttorio di cinque membri.
Anche la nuova riforma ebbe vita breve, perché nelle guerre contro le potenze europee emerse un carismatico generale, che nel 1799 rovesciò il Direttorio e prese il potere: Napoleone Bonaparte. Con la sua ascesa, la rivoluzione si può considerare terminata.
L’eredità della Rivoluzione francese
La Rivoluzione francese rappresentò l’inizio di una nuova era. Per la prima volta in Europa, gli abitanti di un Paese cessarono di essere sudditi e diventarono cittadini, dotati di diritti e doveri.
La rivoluzione fu opera soprattutto della borghesia e rappresentò l’inizio del processo attraverso il quale essa prese il ruolo di classe dirigente, sostituendosi all'aristocrazia. I ceti popolari ebbero un ruolo importante negli eventi rivoluzionari, almeno nelle città, ma agirono sotto la guida dei borghesi e non ancora come classe autonoma.
La rivoluzione, pur non eliminando le disuguaglianze, introdusse innovazioni fondamentali nella gestione della cosa pubblica, tra le quali l’abolizione dei diritti feudali, la separazione dei poteri dello Stato, l’avvio di un’amministrazione razionale della cosa pubblica, l’istruzione laica e pubblica. Nonostante i tentativi di restaurazione dell’antico regime, i cambiamenti si sono rivelati irreversibili.