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28 Luglio 2025
11:59

Cosa significano per l’Italia i dazi al 15% tra USA e Unione Europea: le stime di Confindustria

Il 1° agosto entreranno in vigore i dazi del 15% sulle merci europee dirette negli Stati Uniti. Per l'Italia gli USA sono il terzo mercato di destinazione dell'export: le perdite per le imprese italiane arriveranno a 22,6 miliardi di euro.

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Cosa significano per l’Italia i dazi al 15% tra USA e Unione Europea: le stime di Confindustria
dazi USA e UE
Il 1° agosto entreranno in vigore dazi del 15% sulle merci europee dirette negli USA,

Stati Uniti e Unione Europea hanno raggiunto un accordo ufficiale sui dazi: dal 1° agosto sulla maggior parte delle merci europee dirette negli USA saranno applicate tariffe del 15%. Questi dazi verranno applicati anche al settore automobilistico (per il quale erano al 25%) e al settore farmaceutico (finora esente dalle tariffe), mentre resteranno in vigore le tariffe del 50% su acciaio e alluminio.

Secondo una stima del Centro Studi di Confindustria, le nuove tariffe potrebbero causare perdite economiche fino a 22,6 miliardi di euro per l'Italia, tra i maggiori esportatori di prodotti verso gli USA.

Finora erano in vigore dazi del 10% per le merci europee, dopo la momentanea sospensione da parte di Donald Trump delle tariffe doganali del 20% annunciate lo scorso 3 aprile in occasione del «Liberation Day». Nelle scorse settimane, però, il Presidente USA aveva minacciato di portare le tariffe al 30% nel caso in cui non si fosse trovato un accordo con l'UE.

Dal vino all'acciaio: gli effetti di questi dazi per l’Italia

Una simulazione del Centro Studi di Confindustria ha stimato che, a seguito dell'aumento dei dazi al 15%, l'export italiano potrebbe perdere circa 22,6 miliardi di euro, che difficilmente potranno essere compensati neanche con un aumento delle esportazioni verso mercati alternativi.

Gli Usa, infatti, sono il terzo mercato di destinazione dei prodotti italiani, dopo Germania e Francia, e nel 2024 i prodotti esportati negli Stati Uniti hanno raggiunto un valore di 66,4 miliardi di euro. Questi dazi colpiranno quindi diversi settori nazionali, dall'alimentare fino al farmaceutico e ai beni di lusso. Secondo alcune fonti UE, tuttavia, potrebbero subentrare delle possibili esenzioni per il vino italiano, anche se al momento non c'è nulla di confermato.

In generale, comunque, nel 2024 il valore degli scambi tra Unione Europea e Stati Uniti ha superato  i 1.600 miliardi di euro (di cui 108 miliardi di scambi tra Italia e USA). L'UE, in particolare, esporta verso gli USA molti più beni di quanti ne importi: lo scorso anno sono stati esportati negli Stati Uniti circa 503 miliardi di euro di beni, a fronte di importazioni di 347 miliardi, con un surplus di circa 156 miliardi di euro.Se si guarda ai servizi, tuttavia, l'Unione ha un deficit di 100 miliardi di euro: questo è dovuto alla presenza dei big tech americani (Amazon, Microsoft, Alphabet, ossia la società madre di Google) che dominano l'80% del mercato europeo.

Il problema è che, nella pratica, le tariffe del 15% avranno un impatto molto più alto di quello che potrebbe sembrare a causa della svalutazione del dollaro.

Dall'insediamento di Donald Trump, infatti, il valore del dollaro come moneta ha iniziato a indebolirsi, arrivando a una svalutazione complessiva del 13% da inizio anno anche a causa dell'instabilità economica e politica generata dal Presidente USA. Ma che cosa significa tutto questo? La svalutazione del dollaro rispetto all'euro, che ora è più forte, fa sì che il costo dei beni italiani esportati negli Stati Uniti aumenti ulteriormente, rendendoli ancora meno competitivi.

Secondo le stime, per gli esportatori italiani l'impatto complessivo di queste nuove tariffe potrebbe arrivare a un'aliquota del 21%, ben 6 punti percentuali in più rispetto alla tariffa stabilita all'accordo.

Per far fronte alle perdite causate dalle nuove tariffe doganali, l'Unione Europea potrebbe accelerare la chiusura di nuovi accordi commerciali con altri Stati o regioni, come quello con i paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), che potrebbe generare fino a 7 miliardi di euro di export aggiuntivo, compensando almeno in parte i guadagni persi dal mercato statunitense. Si tratta comunque di negoziati complessi che, nella maggior parte dei casi, richiederanno diverso tempo per essere portati a termine, non riuscendo quindi a parare il contraccolpo del commercio con gli Stati Uniti.

Che cosa cambia rispetto a prima

Prima dell'entrata in vigore dell'accordo, alle merci europee dirette negli USA era stata temporaneamente applicata una tariffa doganale del 10%, ai quali si andava ad aggiungere il 4,8% previsto dalla MFN (Most favoured nation). Si tratta di una clausola stabilita dall'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che impone il divieto di discriminazione tra i partner commerciali.

I dazi del 10%, tuttavia, non si applicavano a tutte le tipologie di beni: sulle automobili, ad esempio, veniva applicata una tariffa del 25% (ora ridotta al 15%), mentre sull'acciaio i dazi erano stati raddoppiati al 50% sempre da Trump.

Queste tariffe del 50% sull'acciaio rimarranno e questo potrebbe penalizzare ulteriormente le imprese italiane: secondo i dati dell'International Trade Administration, da marzo 2024 a giugno 2025 abbiamo esportato negli USA 404.648,3 tonnellate di acciaio, posizionandoci come il 16° esportatore di questo materiale verso gli Stati Uniti a livello mondiale e 2° in Europa dopo la Germania.

Per il momento comunque, l'Unione Europea, ha deciso di sospendere il pacchetto di contromisure per gli USA da 93 miliardi di euro, che sarebbe dovuto entrare in vigore il 7 agosto nel caso in cui il Presidente Trump avesse effettivamente applicato dazi del 30% alle merci europee, così come anticipato nei mesi scorsi.

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