Gli astronomi dello European Southern Observatory (ESO) hanno rilasciato la mappa più dettagliata mai creata della nostra galassia, la Via Lattea, nelle lunghezze d'onda dell'infrarosso. La mappa è stata ottenuta combinando ben 13 anni di osservazioni effettuate col telescopio infrarosso VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope) situato sul Cerro Paranal, in Cile, dove si trovano i cieli migliori al mondo per le osservazioni astronomiche. Pensate che la mappa è talmente vasta e dettagliata da coprire un'area in cielo pari a 8600 lune piene e da contenere ben 1,5 miliardi di oggetti! La Terra si trova in una posizione piuttosto periferica della Via Lattea, a circa 26.000 anni luce dal suo centro, e possiamo vedere il suo disco come una striscia luminosa e lattiginosa in un cielo notturno non troppo affetto da inquinamento luminoso. Questa nuova mappa ci aiuta a rifinire la nostra conoscenza della nostra “città stellare”: aiuterà gli astronomi a scrutare verso le regioni centrali della Via Lattea, oltre le polveri che impediscono alla luce ottica di raggiungerci, e ad assistere alla nascita di nuove generazioni di stelle, come quelle nella Nebulosa dell'Aragosta NGC 6357 nel video che trovate qui sotto.
Come è stata creata la mappa della Via Lattea nell'infrarosso
La mappa rilasciata dall'ESO è il frutto di un progetto lungo 13 anni, dal 2010 al 2023, guidato da Dante Minniti (Universidad Andrés Bello in Cile) e Philip Lucas (Università di Hertfordshire nel Regno Unito), e a cui hanno partecipato anche astronomi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma, Bologna, Napoli, Padova e Ferra. Il progetto, il più grande osservativo mai condotto dall'ESO, è stato costituito da 420 notti in cui gli astronomi hanno osservato la Via Lattea nelle lunghezze d'onda dell'infrarosso usando la camera VIRCAM del telescopio VISTA, sul Cerro Paranal in Cile. Parliamo di ben 200.000 immagini infrarosse del cielo notturno che coprono un'area di cielo pari a 8600 lune piene e che occupano uno spazio su disco pari a 500 terabyte.
Ogni porzione di cielo è stata osservata per più volte dal telescopio VISTA, permettendo così di ottenere immagini cosiddette "più profonde", cioè con un tempo di esposizione più lungo, ottenuto combinando diverse immagini della stessa area in cielo. Così facendo gli astronomi sono riusciti a catturare anche le stelle più deboli della nostra galassia, arrivando ad un totale di 1,5 miliardi di oggetti riconosciuti in tutte le immagini. Gli astronomi stimano che la mole di dati è così elevata che ci vorranno decenni per estrarre ogni possibile risultato scientifico dalla nuova mappa.
Perchè l'infrarosso è così importante
Osservare attraverso il disco della Via Lattea utilizzando solamente la luce ottica (quella che siamo in grado di vedere) è impresa ardua. La Terra infatti non si trova al di fuori della Via Lattea, ma all'interno del disco, per cui per poter guardare attraverso di esso, ad esempio verso il centro della galassia, c'è bisogno che la luce attraversi un grande quantitativo di gas e polveri (piccoli granelli di carbonio, silicio o idrocarburi policiclici aromatici). Queste ultime, in particolare, bloccano e diffondono la luce ottica, facendo risultare alcune regioni della galassia come oscure, completamente vuote. In realtà, questo è solo un effetto dell'assorbimento e diffusione della luce, analogo ad esempio a quando guardiamo attraverso un banco di nebbia e ci sembra non esserci nulla dietro di esso.
Questo effetto però dipende dalla lunghezza d'onda della luce che incontra i gas e le polveri. La luce infrarossa ha una lunghezza d'onda tale per cui essa può attraversare indenne le grandi nubi di polvere interstellare. Costruire quindi telescopi sensibili alle lunghezze d'onda infrarosse equivale a rimuovere una cortina di fumo e poter finalmente vedere cosa si nasconde negli angoli più bui (nell'ottico) della Via Lattea. Oltre a ciò le lunghezze d'onda infrarosse sono quelle dove la maggior parte della luce di stelle molto vecchie e di piccola dimensione, come le nane rosse, viene emessa, per cui osservare in queste lunghezze d'onda è cruciale se si vuole studiare questa particolare classe di oggetti.
Le stesse considerazioni hanno portato alla scelta dell'infrarosso anche per il James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale più avanzato mai realizzato.
Cosa i nuovi dati ESO ci insegnano sulla nostra galassia
L'ESO ha rilasciato insieme alla mappa una serie di spettacolari immagini che mostrano un esempio di ciò che è possibile studiare con questi nuovi dati. Le immagini ESO aprono una nuova finestra sulle regioni in cui si forma la nuova generazione di stelle che popola la Via Lattea. La Nebulosa dell'Aragosta NGC 6357 e la Nebulosa del Cigno (Messier 17), a più di 5500 anni luce di distanza dalla Terra, sono infatti delle nursery stellari, regioni in cui la gravità ha fatto collassare il materiale interstellare in un oggetto che ha innescato le reazioni di fusione nucleare, dando vita a nuove stelle.
All'interno di queste estese nubi di polvere e gas possiamo osservare spettacolari stelle di colore blu, cioè oggetti molto caldi (più di 20.000 °C sulla superficie) e giovani (meno di una manciata di milioni di anni), destinate ad esplodere nel giro di qualche decine di milioni di anni in supernova. Le immagini mostrano anche spettacolari nebulose costituite dai gas che vengono eccitati dalla intensa radiazione elettromagnetica sprigionata dalla stelle giovani. Queste regioni sono di solito circondate dalle stesse polveri da cui si sono formate, per cui esse resterebbero invisibili se non avessimo a disposizione i telescopi infrarossi. L'energia emessa dalle stelle modifica gradualmente la forma delle nebulose attraverso intense radiazioni e potenti venti di particelle cariche.
Le immagini ESO mostrano anche dei meravigliosi ammassi globulari, concentrazioni sferiche di milioni di stelle antichissime, aiutandoci a comprendere la storia di formazione della nostra galassia. L'osservazione della luce infrarossa di VISTA permette anche l'individuazione di oggetti molto freddi, che brillano a queste lunghezze d'onda, come le nane brune (stelle "fallite" che non sono sostenute dalle reazioni di fusione nucleare) o pianeti che fluttuano liberamente e non orbitano attorno a una stella.