
Negli ultimi quattro anni la penisola di Reykjanes, situata nel sud-ovest dell’Islanda, è stata interessata da ben 12 eruzioni vulcaniche (di cui la più recente avvenuta nella notte tra il 15 e il 16 luglio), dopo ben 800 anni di quiescenza. In Islanda le eruzioni sono frequenti, dal momento che l’isola si trova sulla dorsale medio-atlantica lungo la quale la placca nordamericana e quella eurasiatica si allontanano tra loro, ma in questa penisola non se ne vedevano da 8 secoli. Come mai allora è avvenuto un improvviso risveglio? Nell’area l’attività vulcanica ha un andamento ciclico: circa ogni 1000 anni si hanno 200-500 anni di eruzioni vulcaniche piuttosto frequenti. Questo perché nell’area le rocce, sottoposte a enormi sforzi a causa del movimento delle placche, dopo un certo tempo si rompono originando fessure che facilitano la risalita del magma in superficie. Secondo gli esperti, nella penisola le eruzioni potrebbero susseguirsi anche per decenni.
Il contesto geologico della penisola di Reykjanes
La penisola di Reykjanes si trova nella zona di rift occidentale dell’Islanda, nota anche come zona di rift Reykjanes-Langjökull. Si tratta di una zona lunga circa 30 km e larga 5-6 km situata in corrispondenza di un avvallamento, chiamato rift valley, che attraversa tutta l’Islanda. Questo avvallamento continua anche sul fondale oceanico, lungo la cresta della dorsale medio-atlantica, che è un inarcamento sommerso del fondale di cui l’Islanda costituisce una porzione emersa. All’interno della zona di rift della penisola di Reykjanes si trova un sistema vulcanico costituito da fratture lunghe anche decine di kilometri e con orientamento SO-NE, allineate con la dorsale medio-atlantica.
Queste fessure rappresentano una via preferenziale per la risalita del magma fino in superficie, dove hanno luogo eruzioni vulcaniche di lava basaltica e molto fluida in grado di espandersi su vaste aree. A causare la fuoriuscita di magma in corrispondenza della penisola, e in generale in Islanda, è l’allontanamento reciproco tra le placche nordamericana ed eurasiatica lungo la dorsale oceanica. La quantità di magma è particolarmente elevata, tanto da aver permesso l’emersione dell’isola 20 milioni di anni fa, anche grazie alla presenza sotto l’Islanda di un punto caldo, cioè di una zona ristretta in corrispondenza della quale risalgono continuamente colonne di magma proveniente dal mantello. Questi fenomeni rendono le eruzioni in Islanda molto frequenti, ma nella penisola di Reykjanes non se ne verificavano da ben 800 anni, mentre negli ultimi quattro anni gli eventi vulcanici sono stati addirittura 12.

Perché sono ricominciate le eruzioni nella penisola di Reykjanes
Le rocce della penisola di Reykjanes hanno rivelato che l’attività vulcanica dell’area ha un andamento ciclico. Gli ultimi tre periodi di attività vulcanica si sono verificati in media ogni 1000 anni: il più antico di cui si ha testimonianza risale a 3200 anni fa, mentre gli episodi successivi sono avvenuti 2000 anni fa e nel XIII secolo. Queste fasi sono caratterizzate da eruzioni che si susseguono per 200-500 anni, le cui testimonianze si trovano sotto forma di colate laviche solidificate: sulle colate di 800 anni fa, per esempio, è stata costruita la vicina Reykjavik. Questo andamento ciclico è causato dall’accumulo di energia da parte delle rocce sottoposte a enormi sforzi tettonici, che periodicamente viene rilasciata con la riattivazione di faglie e l’apertura di nuove fessure da cui il magma può fuoriuscire.
Come afferma il professor Tamsin Mather, dell’Università di Oxford, il fenomeno è anche dovuto al fatto che le placche “si stanno separando all’incirca alla velocità con cui crescono le unghie, quindi pochi centimetri all’anno, ma non sembrano separarsi in modo fluido”. La velocità di allontanamento, cioè, non è costante e quando aumenta le rocce si fratturano più facilmente originando terremoti. Il magma presente nel sottosuolo risale attraverso queste fratture e le riempie: si formano così grandi accumuli lunghi e profondi, chiamati dicchi. Al loro interno il magma esercita una pressione che periodicamente riesce a far aprire la frattura fino in superficie, generando un’eruzione vulcanica. Quando la pressione diminuisce, le rocce circostanti il magma in risalita si spezzano e richiudono la frattura. Il serbatoio di magma continua però a essere alimentato da altro magma proveniente dal mantello e quindi dopo un po’ di tempo la pressione nella frattura fa sì che avvenga un’altra eruzione.

Quale sarà l’evoluzione delle eruzioni vulcaniche in Islanda
In base all’andamento ciclico dell’attività vulcanica della penisola di Reykjanes, dobbiamo aspettarci decenni di eruzioni vulcaniche di durata relativamente breve, intervallate da pause più o meno lunghe. Il monitoraggio dei movimenti del magma nel sottosuolo è costante e i sismi che precedono le eruzioni sono un segnale significativo, ma prevedere esattamente dove e quando si verificherà l’eruzione successiva è molto difficile. In futuro potrebbero riattivarsi fratture già esistenti, ma anche aprirsene di nuove. Un’attività vulcanica così intensa, anche se effusiva, potrebbe costituire un problema per la penisola, dal momento che qui si concentra la gran parte della popolazione islandese.
