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Nel 1990 l’Iraq invase e conquistò il piccolo emirato del Kuwait, uno dei territori più ricchi di petrolio al mondo. La reazione internazionale fu molto decisa e nel gennaio del 1991 una coalizione di 35 Paesi, guidata dagli Stati Uniti, attaccò l’Iraq e costrinse il suo esercito a ritirarsi da tutto il territorio che aveva occupato. Anche l’Italia partecipò con un suo corpo di spedizione. La guerra durò poco più di un mese e si caratterizzò per l’uso di armi altamente tecnologiche e per le atrocità commesse dalle truppe irachene.
La vittoria della coalizione contribuì all’affermazione degli Stati Uniti come unica superpotenza mondiale, ma non portò stabilità nell’area del Golfo. L’Iraq, uscito dal conflitto in condizioni disastrose, sarebbe stato nuovamente attaccato dagli americani pochi anni dopo.
Il Golfo Persico prima della guerra
Il Golfo Persico, situato tra la Penisola araba e l’Iran, è da molti anni teatro di conflitti, in parte provocati dalle tensioni locali e in parte dalle ingerenze esterne. Il Golfo, infatti, è una delle aree del mondo più ricche di petrolio ed è stato spesso oggetto delle mire economiche e politiche dei Paesi occidentali.

Negli anni ’80 la tensione aumentò. L’Iraq, guidato dal dittatore Saddam Hussein, nel 1980 scatenò una guerra contro l’Iran, durata fino al 1988 e conclusasi senza né vinti né vincitori, ma con un tragico bilancio di vittime civili.
L'Iraq invade il Kuwait: perché e quando
La guerra contro l’Iran aveva dissanguato le finanze irachene. Saddam sperava che il petrolio potesse fornirgli i fondi necessari per risollevare l’economia del Paese e, a tale scopo, fece pressione sugli altri Stati del Golfo perché ne aumentassero il prezzo. Il dittatore, però, ottenne meno di quanto chiedeva e di conseguenza indirizzò le sue attenzioni al Kuwait, verso il quale l’Iraq era pesantemente indebitato. Nell’estate del 1990 Saddam accusò l’emirato di aver estratto petrolio iracheno al confine tra i due Paesi, chiedendo, come riparazione, l’estinzione dei debiti e la cessione di alcuni territori. Di fronte alla risposta negativa del governo kuwaitiano, il 2 agosto 1990 l'Iraq invase il Kuwait per il controllo delle risorse petrolifere.

La conquista fu portata a termine in due giorni. L’emiro fuggì in Arabia Saudita e tutto il territorio kuwaitiano fu annesso all’Iraq.
Le reazioni all’invasione
Al momento dell’invasione, i rapporti di forza internazionali erano in una fase di profondo cambiamento. L’Unione Sovietica era seriamente indebolita (si sarebbe dissolta nel dicembre 1991) e gli Stati Uniti si stavano affermando come unica superpotenza mondiale. Washington, perciò, poteva agire da arbitro della situazione.
Il presidente George H. W. Bush condannò immediatamente l’invasione. Molti Paesi, tra i quali tutti quelli dell’Europa, si dichiararono d’accordo con gli americani e l’ONU impose dure sanzioni economiche all’Iraq. Saddam, che fino a pochi anni prima era stato appoggiato dall’Occidente nella guerra contro l’Iran, divenne il nemico pubblico numero uno. Solo pochi Paesi, come la Libia di Gheddafi, presero le sue difese, sostenendo che l’ostilità degli Stati Uniti era motivata dal desiderio di controllare il petrolio kuwaitiano.

In novembre l’ONU emise un ultimatum, ordinando all’Iraq di liberare l’emirato entro il 15 gennaio 1991. Il presidente Bush riuscì a formare una coalizione di 35 Stati, della quale facevano parte i Paesi occidentali e alcuni Stati arabi, e schierò un potente esercito nell’area del Golfo. Anche l’Italia diede il suo contributo, inviando forze aeree e navali. Bush, inoltre, si garantì la neutralità dell’Unione Sovietica.
La prima fase della guerra: la campagna aerea
Le pressioni diplomatiche non convinsero l’Iraq a ritirarsi e nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 1991 la coalizione iniziò il suo attacco, denominato operazione Desert Storm (tempesta nel deserto). La prima fase delle operazioni prevedeva solo bombardamenti aerei e lanci missilistici, che avevano l'obiettivo di distruggere le infrastrutture militari e industriali irachene. I soldati di Saddam riuscirono ad abbattere alcuni velivoli, ma non poterono resistere alla netta superiorità della coalizione. Gli Stati Uniti e i loro alleati misero in campo ben 2.250 aerei (1.800 dei quali americani) e si servirono di armi ad alta tecnologia, come i bombardieri stealth (invisibili ai radar) e i missili da crociera Tomahawk.

La seconda fase: le operazioni terrestri e la liberazione del Kuwait
Dopo quaranta giorni di bombardamenti iniziò l’attacco terrestre. Il 24 febbraio i soldati della coalizione entrarono nel territorio kuwaitiano dall’Arabia Saudita e avanzarono rapidamente. L’esercito iracheno oppose poca resistenza e in molti settori si ritirò senza combattere.
Dopo quattro giorni l’intero Kuwait era stato liberato. Le forze della coalizione non penetrarono in territorio iracheno, se non per brevi tratti, perché il mandato dell’ONU prevedeva solo la liberazione del Kuwait e non l’occupazione dell’Iraq. Pertanto Saddam, pur avendo perso la guerra, poté restare al potere.

Vittime e caratteristiche della guerra
Le vittime furono numerose soprattutto dal lato iracheno: 35.000 persone, tra militari e civili, persero la vita e oltre 150.000 soldati furono presi prigionieri. La coalizione, invece, ebbe poco più di 1.000 morti e 70 prigionieri.
I crimini di guerra furono numerosi. L’esercito iracheno commise numerose atrocità contro la popolazione del Kuwait e provocò seri danni ambientali, incendiando alcuni pozzi petroliferi kuwaitiani e sversando in mare grandi quantità di petrolio. Le truppe di Saddam, inoltre, commisero abusi sui prigionieri e lanciarono missili contro Israele, antico nemico dell’Iraq, ma neutrale nella Guerra del Golfo. La coalizione, dal canto suo, si servì di proiettili all’uranio impoverito, che provocarono danni alla salute sia tra i suoi stessi soldati, sia tra la popolazione kuwaitiana e irachena.

Il conflitto, inoltre, ebbe un grande impatto mediatico in tutto il mondo, perché la televisione mostrava le operazioni militari quasi in diretta. In molti Paesi, la popolazione seguiva quotidianamente l’andamento della guerra ed era coinvolta emotivamente negli avvenimenti.
Le conseguenze della Guerra del Golfo
Dopo la guerra, il Kuwait riguadagnò l’indipendenza. L’Iraq, invece, si trovò in una situazione disastrosa. Gli Stati Uniti e altri Paesi decisero di lasciare in vigore le sanzioni, allo scopo di creare difficoltà economiche e far perdere consenso a Saddam, ma il blocco dei commerci e la conseguente carenza di cibo e cure mediche causarono la morte di centinaia di migliaia di persone (le cifre esatte sono oggetto di discussione). L’Iraq doveva affrontare anche gravi conflitti interni per la presenza di gruppi etnici e religiosi ostili al governo di Saddam. La guerra, perciò, non garantì stabilità nell’area del Golfo. Nel 2003 gli Stati Uniti e alcuni altri Paesi attaccheranno nuovamente l’Iraq e rovesceranno il governo di Saddam.